Sono l’insieme di mezzi di cui si serve la pubblica amministrazione per perseguire l’interesse pubblico, in base alle norme vigenti in materia di finanza, contabilità dello Stato e procedimenti amministrativi. I beni pubblici rientrano nella categoria dei beni di interesse pubblico e l’art. 1 del R.D. n. 2440/1923 ne specifica la natura precisando che i primi appartengono esclusivamente allo Stato o agli enti pubblici, mentre i secondi possono appartenere anche a soggetti privati. In particolare, l’ordinamento giuridico non definisce i beni pubblici ma individua categorie di beni sulla base di caratteristiche comuni, quali la finalità pubblica e le limitazioni alla disponibilità, all’uso e alla tutela.
Il primo riferimento normativo si ha nell’art. 42 Cost., dove sono indicati due generi di proprietà e si afferma che i beni possono appartenere a soggetti sia pubblici sia privati: «La proprietà è pubblica e privata. I beni appartengono allo Stato, ad enti pubblici o a privati». Il codice civile (art. 822 e ss.) e altre leggi speciali di settore distinguono i beni pubblici secondo un criterio formale che si fonda sul regime giuridico a questi applicabile (alienabilità, prescrittibilità dei diritti e pretese dei terzi), e individua due principali categorie di beni: i beni demaniali e i beni patrimoniali.
I beni demaniali. - I beni demaniali sono inalienabili, imprescrittibili, non suscettibili di usucapione né di espropriazione forzata e non possono essere oggetto di diritti a favore di terzi, se non nei modi e nei limiti stabiliti dalle leggi che li riguardano (attraverso concessioni); è prevista anche una tutela nei confronti delle turbative alla proprietà, al possesso e contro le ingiuste pretese dei terzi, attraverso appositi procedimenti amministrativi, oppure mediante gli ordinari strumenti di tutela della proprietà e del possesso.
I beni demaniali comprendono le cose che appartengono agli enti pubblici territoriali e sono tassativamente individuati e suddivisi in due ulteriori categorie. Nel demanio necessario sono inclusi tutti quei beni che non possono non appartenere allo Stato o agli altri enti pubblici territoriali; vi rientrano quindi il demanio marittimo (lido del mare, spiaggia, rade, porti, lagune, fari e altre installazioni costiere per la navigazione), il demanio idrico (fiumi, torrenti, laghi, sorgenti e tutte le acque sotterranee e superficiali ancorché non estratte dal sottosuolo; acqua) e il demanio militare (beni destinati alla difesa nazionale, per es., fortificazioni militari). Del demanio accidentale fanno invece parte quei beni pubblici che non necessariamente appartengono alle pubbliche amministrazioni ma che sono tali se divengono proprietà dello Stato o degli enti territoriali, come il demanio stradale (strade, autostrade, ferrovie e aerodromi) e altre tipologie di beni (gli acquedotti, i beni culturali, di interesse archeologico, artistico e storico, i mercati comunali e i cimiteri).
Alcuni autori, prevalentemente per ragioni pratiche, distinguono all’interno della categoria dei beni demaniali, tra beni naturali e beni artificiali. I primi sono tali fin dall’origine (per es., l’alveo dei fiumi) senza la necessità di un formale atto della pubblica autorità, atto indispensabile invece per far acquisire la demanialità ai secondi (per es., le strade).
La perdita della qualità di bene demaniale (‘sdemanializzazione’) può avvenire attraverso l’emanazione di un atto da parte dell’autorità amministrativa competente, attraverso fatti (atti univoci e concludenti) che manifestino in modo inequivocabile la volontà della pubblica amministrazione di sottrarre definitivamente i beni alla finalità pubblica, oppure a causa della distruzione del bene. Il passaggio dal demanio al patrimonio, ai sensi dell’art. 829 c.c., deve essere sancito attraverso la pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale.
I beni patrimoniali. - Per quanto concerne i beni patrimoniali, definiti anche beni in «proprietà privata dell’ente pubblico», si distingue tra beni indisponibili e beni disponibili, a seconda dell’esistenza o meno di uno specifico vincolo di destinazione pubblica. I beni indisponibili non possono essere sottratti alla pubblica utilità (destinazione), se non attraverso modalità stabilite dalla legge, e possono essere oggetto di alienazione purché ne sia mantenuta la destinazione. A differenza dei beni demaniali, possono appartenere a qualsiasi ente pubblico (non solo territoriale), salvo che la legge disponga una riserva allo Stato o a un altro ente pubblico territoriale. Tali beni, elencati in modo tassativo, consistono in cose mobili e immobili: foreste, parchi nazionali e regionali; miniere, cave e torbiere; beni d’interesse artistico, storico e archeologico (beni culturali); beni destinati al servizio della difesa (per es., caserme, aeromobili militari ecc.), a esclusione di quelli appartenenti al demanio; beni costituenti la dotazione del presidente della Repubblica; edifici e arredi destinati a pubblici uffici e servizi; acque minerali e termali. Tali beni possono perdere la caratteristica della indisponibilità per cause naturali o per atto espresso che li trasformi in beni disponibili. I beni disponibili sono tutti quelli che non rientrano nelle categorie precedenti, e appartengono allo Stato e agli enti pubblici come qualsiasi altro proprietario; essi sono «semplicemente destinati alla produzione di reddito» e sottoposti alle norme comuni di diritto privato, sebbene la loro alienazione debba avvenire nelle forme e nei modi previsti dal diritto pubblico.
Il diritto comunitario e la privatizzazione. - Il diritto dell’Unione Europea si disinteressa della titolarità dei beni pubblici, cioè del regime di proprietà esistente negli Stati membri (art. 345 del Trattato sul funzionamento dell’Unione Europea, TFUE), ma interviene a disciplinarne l’uso in funzione dello sviluppo del mercato comune (intracomunitario) e dell’eliminazione degli ostacoli alla libera circolazione delle merci e dei capitali (art. 34 e 63 TCE); il diritto comunitario stabilisce altresì l’obbligo di riduzione del disavanzo pubblico eccessivo (art. 126 TFUE), che può avvenire, ai sensi dell’art. 29 della l. n. 326/2003, attraverso le dismissioni del patrimonio nazionale.
Adeguandosi alla tendenza comunitaria, il diritto nazionale ha adottato una classificazione unitaria dei beni pubblici, incentrata sul criterio dell’uso piuttosto che su quello soggettivo della titolarità. In tal senso, nell’ambito del processo di privatizzazione del patrimonio immobiliare pubblico, il d.lgs. n. 351/2001 (art. 1, co. 6) ha stabilito che le disposizioni in materia di «ricognizione del patrimonio immobiliare pubblico» debbano essere applicate sia ai beni in proprietà dello Stato e degli altri enti pubblici, sia ai beni utilizzati per uso pubblico ininterrottamente per oltre 20 anni, con il consenso dei proprietari; il d.lgs. n 63/2002, istituendo delle società per la valorizzazione, gestione e alienazione del patrimonio dello Stato (Patrimonio dello Stato S.p.A.), ha imposto altresì il rispetto delle finalità precipue dei beni pubblici anche nel caso di trasferimento della proprietà a soggetti privati.*
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