(gr. βάρβαρος)
Secondo i Greci, chi parlava un linguaggio incomprensibile e perciò sgradevole, e poi, in genere, lo straniero (similmente, nell’antico indiano barbarāḥ erano «i non arii», propr. «i balbettanti»). Da ciò sorse la contrapposizione fra Elleni e Barbari (non Elleni), che si modificò tuttavia nell’ellenismo, allorché il concetto di ‘elleno’ si ampliò, indicando ogni uomo partecipe di quella civiltà e di quella cultura, mentre quello di b. prese a indicare gli altri, gli incivili.
Con l’avvento del cristianesimo il connotato culturale passò in seconda linea rispetto a quello religioso, giacché di fronte a Dio «non est gentilis et iudaeus... barbarus et scytha» (ad Coloss. 3, 11). Tuttavia, lo stesso Paolo contrappone Greci e B., sapienti e insipienti (ad Rom. I, 14), mentre Taziano oppone la maggiore sapienza dei B. (cioè Ebrei) a quella vana dei filosofi greci, al contrario di Giuliano l’Apostata, che fonda anche sull’opposizione tra Greci e B. la sua reazione pagana.
Dal 4° sec., da quando l’Impero divenne cristiano, il termine b. tornò a significare «non romano», in quanto non cristiano, e poiché tali erano le popolazioni esterne all’Impero, si ripropose il connotato culturale. Non si applicò agli Ebrei, considerati precursori della nuova fede, ma ai musulmani (presso i quali sopravvisse, nei consimili termini berberi, barbareschi). La ricomparsa del connotato culturale si nota anche in scrittori di età carolingia, come Eginardo o Paolo Diacono.
Nel Rinascimento, come conseguenza del rinato culto per l’antichità, il termine riapparve nella sua classica accezione, indicando tutto quello che non era romano: quindi tutto il Medioevo, visto come eclissi della cultura, insieme ai popoli che tale eclissi avevano prodotto. Presso gli umanisti italiani l’espressione si colora di significato etnico-nazionale, e diviene b. tutto ciò che è non italiano.
Con il progredire dell’età moderna il termine fu usato sempre meno; i missionari parlavano di popolazioni «idolatriche», ma non più di Barbari. Nemmeno alla scoperta del continente americano fu usato e si preferì parlare di selvaggi.
Invasioni barbariche Sono così comunemente designati le migrazioni e gli spostamenti dei popoli germanici che, a cominciare dai sec. 4°-5° d.C., entrarono nel territorio dell’Impero romano e vi si insediarono. La designazione, ancora frequente nell’uso e nei manuali di divulgazione, è stata superata da quella più ampia visione storiografica che ha inteso guardare l’episodio delle invasioni dall’angolo visuale della storia dei vari popoli (Goti, Vandali, Franchi ecc.). Si è quindi preferito parlare di migrazioni, di spostamenti, e analizzare non solo gli effetti che essi ebbero sulla vita dell’Impero romano, ma anche i motivi più profondi che determinarono quegli spostamenti, o ancor meglio gli effetti del contatto, contrasto e incontro, con una cultura tanto più ricca ed elaborata. All’inizio del 4° sec. le riforme politiche e militari di Diocleziano e di Costantino sembrarono porre un argine ai tentativi di penetrazione da parte delle popolazioni germaniche stanziate al di là del limes dell’Impero. Ma di là da quell’argine, continuavano a premere Franchi, Burgundi, Alamanni presso il Reno, Vandali lungo l’alto e il medio Danubio, Goti dell’Ovest e dell’Est (Visigoti e Ostrogoti) dal Tibisco alla foce del Danubio e, in mezzo a questi o dietro a loro, Frisi e Sassoni lungo il mare del Nord, Angli e Iuti fra il mare del Nord e il Baltico, Turingi fra il Weser e l’Elba, Longobardi fra l’Elba e l’Oder, Rugi verso il Tibisco, Gepidi nei monti di Transilvania, Eruli presso il mare d’Azov. Quando gli Unni, popolazione mongolica che dalla fine del sec. 3° aveva invaso la Cina, si aprirono la via a occidente del Caspio fra gli Alani e si rovesciarono nella grande pianura dell’Europa orientale, spinsero gli Ostrogoti e i Visigoti verso il confine romano del Danubio (376). Teodosio riuscì ancora a fermarli, ma la Pannonia, la Dacia, la Mesia inferiore, restarono ai Goti foederati. Morto Teodosio, i Goti dilagarono nella penisola balcanica e, già padroni dell’Illirico, sotto la guida di Alarico passarono in Italia, dove furono fermati da Stilicone. Intanto gli Alani, spinti dagli Unni verso il Danubio, cacciarono (397 circa) i Vandali Asdingi dalla valle del Tibisco nelle province romane del Norico e della Rezia; poco dopo, gli Asdingi stessi e altri Vandali, i Silingi, arrivati già sulle rive del Meno, e gruppi di Alani e di Suebi oltrepassarono il Reno (406) e, attraversata la Gallia, entrarono (409) nella Spagna e vi rimasero, attestandosi nella Lusitania gli Alani, nella Galizia i Suebi, nella Betica i Vandali, federati di Roma (411). La grande migrazione trascinò altre popolazioni: i Burgundi risalirono il Reno fino a Magonza e a Worms, minacciarono la Lorena e più tardi si stanziarono nella Savoia; i Franchi, già stabiliti come federati sulla Schelda (metà del sec. 4°), iniziarono la loro lenta avanzata verso la Somme. Nella Britannia, abbandonata dalle milizie romane, si moltiplicarono dal mare le incursioni di Sassoni, di Angli, di Iuti, dai monti del nord quelle dei Pitti, mentre gli Scoti dall’Irlanda passarono nella terra a cui diedero nome. I Visigoti, ritornati con Alarico all’assalto, dopo il sacco di Roma e la morte del re (412), invasero la Gallia, vi occuparono l’Aquitania marittima e Tolosa (412-18) e, come federati di Roma, combatterono i Vandali della Spagna. Incalzati da Visigoti e da Suebi, i Vandali con re Genserico si portarono in Africa (429) e, ora federati, ora nemici di Roma, crearono un forte regno lungo il Mediterraneo. Alla metà del sec. 5°, gli Unni, raccoltisi in forte impero, invasero con Attila la penisola balcanica (447) e dilagarono in Occidente, dove furono respinti dai Romani di Ezio e dai Visigoti di Teodorico; dopo la morte di Attila l’impero degli Unni si sfasciò; gli Ostrogoti e i Gepidi ne respinsero i resti verso le steppe del mar Nero e crearono, i primi nella Pannonia, gli altri nella Dacia, i loro nuovi regni. I Visigoti occuparono quasi tutta la Spagna, chiudendo i Suebi in Galizia, e in Gallia, fiaccando l’estrema resistenza dei Romani di Alvernia, giunsero alla Loira, al basso Rodano, alle Alpi (468-76). Gli Alamanni avanzarono oltre il Reno nell’Alsazia, i Burgundi scesero (461) nella valle del Rodano e della Saona, i Vandali saccheggiarono Roma (455) e occuparono le isole. Teodorico, re degli Ostrogoti inviato dall’imperatore a combattere Odoacre, re di Eruli e Rugi, Sciri e Turcilingi, e a liberare l’Italia, vi condusse con sé dalla Mesia il suo popolo, sicché l’Italia divenne un regno dei Goti. I Franchi Sali, organizzati in uno Stato sotto re Clodoveo, conquistarono il bacino di Parigi e la pianura fino alla Loira; poi respinsero oltre il Reno gli Alamanni e, dopo la vittoria sui Visigoti (507), ebbero il possesso di tutta la Gallia, eccetto la costa mediterranea, occupata dagli Ostrogoti, e il bacino del Rodano, dove rimasero, alleati dei Franchi, i Burgundi.
All’inizio del sec. 6° le grandi ondate migratorie non erano terminate, ma il mondo romano d’Occidente aveva raggiunto un nuovo assetto ben definito, con le quattro diocesi antiche, di Gallia, di Spagna, d’Italia, di Africa, divenute quattro grandi cosiddetti regni romano-barbarici, e intorno a loro altre genti, quali ordinate a regno, quali non uscite ancora dal particolarismo tribale: Burgundi e Alamanni, Frisi e Sassoni; nella Britannia sono insediati Angli, Sassoni e Iuti, nel cuore della Germania Turingi e Bavari, più a oriente, nella regione del Danubio e dei Carpazi, in lotta tra loro, Longobardi, Eruli e Gepidi. Dalla grande pianura dell’Europa orientale, gli Slavi avanzavano nelle sedi lasciate dai Germani, verso il Danubio, la Boemia, l’Elba, la Saale.
Nelle arti figurative, in un primo tempo, specialmente nella ceramica, gli artisti raffiguravano degli stranieri ciò che più li colpiva (per es., il costume esotico), limitandosi a una convenzionale tipologia fisica. Con l’ellenismo si iniziarono a cogliere anche i veri e propri caratteri etnici e somatici distintivi dei B. rispetto agli Elleni, pur permanendo in alcune raffigurazioni, per es. quelle dei Galati, un certo idealismo. Più realistiche le figurazioni dei B. nell’arte romana, che appaiono su archi trionfali, colonne istoriate, rilievi, statue e monete, e rientrano nel concetto della glorificazione di Roma e dell’Impero. La tipologia rappresentata è quella del b. di razza germanica con barba fluente, capelli a ciocche mosse, profilo nobile, brache e tuniche manicate, mantelli frangiati, ma si riscontra anche un altro tipo dai tratti più volgari, forse di razza sarmatica. Nel tardo Impero i tipi barbarici divengono più generici: si distinguono con i particolari del costume i B. orientali e quelli occidentali, a simboleggiare l’omaggio di tutti i popoli alla maestà dell’imperatore in rappresentazioni che culminano nei monumenti di Costantinopoli, come la base della colonna di Costantino e la colonna di Arcadio.
Per l’arte elaborata dai popoli confinanti con l’Impero romano ➔ barbarica, arte.