Con riferimento alla classica tripartizione dei poteri in legislativo, giurisdizionale ed esecutivo, affidati rispettivamente al parlamento, alla magistratura e al governo, locuzione utilizzata per indicare l’insieme dei compiti attribuiti all’amministrazione, ma di fatto priva di valore giuridico. Infatti, la separazione dei poteri e delle funzioni non corrisponde né all’ordinamento comunitario, che manca di questa netta distinzione – la Commissione europea, per es., ha compiti sia di iniziativa legislativa sia di natura contenziosa – né all’ordinamento nazionale, che conosce diversi ibridi, quali le autorità indipendenti, aventi compiti riconducibili a più di un potere, le funzioni amministrative affidate ai giudici (come l’attività di volontaria giurisdizione), le funzioni normative svolte dall’apparato esecutivo (come il potere regolamentare), le funzioni di risoluzione dei conflitti svolte dall’amministrazione (attività amministrativa contenziosa).
In un’altra accezione, il termine funzione si utilizza, in contrapposizione a quello di servizio (su cui Servizi pubblici) per indicare l’attività di tipo autoritativo che contraddistingue l’amministrazione pubblica.Tale distinzione, propria dello Stato liberale, può considerarsi superata in termini generali, mentre si riscontra in alcune disposizioni normative particolari sia dell’ordinamento nazionale, sia di quello comunitario. Nell’ordinamento italiano, l’art. 357 c.p. definisce, ai soli fini dell’applicazione della legge penale, la funzione amministrativa quale attività disciplinata da norme di diritto pubblico e da atti autoritativi, e caratterizzata dalla formazione e dalla manifestazione della volontà della pubblica amministrazione o dal suo svolgersi per mezzo di poteri autoritativi o certificativi; e l’art. 358 c.p. qualifica il servizio come un’attività disciplinata nelle stesse forme della pubblica funzione, ma caratterizzata dalla mancanza dei poteri tipici di quest’ultima.
Nell’ordinamento comunitario, invece, la nozione è stata utilizzata come criterio per limitare la deroga alla libera circolazione dei lavoratori all’interno della Comunità che, ai sensi dell’art. 45, par. 4, TFUE, si applica agli impieghi nella pubblica amministrazione. In attuazione di tale norma, l’art. 8 Reg. CEE 1612/68 ha specificato che il lavoratore cittadino di uno Stato membro può essere escluso, sul territorio di un altro Stato membro, dall’esercizio di una funzione di diritto pubblico e la Corte di Giustizia ha chiarito che la disposizione trova applicazione solamente per quegli impieghi che implicano una partecipazione, diretta o indiretta, all’esercizio del pubblico potere e alle funzioni che hanno per oggetto la salvaguardia degli interessi generali dello Stato o delle altre comunità pubbliche e non anche per i servizi, quali, per es., istruzione, sanità, trasporti, poste e telecomunicazioni, energia, ricerca.
Con altro significato, più rilevante per il diritto amministrativo, il termine è utilizzato per indicare che l’attività amministrativa è funzione, nel senso che l’amministrazione, in tutti i suoi elementi (organizzazione, personale, finanza, attività), deve essere in rapporto con i fini pubblici. Tale correlazione è sempre presente, anche quando, nel caso del ricorso delle amministrazioni a istituti propri del diritto privato (contratti, costituzione di società per azioni, gestione di beni pubblici ecc.), risulta meno evidente e assume forme giuridiche diverse.
Più diffusamente, si parla, al plurale, di funzioni pubbliche con riferimento all’insieme delle attività svolte dagli apparati amministrativi dello Stato e degli altri enti o figure del settore pubblico. In questo senso, la funzione si compone in realtà di un insieme di funzioni, le quali sono state oggetto di studio delle scienze politiche e di una parte della dottrina giuridica. Sotto il primo profilo, il tema della progressiva espansione delle funzioni pubbliche – dai campi d’azione tradizionali (difesa, affari interni ed esteri) a quelli legati allo stato sociale (sanità, istruzione, protezione sociale) o volti all’intervento nell’economia (finanza, assicurazioni, credito, fonti di energia, comunicazioni) o alla tutela di particolari settori (ambiente) – si connette alla problematica relativa all’evoluzione storica dello Stato liberale, volta a garantire l’eguaglianza dei cittadini in senso non soltanto formale, ma anche sostanziale. Una parte della scienza giuridica ha mostrato un certo disinteresse per questa parte del diritto amministrativo mentre un’altra, di fronte al moltiplicarsi delle funzione pubbliche, si è occupata sia di individuarne caratteri ed elementi, sia di analizzare la loro ripartizione fra i vari apparati amministrativi.
Quanto ai caratteri, la funzione amministrativa non è libera ma soggetta a procedimenti e controlli (se volta all’emanazione di atti giuridici su cui), ha natura permanente, nel senso che non è circoscritta al raggiungimento di uno scopo concreto o all’adozione di un singolo atto, e trova sempre il suo fondamento in una norma. Più in particolare, dall’analisi delle norme che le disciplinano, emergono quattro elementi fondamentali delle funzioni amministrative: a) la materia individua il campo d’intervento; b) le attribuzioni definiscono i compiti assegnati dalla legge all’amministrazione nell’ambito di una data materia; c) il fine indica lo scopo generale dell’azione amministrativa, non legato a un singolo atto; d) i destinatari sono i soggetti ai quali la funzione è rivolta (la generalità dei cittadini, o gruppi o singoli, definiti dalle norme).
In base all’ordinamento comunitario, i rapporti fra Comunità e Stati sono regolati dai principi di sussidiarietà (art. 5 TUE) e leale cooperazione (art. 4, par. 3 TUE), per effetto dei quali le funzione amministrative possono essere ripartite tra i due livelli, o svolgersi in modo concorrente, attraverso procedimenti composti. In questo secondo caso, sono responsabili delle singole fasi ora l’amministrazione comunitaria, ora quella nazionale, ora persino quella di altri Stati membri. Nell’ordinamento nazionale, a seguito della riforma del titolo V della seconda parte della Costituzione, le funzioni amministrative non sono più distribuite in base al criterio della materia, in correlazione con la potestà legislativa, ma sono attribuite ai comuni, «salvo che, per assicurarne l’esercizio unitario, siano conferite a Province, Città metropolitane, Regioni e Stato, sulla base dei principi di sussidiarietà, differenziazione ed adeguatezza» (art. 118).
Discrezionalità amministrativa