Per statuto regionale si intende quel tipo di fonte del diritto che, in virtù del principio di autonomia, disciplina l’organizzazione interna delle Regioni, indica i fini che l’ente intende perseguire e detta le regole fondamentali a cui essa dovrà attenersi nell’esercizio della sua attività. Tuttavia, poiché nell’ordinamento italiano le Regioni, a differenza dello Stato, sono dotate di autonomia, ma non di sovranità – come rimarcato altresì dalla Corte costituzionale – gli statuti regionali non possono essere assimilati a una costituzione regionale. Conseguentemente, il «nuovo» art. 123 Cost. (come introdotto con la l. cost. n. 1/1999) stabilisce che gli statuti delle Regioni ad autonomia ordinaria debbano porsi «in armonia con la Costituzione», espressione che parte della dottrina e la stessa giurisprudenza costituzionale hanno interpretato come rispetto dei principi generali dell’ordinamento giuridico.
Lo statuto regionale dopo la l. cost. n. 1/1999 e la l. cost. n. 3/2001. - Un’importante innovazione in tema di statuti regionali si è avuta a seguito della l. cost. n. 1/1999 e della l. cost. n. 2/2001. Prima di esse, vi era una netta distinzione sul piano procedurale tra gli statuti delle c.d. Regioni ad autonomia differenziata (Valle d’Aosta/Vallée d’Aoste, Trentino-Alto Adige/Südtirol, Friuli-Venezia Giulia, Sardegna e Sicilia) – chiamati anche statuti speciali – e quelli delle c.d. Regioni ad autonomia ordinaria, generalmente qualificati come statuti ordinari: in entrambi i casi la delibera statutaria del Consiglio regionale era seguita da un intervento del Parlamento che doveva approvarla, ma, mentre gli statuti speciali erano approvati con una legge costituzionale (Revisione costituzionale), gli statuti ordinari venivano approvati con una legge ordinaria. La l. cost. n. 1/1999 e la l. cost. 2/2001 hanno profondamente innovato il procedimento di approvazione degli statuti ed hanno esteso anche le loro materie di competenza: in particolare, il «nuovo» art. 123 Cost. rinvia, infatti, agli statuti regionali la decisione in ordine alla «forma di governo» regionale (Forme di Stato e forme di governo), laddove prima della l. cost. n. 1/1999 questa era disciplinata direttamente dalla Costituzione.
Attualmente, il procedimento di approvazione degli statuti delle Regioni ad autonomia ordinaria non prevede più l’intervento del Parlamento in sede di approvazione e diversifica tale deliberazione da quelle sulle altre leggi regionali, prevedendo che sia necessaria una doppia deliberazione del Consiglio regionale a maggioranza assoluta con un intervallo non inferiore a due mesi. La deliberazione statutaria viene pubblicata nel Bollettino ufficiale della Regione a scopi meramente notiziali, al fine di fare decorrere i termini entro cui è possibile richiedere un referendum confermativo con funzione oppositiva – non diversamente da quanto previsto all’art. 138 Cost. con riferimento al procedimento di revisione costituzionale – mentre il Governo, da parte sua, può impugnare la deliberazione statutaria di fronte alla Corte costituzionale entro trenta giorni dalla pubblicazione della deliberazione consiliare. Tale sindacato da parte del giudice costituzionale, di cui al «nuovo» art. 127 Cost., costituisce attualmente l’unica forma di controllo preventivo di costituzionalità presente nel nostro ordinamento.
Per quanto riguarda il procedimento di approvazione degli statuti speciali, la l. cost. n. 2/2001 ha esteso i principi della l. cost. n. 1/1999 alle Regioni ad autonomia differenziata. È previsto, infatti, che esse possano modificare il proprio statuto (che rimane approvato con legge costituzionale, ex art. 116, co. 1, Cost.), per quanto riguarda la forma di governo e il sistema elettorale (Elezioni), per mezzo delle c.d. leggi statutarie. Queste soggiacciono ad un procedimento particolare, diverso da quello legislativo ordinario, che ricalca in gran parte quanto previsto al «nuovo» art. 123 Cost. (approvazione dalla maggioranza assoluta del Consiglio regionale; possibilità per il Governo di ricorrere alla Corte costituzionale; eventuale referendum ecc.).
La dottrina è divisa sul fatto se lo statuto regionale – che l’art. 123, co. 2, Cost. dice essere una legge regionale – sia una fonte sovraordinata alle altre leggi regionali, ovvero se essa sia solamente, come affermato dalla Corte costituzionale, una legge regionale «a competenza riservata e specializzata». Tuttavia, anche prima delle riforme del biennio 1999-2001 il rapporto tra statuto e legge regionale era tale per cui la violazione del primo da parte della seconda comportava l’illegittimità costituzionale di quest’ultima.
Per quanto riguarda, infine, il contenuto degli statuti regionali, la dottrina e la giurisprudenza costituzionale distinguevano (e distinguono tuttora) tra i c.d. contenuti necessari e i c.d. contenuti eventuali. Nell’ambito dei primi rientrano la disciplina della forma di governo regionale, i principi fondamentali in tema di organizzazione e funzionamento delle istituzioni regionali, l’esercizio del diritto di iniziativa e del referendum su leggi e provvedimenti amministrativi della Regione e la pubblicazione delle leggi e dei regolamenti regionali (art. 123, co. 1, Cost., come modificato con la l. cost. n. 1/1999). In particolare, lo statuto regionale può derogare al meccanismo dell’elezione diretta del Presidente della Giunta regionale previsto nella stessa l. cost. n. 1/1999 (art. 122, co. 5, Cost., come modificato con la l. cost. n. 1/1999), così come prevedere un organo di consultazione tra Regione ed enti locali (art. 123, co. 4, Cost., come introdotto con la l. cost. n. 3/2001). Per quanto riguarda i contenuti c.d. eventuali degli statuti regionali, la giurisprudenza costituzionale, con qualche contrasto tra i commentatori, ha ritenuto che eventuali enunciazioni di principio in essi presenti abbiano un carattere meramente programmatico non siano dunque giuridicamente vincolanti, cosa che rafforza la distinzione sistematica, oltre che teorica, tra lo statuto regionale e la Costituzione.
Autonomia. Diritto costituzionale