comunicazióne animale Scambio di informazioni, presente in tutti gli organismi animali, da quelli unicellulari a quelli più complessi e organizzati, che avviene sia tra specie diverse sia tra individui della stessa specie. Nella comunicazione si distinguono tre fasi: a) un individuo, sotto la pressione di stimoli esterni o interni, produce un segnale; b) il segnale viene trasmesso all’individuo ricevente che lo percepisce attraverso adeguati organi di senso; c) il segnale ricevuto viene interpretato mediante il sistema nervoso e provoca cambiamenti nelle condizioni interne dell’animale. I segnali possono essere di diversa natura: chimici, acustici, visivi ecc. Vi è una stretta connessione tra tipo di segnale usato e sviluppo degli organi di senso di una determinata specie; così nei mammiferi dotati di olfatto fine, grande importanza hanno i segnali chimici, negli uccelli, in cui la vista è molto acuta, i segnali ottici e così via.
I segnali chimici sono rappresentati da sostanze organiche molto complesse e volatili, caratteristiche della specie (➔ ferormone); vengono utilizzati dai mammiferi per marcare il territorio, per riconoscersi quali individui della stessa specie, per attrarsi sessualmente, per indicare particolari condizioni fisiologiche. I ferormoni vengono largamente usati anche dagli insetti per marcare le tracce (per es. nelle formiche) o per attrarre individui di sesso diverso: le femmine di alcune farfalle notturne emettono ferormoni che possono attirare i maschi anche da molti chilometri di distanza.
Il segnale acustico ha importanti caratteristiche: non è fermato che parzialmente dagli ostacoli, può essere recepito sia di giorno sia di notte e, a seconda di ritmo, frequenza e intensità dei suoni emessi, può dar luogo a un numero pressoché infinito di segnali diversi. Segnali acustici sono utilizzati in tutto il regno animale e in molte specie si sono sviluppati organi di fonazione (apparati di stridulazione degli insetti, corde vocali ecc.); essi possono fungere da segnali di allarme, segnali terrifici, segnali di raggruppamento o di richiamo sessuale (fig. 1).
Il segnale ottico è anch’esso molto usato, per es. nelle lotte per le gerarchie o nelle parate di corteggiamento. Molti uccelli, pesci e anfibi assumono nell’epoca riproduttiva livree vivacemente colorate. Ai segnali ottici si sommano di frequente particolari sequenze comportamentali; un segnale ottico unito al comportamento è presente nei nidiacei di molti uccelli nei quali l’esibizione di macchie colorate nell’interno del becco stimola i genitori a nutrirli. Dello stesso tipo, ottico-comportamentale, è il cosiddetto ‘linguaggio’ delle api le quali comunicano alle compagne con estrema precisione la direzione e la distanza delle sorgenti di cibo mediante particolari ‘danze’ (fig. 2). È stato recentemente dimostrato che si può avere la formazione di ‘dialetti’: individui appartenenti a popolazioni diverse e geograficamente isolate, se inseriti nello stesso alveare, non riescono a comprendersi a causa, per es., del loro diverso ritmo di danza. ‘Dialetti’ esistono anche fra popolazioni isolate e distanti di uccelli della stessa specie.
La comunicazione interspecie assume un’importanza particolare perché è la base indispensabile per lo stabilirsi di un rapporto sociale di qualsiasi tipo tra individui diversi: può servire infatti per il raggruppamento di individui (formazione degli sciami nelle cavallette migratrici, degli stormi negli uccelli, dei branchi nei mammiferi ecc.) e per la riproduzione, cioè per il riconoscimento dei sessi, l’attrazione fra di essi, il corteggiamento e anche le cure parentali. I segnali specie-specifici garantiscono accoppiamenti omospecifici e impediscono la produzione di ibridi in natura.
Esempi tipici di comunicazione interspecifica sono le colorazioni vistose (colorazioni aposematiche) esibite da alcuni insetti inappetibili a guisa di segnale di avvertimento per i potenziali predatori a vista (➔ mimetismo), i segnali chimici come gli allomoni (ferormoni che agiscono a livello interspecifico), le sostanze repellenti prodotte da mammiferi (puzzola), pesci, anfibi, rettili, artropodi (acido formico nelle formiche). La comunicazione tra gli animali presenta anche aspetti applicativi; si possono per es. utilizzare i segnali chimici delle femmine di farfalle notturne dannose all’agricoltura per attirare ed eliminare i maschi.
Approfondimento di Monica Carosi
La comunicazione è la trasmissione di un'informazione da un mittente a un ricevente, il quale a sua volta reagisce sulla base dell'informazione ricevuta. In ambito etologico le informazioni possono riguardare il mittente (per es. segnalando intenzioni aggressive, disponibilità per l'accoppiamento, identità ecc.); o possono servire a coordinare le attività del mittente e del ricevente finalizzate alla riproduzione, alla cura della prole ecc.; oppure possono riguardare l'ambiente (per es. in relazione a risorse alimentari, presenza di predatori). La comunicazione ha un ruolo centrale nella vita di qualunque animale, compresi quelli che non vivono in un sistema sociale. Anche solo per la riproduzione, infatti, maschio e femmina devono innanzitutto incontrarsi e riconoscersi, poi sincronizzarsi e infine far incontrare i propri gameti (uova e spermatozoi), una sequenza di eventi che avviene sulla base di un continuo scambio di informazioni tra i due sessi.
Il vettore che trasporta l'informazione attraverso l'ambiente è detto segnale. Nel mondo animale esiste un'enorme varietà di segnali, che può essere ridotta a cinque modalità di comunicazione: attraverso il suono, la luce, la chimica, la meccanica, l'elettricità. Molti segnali sono rappresentati dalla combinazione di esibizioni comportamentali associate a strutture (colori, odori, suoni) che si sono evolute specificamente per condizionare il comportamento dell'animale al quale è destinata l'informazione. Non tutti i comportamenti, strutture e sostanze sono ugualmente efficienti come segnali nei diversi ambienti in cui si propagano (aria o acqua, foresta fitta o savana aperta, giorno o notte). La fisica del segnale e della sua propagazione, come anche l'anatomia e la fisiologia della produzione e della ricezione, impongono limiti precisi alla possibile evoluzione e varietà dei segnali esistenti.
La definizione dei processi di comunicazione è ancora piuttosto dibattuta, data la sua natura complessa. Infatti, la descrizione del sistema produzione-trasmissione-ricezione di un'informazione non è sufficiente a individuare un evento comunicativo, perché implica la possibilità di includere fenomeni di interazione tra organismi non riconosciuti come eventi comunicativi (per es. un maschio di rana per attirare una femmina si mette in mostra gracidando, ma così si fa individuare anche da un predatore). Sono stati così stabiliti due criteri per identificare una comunicazione in senso stretto: la trasmissione dell'informazione non è accidentale, ma viene messa in atto per fornire benefici al mittente; la trasmissione dell'informazione è vantaggiosa anche per il ricevente. I segnali che veicolano l'informazione durante la comunicazione, infatti, si sono evoluti proprio per la funzione che svolgono e sono stati favoriti dalla selezione naturale perché il mittente (o la diade mittente/ricevente) ne trae vantaggio per la sopravvivenza. L'esempio rana-predatore non rappresenta un caso di comunicazione, perché la preda (il mittente) è chiaramente svantaggiata; inoltre, è avvenuta una intercettazione del segnale (il predatore ha casualmente intercettato stimoli provenienti dalla preda) dalla quale solo il ricevente trae vantaggio.
Sono noti numerosi casi in cui nelle prede i segnali si sono chiaramente evoluti per dissuadere il predatore dall'attaccare, a vantaggio quindi del mittente (comunicazione interspecifica). Ne sono un esempio i falsi occhi disegnati sulle ali posteriori delle falene che, esposti improvvisamente con uno scatto dell'apertura alare, spaventano l'uccello predatore che rinuncia all'attacco. A questo proposito è utile rilevare che, nel caso in cui gli interessi del mittente e del ricevente coincidono, il segnale trasmette un'informazione che corrisponde a realtà (comunicazione onesta). In queste condizioni, la selezione naturale favorirà l'evoluzione di segnali che veicolano l'informazione con efficienza. Per es. i pulcini ancora nel nido per chiedere il cibo ai genitori agitano la testa ed emettono suoni, ma spalancano anche il becco, mettendo così in evidenza i brillanti contrasti di colore della cavità orale. Nel caso in cui, invece, il mittente fornisca un'informazione sbagliata o non accurata, a proprio vantaggio, si parla di 'inganno'. Ne sono esempi comuni tutti i casi di mimetismo animale. Autocomunicazione è stata invece definita quella in cui mittente e ricevente sono lo stesso individuo, come nel caso della ecolocazione nei pipistrelli.
Gli studi sulla comunicazione animale permetteranno in futuro di arrivare a prevedere il sistema di comunicazione di una specie conoscendone caratteristiche come, per es., l'habitat in cui vive, le abitudini di vita, il sistema sociale, la sua storia filogenetica. Sarà quindi possibile capire tutta la diversità e la ricchezza di segnali presenti nel mondo della comunicazione animale e farla convergere in pochi principi di carattere generale che regolano l'evoluzione.
Nel campo applicativo, recentemente negli insetti sono stati molto studiati i sistemi di attrazione basati su fattori olfattivi, per mettere a punto sistemi di controllo biologico della riproduzione degli insetti nocivi alle coltivazioni. La conoscenza dei sistemi di comunicazione nelle specie può essere inoltre di vitale importanza non solo per migliorare le condizioni di vita di animali in cattività (per es. animali di allevamento), ma anche per facilitare l'accoppiamento in cattività di specie che fanno parte di programmi di conservazione, come per es. nel caso dei recenti studi sui sistemi di comunicazione chimica nel solitario panda gigante.