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farmacologia

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Scienza che si propone lo studio dei farmaci e delle leggi secondo le quali si svolgono i fenomeni indotti da tali sostanze nell’organismo.

La f. e i suoi scopi terapeutici

Tra i compiti della f. rientrano: lo studio delle modificazioni funzionali prodotte da qualunque sostanza attiva; l’individuazione delle leggi che regolano gli effetti funzionali e biochimici dei farmaci (➔ farmacocinetica) anche a livello ultrastrutturale ( f. molecolare), le loro eventuali azioni associate e la risposta dell’organismo nelle diverse condizioni fisiologiche, patologiche, ambientali e sperimentali; la precisazione dei rapporti esistenti fra la struttura molecolare delle sostanze usate e la loro specifica azione; l’esame delle modalità dell’assorbimento, delle trasformazioni e dell’eliminazione dei farmaci introdotti per le diverse vie naturali o artificiali; la determinazione delle dosi terapeuticamente utili e dei loro più razionali modi di impiego (➔ posologia); la segnalazione delle forme di abnorme suscettibilità o modificata tolleranza ai farmaci (idiosincrasia e allergia; abitudine, tachifilassi e resistenza); lo studio dell’azione dannosa delle sostanze attive capaci di nuocere (➔ tossicologia) ecc. Questo studio dei farmaci sotto tutti i loro aspetti, realizzato attraverso l’utilizzazione delle conoscenze di chimica, biochimica, fisiologia, patologia, batteriologia, immunologia e altresì di zoologia e botanica, ha come fine l’impiego di tali sostanze a scopo terapeutico.

Nello sviluppo della f., si sono andati identificando altri aspetti, come la chemioterapia, volta a individuare interazioni selettive dei farmaci con la vita, la riproduzione e l’attività aggressiva di microrganismi patogeni e di cellule neoplastiche, e la farmacogenetica, che studia le risposte farmacologiche in funzione di varianti genetiche degli organismi. Con riferimento al particolare substrato e ai parametri biologici esplorati, hanno acquistato autonomia altri settori specializzati, come la psicofarmacologia, la neurofarmacologia, la nipiofarmacologia, che studia le reazioni ai farmaci nell’infanzia, e la cronofarmacologia, che ha per oggetto le risposte ai farmaci in rapporto ai ritmi biologici. Nella tossicologia, vari aspetti del danno da farmaci vengono approfonditi di conserva con altre discipline, che studiano quei fenomeni nell’ambito del loro sviluppo naturale: tali la farmacoallergia, la cancerogenesi chimica, la teratogenesi chimica ecc.

Ricerche sulle relazioni tra struttura chimica ed effetti farmacologici hanno permesso di individuare aggruppamenti chimici, distanze interatomiche, distribuzione di cariche elettriche dei farmaci determinanti per l’effetto farmacologico. Su questa base è stata possibile la realizzazione di composti chimici che riproducono gli effetti di diversi prodotti naturali grazie alla presenza, nella propria struttura, degli aggruppamenti e della disposizione di quelle molecole. L’individuazione nelle molecole farmacologiche di elementi strutturali necessari alla produzione di specifici effetti ha, d’altra parte, portato a ipotizzare l’esistenza nell’organismo di ‘recettori’ farmacologici, cioè di macromolecole, di natura proteica, caratterizzate da siti di adesione, di fissazione e di legame per i farmaci e dalla proprietà di reagire al nuovo assetto strutturale o energetico con modificazioni fisiche, bioelettriche, metaboliche ecc., che configurano l’effetto farmacologico.

La f. clinica è una branca della f. che studia non solo la farmacocinetica, ma anche i meccanismi fisiopatologici di organi o apparati attraverso l’azione dei farmaci; indaga anche sulla loro sicurezza ed efficacia.

Cenni storici

L’uso empirico di farmaci risale ai tempi preistorici, come testimoniano i resti di sostanze medicamentose trovate in caverne o palafitte. I più antichi riferimenti sull’impiego di droghe s’incontrano in libri sacri dell’antica civiltà indiana e soprattutto in papiri egiziani, in cui si accenna all’uso dell’aloe, della scilla, del giusquiamo ecc. Numerose preparazioni farmaceutiche (unguenti, clisteri, polveri, pillole ecc.) sono largamente usate nell’antica Grecia, già nel periodo preippocratico: solo con Ippocrate, però, hanno inizio i primi tentativi di interpretare scientificamente l’azione dei medicamenti. A Dioscuride (1° sec. d.C.) spetta il merito di aver per primo raccolto il complesso di nozioni esistenti a quell’epoca sui farmaci, ordinandole sistematicamente nel trattato Sulla materia medica destinato a rimanere per 15 secoli la più autorevole opera del genere.

Nel Medioevo, al fiorire della civiltà araba si deve la diffusione in Occidente di importanti droghe, come la valeriana, il rabarbaro, il colchico, la senna, la cassia. L’invenzione della stampa favorisce la divulgazione delle conoscenze sui farmaci, le quali sono ampliate dopo la scoperta dell’America, donde vengono importate la china, l’ipecacuana, la ratania, la salsapariglia e altre droghe. F. Bonafede fonda a Padova nel 1445 il primo orto botanico; T. Paracelso comincia a estrarre dalle droghe i loro principi attivi e introduce in terapia l’uso di sostanze minerali (tartaro emetico).

Nell’età moderna gli esperimenti di M. Malpighi, F. Redi, G.A. Borelli preludono all’affermazione del metodo sperimentale, che darà alla f. dignità di scienza autonoma per merito di R. Buchheim e O. Schmiedeberg (che estendono lo studio dei farmaci all’esame di tutti gli aspetti possibili, pratici e teorici, dell’azione di essi) e di C. Bernard e R.P. Heidenhain. Interesse sempre maggiore riceve lo studio delle relazioni fra costituzione chimica delle sostanze e loro proprietà terapeutiche. Dopo il primo medicamento di sintesi, l’aspirina, introdotta nel 1899, si devono ricordare le fondamentali ricerche di P. Ehrlich sui coloranti dotati di azione biologica selettiva, ricerche che portano allo studio e alla produzione di composti organici arsenicali, efficaci nelle forme morbose prodotte di Treponema e segnatamente nella lue. Successivamente diversi composti organici antimoniali si dimostrano assai efficaci contro le leishmaniosi e le schistosomiasi.

Ancora più ampie possibilità terapeutiche sono aperte dalla scoperta, verso il 1930, delle proprietà batteriostatiche dei sulfamidici, studiati da G. Domagk per la lotta contro le affezioni streptococciche e stafilococciche. Le ricerche condotte per trovare efficaci sostituti del chinino portano all’introduzione prima della plasmochina (1926) e poi dell’atebrina (1932). Per un lungo periodo di anni, a partire dal 1912, molti chimici organici dedicano i loro sforzi allo studio e alla produzione di una classe di composti, piuttosto numerosa, formata dalle vitamine (➔). Sempre verso il 1930, in seguito allo studio della possibilità di utilizzazione, nella cura di alcune disfunzioni, di ormoni sessuali presenti nelle urine o nelle ghiandole animali, si giunge non solo alla sintesi di questi composti dalla struttura complessa, ma anche alla preparazione di prodotti sintetici più attivi di quelli naturali. All’inizio della Seconda guerra mondiale viene realizzata la produzione industriale di un composto antibiotico elaborato da Penicillium notatum, detto penicillina, già studiato alcuni anni prima da A. Fleming e che si rivela eccezionalmente efficace. Ricerche sempre più approfondite mostrano l’esistenza di più varietà di penicilline e portano alla scoperta e alla produzione industriale di numerosi altri antibiotici (streptomicina, terramicina, aureomicina, cloromicetina, tetraciclina ecc.).

Numerosi altri farmaci sono impiegati con successo nel periodo che segue alla Seconda guerra mondiale; tra i più importanti: l’isoniazide (sola, o associata con streptomicina) per il trattamento della tubercolosi; gli adrenocorticoidi per il trattamento delle artriti reumatoidi, delle infiammazioni e delle allergie; gli alcaloidi della Rauwolfia, del veratro, e vari sali ammonici quaternari per il trattamento dell’ipertensione; gli organomercuriali e le tiazidi per eliminare l’eccesso di liquido nel trattamento di malattie dei reni, del cuore e del fegato; la cloropromazina e altri tranquillanti per malattie mentali, depressioni, stati ansiosi; gli antistaminici tipo difenidrammina per il trattamento di stati allergici; gli antidiabetici orali, in parziale sostituzione dell’insulina; gli estrogeni e i progestinici come contraccettivi orali; le clorochine per il trattamento della malaria e delle parassitosi da amebe; anestetici locali (lidocaina ecc.) e miorilassanti, utili nelle operazioni chirurgiche.

Vedi anche
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Vocabolario
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farmacològico
farmacologico farmacològico agg. [der. di farmacologia] (pl. m. -ci). – Relativo alla farmacologia: terapia f., ricerche farmacologiche. ◆ Avv. farmacologicaménte, sotto l’aspetto farmacologico: sostanza farmacologicamente inerte.
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