In petrografia, insieme dei processi di trasformazione mineralogica e strutturale che si esplicano allo stato solido su rocce preesistenti (siano esse ignee, sedimentarie o metamorfiche) quando queste vengono a trovarsi in condizioni chimico-fisiche differenti da quelle in cui si sono originate, a causa di vicissitudini geologiche di varia natura ed entità.
Le ambientazioni genetiche del m. differiscono da quelle in cui si formano le rocce ignee e sedimentarie; esse sono tipiche di determinati intervalli di temperatura e pressione superati i quali, soprattutto in presenza di elevate temperature, le rocce fondono e si passa nel campo dell’anatessi. Per quanto fasi fluide possano essere presenti durante l’evoluzione del processo, giocando un ruolo molto importante nelle paragenesi mineralogiche, le trasformazioni metamorfiche non avvengono in presenza di fusi.
L’insieme delle trasformazioni metamorfiche subite dalle rocce porta in generale alla ricristallizzazione (blastesi) dei singoli componenti, con la conseguente formazione di nuove specie mineralogiche e con l’acquisizione da parte della roccia stessa di nuovi caratteri strutturali e tessiturali. Spesso capita che si preservi qualcosa della roccia originaria (protoliti) per cui è possibile risalire al litotipo da cui la roccia metamorfica è derivata. I nuovi minerali formatisi devono necessariamente essere compatibili con i materiali chimici disponibili; inoltre, poiché nel processo non intervengono migrazioni di materia sia dall’esterno sia dall’interno, la composizione chimica dei protoliti è preservata e questo evidenzia come il m. rappresenti soprattutto un processo isochimico (conservativo) per le sostanze non volatili mentre quelle volatili (H2O, CO2), liberate durante le reazioni, possono anche lasciare il sistema.
Le rocce sottoposte a m. costituiscono un sistema chiuso e solo in alcuni casi tale sistema può diventare aperto permettendo scambi allochimici (metasomatismo metamorfico) che tuttavia hanno carattere locale. In questo modo una roccia, pur rimanendo allo stato solido, può cambiare la propria composizione chimica con l’aggiunta o con l’eliminazione di materiale chimico, che consente poi la formazione di nuovi minerali che possono sostituire, in parte o totalmente, quelli precedenti. Le reazioni chimiche collegate a un evento metamorfico si hanno in un intervallo di temperatura compreso tra 200 e 700-800 °C circa: pertanto il dominio del m. è compreso tra quello della diagenesi e quello del magmatismo.
Nel processo del m., la temperatura e la pressione sono i fattori termodinamici più importanti a cui si aggiungono la presenza, la composizione, la quantità e il comportamento di una o più fasi fluide, l’esistenza o meno di una deformazione tettonica, e il tempo necessario affinché si realizzino le reazioni e le cristallizzazioni connesse; inoltre è determinante, soprattutto per la paragenesi mineralogica, la composizione delle rocce di partenza.
Componente fluida. - La presenza di una componente fluida, costituita principalmente da volatili (H2O ed eventualmente CO2) è particolarmente importante. L’acqua, nelle condizioni di elevata pressione e temperatura che caratterizzano le ambientazioni metamorfiche, si trova allo stato gassoso, ma ha densità relativamente elevata a causa delle forti pressioni; solo nelle ambientazioni metamorfiche con bassi valori della temperatura e della pressione l’acqua può trovarsi allo stato liquido. I componenti fluidi possono essere liberati durante reazioni metamorfiche e quindi partecipare allo sviluppo di nuove reazioni. Si è riscontrato che la presenza dei fluidi aumenta notevolmente la mobilità delle specie chimiche e della velocità con cui avvengono le reazioni metamorfiche (fungono in sostanza da catalizzatori), molte delle quali non potrebbero essere portate a compimento anche se i lassi di tempo sono dell’ordine di quelli geologici. Circa la quantità di componenti fluide nel processo metamorfico, non tutti gli studiosi sono d’accordo; alcuni infatti ritengono che le reazioni metamorfiche avvengano con eccesso di fluido, altri invece sostengono che tale eccesso non rappresenta una situazione comune.
Per quanto riguarda la composizione, l’acqua costituisce la componente più importante, a cui vanno aggiunti la CO2 e tutti quegli elementi che sono particolarmente solubili in acqua. È stato riscontrato che nelle rocce silicatiche la fase fluida è costituita principalmente da H2O, mentre in quelle carbonatiche assume notevole incidenza la CO2. La fase fluida si localizza in particolar modo nelle fratture e negli spazi intergranulari delle rocce che sono sottoposte al processo metamorfico: il fluido si muove soprattutto in relazione alla permeabilità della roccia, nonché alla sua viscosità e al gradiente di pressione.
Di fondamentale importanza è inoltre il rapporto tra la velocità delle reazioni metamorfiche e quella del flusso della fase fluida. Se è quest’ultima a prevalere sulla prima, il chimismo del fluido predominerà nella cristallizzazione e determinerà i tipi di prodotti; in questo caso tali sistemi vengono definiti aperti in quanto sono possibili scambi chimici con l’ambiente circostante; viceversa se è la velocità delle reazioni metamorfiche a essere superiore a quella del flusso della fase fluida saranno i minerali della roccia che influenzeranno la composizione del fluido; in questa situazione il sistema è definito chiuso, in quanto i diversi componenti sono praticamente immobili e non vi è scambio con l’esterno.
Temperatura. - La temperatura costituisce un fattore fondamentale grazie al quale si possono attivare tutta una serie di trasformazioni chimiche e fisiche. L’aumento di temperatura infatti determina la rottura dei reticoli cristallini così che i diversi costituenti chimici possono entrare a far parte di nuovi reticoli adattati alle mutate condizioni ambientali. L’aumento di temperatura può essere connesso sia a un riscaldamento locale, legato per es. all’intrusione di magma in una determinata area, sia a un riscaldamento regionale il quale è generalmente legato alle variazioni del regime termico della crosta terrestre, a sua volta connesso con l’assetto tettonico di determinate regioni: fasce orogeniche, dorsali medio-oceaniche, archi di isole vulcaniche, archi di margine continentale.
Pressione. - La principale pressione che agisce durante il m. è quella legata al carico delle rocce sovrastanti: la pressione di carico (Pc). Essa aumenta con la profondità secondo un gradiente geobarico medio di 0,25-0,30 kbar/km e in relazione alla densità delle masse rocciose, variabile appunto tra 2,5 e 3,0 g/cm3. A questa va aggiunta inoltre la pressione esercitata dalla fase fluida contro le pareti dei cristalli (Pf), la quale è uguale alla somma delle pressioni parziali dei componenti volatili. Poiché le pressioni di H2O e CO2 sono quelle predominanti, i valori della Pf sono quasi uguali a quelli della pressione di H2O nell’ambito del m. delle rocce pelitiche, o alla pressione di CO2 nel caso del m. di rocce carbonatiche. In condizioni normali i processi metamorfici avvengono con Pc=Pf; solo nelle reazioni con passaggio di H2O o di CO2 alla fase fluida si potranno stabilire condizioni di Pf>Pc e comunque sempre in intervalli di tempo piuttosto limitati. La pressione che agisce durante il m. può essere idrostatica (con valori uguali in tutte le direzioni) oppure orientata (con un valore diverso in una direzione preferenziale). Questa differenza è molto importante poiché condiziona la struttura che si svilupperà nella roccia. In generale, la pressione riesce a controllare e a determinare il tipo di m. solo in particolari assetti geologici e cioè dove agli elevati valori della pressione (5-12 kbar) sono associati quasi sempre valori estremamente bassi della temperatura (200-300 °C).
In tutte le reazioni metamorfiche il movimento di materia si riassume nella distruzione delle vecchie fasi mineralogiche e nelle costruzioni di nuove; una reazione metamorfica comprende quindi una sequenza di processi indipendenti e successivi: attivazione, migrazione, nucleazione e cristallizzazione o accrescimento dei cristalli.
Il processo di attivazione è fondamentale in quanto per la formazione delle nuove specie mineralogiche è essenziale che venga superata la barriera energetica che si oppone alle variazioni del sistema. In altre parole, per la formazione di nuovi individui stabili bisogna fornire al sistema roccioso un’energia (energia di attivazione) che consenta lo sviluppo di particelle a elevata energia libera, le quali raggruppandosi spontaneamente formano dei nuclei stabili con energia libera minima. L’energia di attivazione rappresenta una soglia, al di sotto della quale i processi chimico-fisici del m. hanno una velocità nulla. Questo processo, in genere lento nelle ambientazioni metamorfiche, risulta favorito quando al sistema viene fornita maggiore energia termica; di conseguenza esso è molto più attivo a temperature elevate.
Con il processo di migrazione le particelle che sono state attivate si combinano con altri ioni liberatisi dalle precedenti fasi mineralogiche e si spostano all’interno della roccia, anche se in spazi molto ristretti. Questo movimento di migrazione avviene sostanzialmente attraverso un processo di diffusione, il quale si realizza essenzialmente per via interstiziale ma anche per via endoreticolare. Nel primo caso, la mobilità interstiziale è favorita dalla presenza della fase fluida; nel caso della diffusione endoreticolare invece il processo di migrazione avviene molto più lentamente, soprattutto se si è in presenza di reticoli cristallini che hanno legami ionici; questo fenomeno è invece accelerato se i reticoli cristallini presentano delle imperfezioni e hanno all’interno degli spazi vuoti.
Il processo di nucleazione e quello di accrescimento dei cristalli sono strettamente legati tra di loro; con la nucleazione si ha la comparsa di nuovi individui cristallini che nella fase iniziale sono in una situazione di instabilità a causa dell’elevato valore del rapporto superficie/volume. Superata però questa fase, l’accrescimento dei nuclei ormai stabili avviene per aggiunte di atomi di composizione adatta ai nuovi cristalli in formazione. La velocità con cui avviene questa fase di accrescimento dei cristalli non è molto elevata, ma aumenta in modo esponenziale, come è stato riscontrato sperimentalmente, con l’aumentare della temperatura. Inoltre, poiché sia l’apporto di nuovo materiale sia l’allontanamento di quello non adatto avvengono mediante diffusione, ne risulta che il processo stesso di accrescimento è fortemente controllato dagli stessi parametri che regolano la diffusione. A questo c’è da aggiungere che, durante l’accrescimento dei cristalli, si assiste a una migrazione centrifuga delle facce cristalline che interagiscono con quelle dei cristalli adiacenti; ne consegue che l’accrescimento dei cristalli risulta legato non solo alle condizioni ambientali ma anche alla interazione con i nuovi minerali che si formano a diretto contatto reciproco.
I dati della petrologia sperimentale hanno evidenziato che le reazioni che avvengono durante il processo metamorfico possono essere sostanzialmente di due tipi: reazioni omogenee (riguardano una sola fase mineralogica) e reazioni eterogenee (coinvolgono più fasi mineralogiche) e che entrambe risentono dell’orientazione delle pressioni. Infatti la velocità di accrescimento dei cristalli è variabile in relazione alla direzione cristallografica e questo è particolarmente evidente per quelle specie mineralogiche che hanno accentuata anisotropia morfologica. La stessa compressibilità elastica dei minerali è variabile in relazione alla direzione delle pressioni e quindi le tessiture orientate, riscontrate in molte rocce metamorfiche, sono la conseguenza sia della natura stessa dei minerali di neoformazione sia della distribuzione delle pressioni che determinano una maggiore scistosità quanto più tale distribuzione mostri un carattere spiccatamente unidirezionale.
Da un punto di vista geologico il m. viene classificato in: m. regionale, m. delle zone di taglio, m. di contatto, m. di seppellimento e m. di fondo oceanico. A ognuno di questi corrispondono associazioni mineralogiche stabili in determinate condizioni di pressione, P, e temperatura, T. Premesso che esistono limiti inferiori e superiori di P e T entro i quali agisce il m. nel suo complesso, è evidente che anche le diverse trasformazioni mineralogiche si verificano entro intervalli di T e P ben delimitati, all’interno dei quali i diversi litotipi sono caratterizzati da aspetti paragenetici e strutturali ben differenziati tra loro; questi intervalli costituiscono i cosiddetti gradi metamorfici.