Stato dell’Africa occidentale, affacciato a S sull’Oceano Atlantico e limitato a N dalla Guinea, a NO dalla Sierra Leone, a E dalla Costa d’Avorio: si tratta di confini convenzionali, stabiliti in base a trattative con i paesi vicini.
Il territorio liberiano è costituito essenzialmente da una fascia costiera, corrispondente alla Costa del Pepe, bassa e uniforme, interrotta in alcuni punti da brevi promontori (Capo Mount, Capo Mesurado e Capo Palmas) e, in complesso, importuosa, soprattutto alle foci dei fiumi. A questa fascia succede una regione d’altopiano dove prevalgono terreni arcaici (graniti, gneiss, scisti cristallini), che si elevano gradatamente verso l’interno, fino a superare i 1700 m nei Monti Nimba, al confine tra la L., la Guinea e la Costa d’Avorio. Il clima è di tipo subequatoriale. Le temperature sono elevate per tutto l’anno, con medie annue di 25-28 °C; nell’interno si accentua l’escursione termica, diurna e annua, mentre si abbassa l’umidità atmosferica, che sulla costa è molto elevata. I fiumi hanno corsi quasi rettilinei e paralleli tra loro, in genere con direzione NE-SO; formando rapide e cascate, sono poco navigabili. La foresta pluviale, spesso interrotta e sostituita da piantagioni, predomina nella zona meridionale del paese, mentre sull’altopiano si hanno distese di savane e, lungo i corsi d’acqua, foreste a galleria.
I Liberiani autoctoni si possono ripartire in quasi una trentina di gruppi etnici, riconducibili, in base a criteri linguistici, a due divisioni principali: la prima, quella delle popolazioni di lingua kua, comprende i gruppi costieri dei Grobo, dei Gbe, dei Bassa, dei Gola, dei Gru; la seconda, di lingua mande, include i gruppi costieri dei Vai, dei Dai e dei Manon e quella dei Kpelle, stanziati sui Nimba. A tali gruppi è stata a lungo preclusa la gestione della vita politica e culturale del paese fino a quando hanno detenuto una posizione di assoluta preminenza i ‘libero-americani’, che costituiscono circa il 3% della popolazione totale. Questi comprendono i discendenti degli afroamericani affrancati dalla schiavitù e trasferiti (il primo nucleo nel 1822) in L., scelta come embrione di uno Stato africano indipendente, e gli autoctoni che hanno assimilato i costumi e la lingua inglese degli immigrati.
La popolazione della L., che secondo il primo censimento (1962) ammontava a circa un milione di abitanti e che dopo una ventina d’anni si era raddoppiata, secondo una stima del 2009 sfiora i 3.500.000 abitanti. Nei primi anni del 21° sec., dopo la conclusione della fase acuta della guerra civile, il tasso di natalità è tornato su valori molto elevati (46‰) e il tasso di mortalità si è attestato intorno al 25‰. La vita media è di circa 50 anni; elevatissimi sono il tasso di mortalità infantile (157‰) e il quoziente di fecondità (6,2). La popolazione è stanziata soprattutto nella fascia costiera, dove si registrano punte di 70-100 ab. per km2, e lungo l’asse che collega Monrovia con la regione dei Nimba; vive per lo più in villaggi di capanne; unica vera città è la capitale mentre sulla costa sorgono alcuni centri commerciali e scali marittimi, come Buchanan e Harper.
Religione prevalente (68% circa) è la cristiana, ma numerosi sono anche i musulmani (14%) e gli animisti (18%).
L’economia della L. è fondata sulla produzione o l’estrazione dei soli beni destinati all’esportazione (caucciù, minerali di ferro). Tuttavia la produzione e l’esportazione di minerali hanno subito una drastica riduzione in seguito all’occupazione delle regioni minerarie da parte delle forze ribelli e alla caduta della domanda mondiale. Anche i proventi legati all’abnorme numero di navi mercantili iscritte nei registri liberiani (per le particolari facilitazioni tecniche e fiscali concesse dal governo) sono diminuiti: la crescente ostilità internazionale nei confronti delle bandiere ombra e l’aumentata concorrenza hanno infatti determinato una contrazione della flotta mercantile battente bandiera liberiana (1553 navi per circa 54 milioni di t. s. l. nel 2004). Per contro, l’instabilità politica e l’imperversare della guerra civile hanno trasformato il paese in una base ideale per ogni genere di traffico e di contrabbando (armi, droga, diamanti). Complessivamente la bilancia commerciale è in forte passivo e il paese dipende per la sua sopravvivenza dagli aiuti internazionali.
Le aree rurali hanno subito i maggiori sconvolgimenti e soprattutto le produzioni di sussistenza sono calate sensibilmente, rendendo più acuta e più grave la loro incapacità di soddisfare il fabbisogno interno. Con la cessazione delle ostilità le coltivazioni sono state intensificate e i dati sulle produzioni sono sensibilmente migliorati. Fra le colture di sussistenza prevalgono il riso e la manioca. Si coltivano inoltre caffè, cacao, canna da zucchero, arachidi, banani. Il patrimonio forestale del paese è sfruttato per il mogano e l’albero della cola.
Il settore industriale detiene, nel contesto dell’economia liberiana, un peso trascurabile: prevalgono nettamente piccoli stabilimenti per la lavorazione dei prodotti locali, da cui consegue una pressoché totale dipendenza dall’estero per la fornitura di macchinari, mezzi di trasporto e manufatti industriali, oltre che per gli approvvigionamenti alimentari; tuttavia, non mancano alcuni grandi complessi: un impianto per la lavorazione del caucciù a Harbel, una raffineria di petrolio e un cementificio a Monrovia.
Le vie di comunicazione comprendono circa 500 km di ferrovie e una rete stradale di 10.600 km. I principali scali marittimi sono quelli di Monrovia, Buchanan, Greenville e Harper; a Robertsfield ha sede un aeroporto internazionale.
I territori della L. fra 12° e 18° sec. videro successivi insediamenti commerciali portoghesi, spagnoli, francesi e inglesi. L’American colonization society, costituita nel 1816 con lo scopo di avviare in Africa schiavi neri liberati, nel 1821 ottenne dai capi locali l’insediamento di coloni afroamericani nello stabilimento presso Capo Mesurado, che nel 1824 prese il nome di L. con centro in Monrovia. La colonia crebbe rapidamente e proclamò l’indipendenza nel 1847. Gli afroamericani e i loro discendenti diedero vita a una casta privilegiata, stanziata sulla costa, che concentrò in sé il potere politico ed economico, senza integrarsi con la popolazione indigena dell’interno. Il True whig party, unica formazione politica ammessa, dal 1870 tenne il potere per oltre un secolo nell’ambito di un sistema costituzionale restrittivo delle libertà della maggioranza della popolazione. Il legame con gli USA portò all’inserimento della L. nel sistema delle relazioni politiche e commerciali internazionali statunitensi. Nel 1945 la L. fu tra i firmatari della Carta costitutiva dell’ONU. Nel dopoguerra si succedettero governi sostanzialmente stabili sotto la guida di W. Tubman (presidente della Repubblica dal 1943 al 1971) e W.R. Tolbert, che cercò di attuare una maggiore integrazione fra i Liberiani di discendenza americana e la popolazione locale.
Nel 1980 Tolbert fu deposto e ucciso in un colpo di Stato che rovesciò l’élite libero-americana; S.K. Doe, che aveva capeggiato la sollevazione, nel 1985 fu eletto presidente. Contro il governo di Doe (giustiziato nel 1990) scoppiò nel 1989 un movimento insurrezionale a base politica ed etnica guidato da C. Taylor; presto allargatosi a gran parte del paese, diede inizio a una sanguinosa guerra civile. Tentativi di mediazione delle Nazioni Unite e della Comunità economica dell’Africa Occidentale (ECOWAS) si susseguirono senza successo nella prima metà degli anni 1990, mentre nuove scissioni nelle fazioni, in lotta anche per il traffico illegale dei diamanti, principale fonte di finanziamento dei gruppi combattenti, rinfocolavano gli scontri. Ulteriore elemento di complicazione fu l’intervento diretto e indiretto delle potenze occidentali e degli Stati africani dell’area. Solo nel 1996 l’accordo di Abuja (Nigeria), rese possibile il disarmo di gran parte delle fazioni in lotta. Nel 1997 Taylor vinse le elezioni, svoltesi sotto il controllo delle organizzazioni internazionali, e impose un regime corrotto e dispotico; complicavano la situazione le tensioni con Sierra Leone e Guinea Equatoriale, che ospitavano le basi dei gruppi di opposizione a Taylor, a sua volta accusato di sostenere il movimento armato Revolutionary united front in Sierra Leone. Nel 1999 l’opposizione in esilio lanciò un’offensiva contro Monrovia e la guerra riesplose con violenza fino al 2003, quando Taylor fu costretto all’esilio.
Il varo di un governo di riconciliazione nazionale e gli accordi di Accra del 2003 segnarono, in una situazione ancora condizionata da forti incertezze, la fine della guerra civile. In un contesto connotato da grandi precarietà, con un’economia dipendente in larga misura dalla presenza di una missione ONU e dagli aiuti internazionali e le enormi difficoltà di un paese devastato da una guerra che ha prodotto oltre 250.000 morti e un’intera generazione di bambini-soldato, il percorso verso la normalità ha trovato un momento significativo nell’elezione a capo dello Stato nel 2005 di E. Johnson Sirleaf, prima donna assurta a questa carica in Africa. Insignita del premio Nobel per la pace nel 2011, alle presidenziali tenutesi nell'ottobre dello stesso anno in un clima di forti tensioni Johnson Sirleaf ha ottenuto il 45,5% dei voti; l'opposizione, che ha respinto i risultati dello spoglio denunciando brogli, si è ritirata dalle consultazioni invitando al boicottaggio gli elettori, e al secondo turno Johnson Sirleaf si è riconfermata presidente ottenendo il 90% dei voti, seppure a fronte di una scarsissima affluenza alle urne (37%). Alle presidenziali dell'ottobre 2017 si sono confrontati il candidato del Congresso per la democrazia e il cambiamento G. Weah e il vicepresidente del Paese J. Boakai del Partito dell'unità, che hanno ottenuto rispettivamente il 39% e il 29% dei consensi; il ballottaggio ha confermato tale risultato, assegnando la vittoria a Weah, che si è imposto con il 61% dei consensi sul candidato governativo. Candidatosi per un secondo mandato alle elezioni dell'ottobre 2023, il presidente uscente ha ricevuto il 43,8% dei suffragi contro il 43,5% di Boakai, con il quale si confronterà al ballottaggio fissato al mese successivo.