Stato insulare dell’Oceano Indiano, situato a SE della Penisola Indiana, da cui è separato dallo Stretto di Palk. Già possedimento britannico con il nome di Ceylon, dal 1948 indipendente nell’ambito del Commonwealth, nel 1972 ha assunto il nome attuale.
Come l’India peninsulare, di cui rappresenta una continuazione, l’isola è un frammento dell’antica Terra di Gondwana. Per i 9/10 è composta da rocce dell’età precambriana (scisti e gneiss), che nella sezione settentrionale lasciano il posto a rocce più recenti di origine sedimentaria, simili a quelle dell’estremità meridionale del Deccan.
Nel complesso l’orografia si presenta piuttosto accidentata nella parte centro-meridionale, la quale è occupata da un massiccio fortemente eroso e solcato da numerose valli, che culmina nelle vette del Pidurutalagala (2524 m), del Kirigalpotta (2395 m) e dello Sri Pada (Picco di Adamo, 2243 m). Una cintura di tavolati a gradini circonda il massiccio per poi sfumare in una dorsale collinare allungata verso N.
Le coste, generalmente basse, sono in gran parte orlate da dune sabbiose di formazione marina. L’isola è compresa fra 6° e 10° di latitudine N e quindi ha un regime termico equatoriale: temperature elevate tutto l’anno, con modestissime escursioni. Le precipitazioni si aggirano intorno ai 2500 mm annui, ma non sono uniformemente distribuite.
La piovosità è intensa nelle regioni a S e SO, investite dal monsone estivo (con punte di 5000 mm sui rilievi), mentre le regioni a N e NE sono relativamente asciutte, perché gran parte dell’umidità va perduta a causa dell’evaporazione e del rapido deflusso superficiale, e perché le piogge si concentrano in un breve periodo.
I fiumi sono molto numerosi ma brevi (il più lungo, il Mahaweli Ganga, non arriva a 350 km). Occupato e sfruttato da secoli, l’ambiente naturale è soggetto a un considerevole processo di antropizzazione. Le foreste occupano ormai solo il 30% del paese, di fronte al 54% degli anni 1960. Oltre un quarto del territorio, tuttavia, è soggetto a varie forme di tutela ambientale (parchi nazionali, riserve forestali, aree di protezione faunistica).
La popolazione è composta per oltre l’80% da Cingalesi, di ceppo indoeuropeo, che giunsero nell’isola nel 5° sec. a.C. e si convertirono al buddhismo nel 3° sec. a.C.; il gruppo minoritario più numeroso è quello Tamil, 9% (diviso in Tamil dello S., discendenti dai più antichi gruppi indiani meridionali insediatisi nell’isola, e Tamil dell’India, immigrati nel 19° sec. per lavorare nelle piantagioni), di ceppo dravidico, di lingua tamil, e in genere induisti. I Tamil, insediati soprattutto nelle regioni settentrionale e nord-orientale, sono sensibilmente diminuiti (rappresentavano il 17% della popolazione nei primi anni 1990) a causa dell’inasprimento del conflitto etnico che ha prodotto grandi masse di profughi dirette principalmente verso l’India. Numericamente di poco inferiori ai Tamil sono i Mori (8% della popolazione), musulmani, in gran parte discendenti da schiavi neri e in piccola parte da antichi navigatori arabi.
Il tasso d’incremento demografico, elevatissimo fino ai primi anni 1980, è andato progressivamente calando in questi ultimi due decenni fino a raggiungere (stima 2009) una crescita annua inferiore all’1%. La città più popolosa è Colombo (652.000 ab. nel 2005), capitale fino al 1982. Altre città importanti, oltre alla capitale, sono Dehiwala-Mount Lavinia, Moratuwa, Negombo (tutte prossime alla capitale e a Colombo) e Jaffna, sull’estrema costa settentrionale.
Oltre alle due lingue ufficiali, è diffusamente parlato, e ampiamente usato nell’educazione e nella burocrazia, l’inglese. La distribuzione delle religioni ricalca grosso modo quella delle etnie: buddhisti 76,7%, musulmani 8,5%, induisti 7,9% e cristiani (prevalentemente Cingalesi) 6,1%.
Il paese presenta una fisionomia economica in gran parte basata sul settore primario, il quale, però, trova difficoltà a soddisfare per intero il fabbisogno alimentare interno. L’agricoltura occupa quasi il 33% della popolazione attiva e garantisce il 12,8% del prodotto interno lordo (dati 2009). Le colture più importanti per l’esportazione sono: tè (lo S. è il quinto produttore mondiale con 318.470 t nel 2008), hevea da caucciù e palma da cocco. Altre colture commerciali sono quelle del cacao, del caffè e della canna da zucchero, oltre alle spezie (tra cui, pregiatissima, la cannella). Il riso, coltivato sia nelle valli, sia nei versanti più fertili del SO, in genere terrazzati, è il cereale base dell’alimentazione; l’agricoltura di sussistenza produce inoltre manioca, patata dolce e frutta tropicale. Destinati al consumo locale sono i prodotti dell’allevamento e della pesca (salvo i crostacei, che vengono esportati). Le foreste forniscono abbondanza di legname pregiato (sandalo, mogano, ebano).
Il sottosuolo ha modeste risorse, nonostante la presenza di pietre preziose (rubini, zaffiri, topazi, berilli), che già valsero al paese il nome di ‘isola dei gioielli’ e rappresentano una voce importante dell’esportazione isolana. L’unico minerale industrialmente notevole è la grafite.
L’industria manifatturiera (26,3% della popolazione attiva e 29,2% del PIL) è penalizzata dall’instabilità determinata dai conflitti interetnici che, oltre a causare una forte emigrazione di forza lavoro, costituisce un deterrente per gli investimenti esteri. I comparti trainanti sono quello alimentare (preparazione del tè, lavorazione delle oleaginose, produzione di birra, raffinazione dello zucchero) e quello tessile (filatura del cotone e confezioni); quest’ultimo, tuttavia, risente della concorrenza degli altri paesi del Sud-Est asiatico. Vi sono poi industrie chimiche, della concia, della carta, della ceramica, due impianti siderurgici di medie dimensioni, qualche cementificio e una raffineria di petrolio.
Il settore terziario (41% della popolazione attiva e 58% del PIL) è in crescita anche grazie al turismo che, nonostante non sia sviluppato quanto le attrattive del paese consentirebbero a causa della difficile situazione interna, garantisce buoni introiti. Buona la produzione di energia idroelettrica fornita soprattutto dalle centrali sul fiume Mahaweli Ganga. La bilancia commerciale è in passivo a causa dell’entità delle importazioni (macchinari, prodotti petroliferi, derrate alimentari ecc.); principali partner commerciali sono gli Stati Uniti, la Gran Bretagna, l’India e la Cina.
Le comunicazioni possono contare su una rete viaria abbastanza fitta (97.286 km, in gran parte asfaltate) e su una discreta rete ferroviaria (quasi 1500 km). Un servizio di traghetti collega i due tronconi ferroviari che saldano la rete indiana a quella dell’isola. Colombo è il principale scalo portale e aeroportuale.
Sede nel Nord di un regno tamil costituitosi nel 13° sec., e nel Sud di un più antico regno cingalese, all’inizio del 16° sec. l’isola di Ceylon fu raggiunta dai Portoghesi; questi sottomisero i due Stati, mentre all’interno si costituiva un nuovo regno cingalese che rimase indipendente fino al 1815. Al dominio portoghese subentrò quello olandese (1658), a sua volta sostituito da quello britannico (1796).
Nei primi decenni del 20° sec. vennero progressivamente introdotte forme di autogoverno interno e nel 1948 il paese divenne indipendente, nell’ambito del Commonwealth, con una Costituzione di tipo parlamentare. Un governo conservatore, formato dall’United National Party (UNP), guidò il paese fino al 1956. La situazione dello S. fu relativamente stabile fino alla metà degli anni 1950, quando emersero difficoltà nel sistema economico ereditato dall’epoca coloniale. Il malcontento sociale che ne conseguì favorì nel 1956 la vittoria elettorale dello Sri Lanka Freedom Party (SLFP), di orientamento nazionalista e progressista. Provvedimenti di stampo nazionalista (proclamazione del cingalese come lingua ufficiale e rafforzamento dell’identità buddhista) del governo di Solomon Bandaranaike, peraltro moderatamente riformista, provocarono tensioni con la minoranza tamil. Nel 1959 il premier fu assassinato; la sua politica fu proseguita dalla vedova, Sirimavo Bandaranaike, prima donna al mondo nella carica di primo ministro. Nel 1972 una nuova Costituzione proclamò la Repubblica Democratica Socialista di S. e la politica di nazionalizzazioni e di rafforzamento del ruolo dello Stato fu incrementata in risposta alla crisi energetica internazionale e alla difficile situazione economica del paese. Tornato alla guida del governo il conservatore UNP (1977), che adottò una politica economica liberista, il suo leader R. Jayawardene, dopo una modifica costituzionale in senso presidenzialista (1978), divenne presidente della Repubblica.
Dai primi anni 1980, il contrasto fra la maggioranza cingalese e la minoranza tamil (che dal 1976 rivendicava l’indipendenza dei territori nord-orientali) si acuì, sfociando in guerra civile. Nel 1987 un accordo fra il governo di Colombo e quello di Nuova Delhi (che aveva appoggiato i Tamil) accolse alcune rivendicazioni dei separatisti, proclamando fra l’altro il tamil (in aggiunta al cingalese) lingua ufficiale del paese. Fu dispiegata una forza di interposizione indiana (IPKF), che assunse nel 1988 il controllo della provincia settentrionale ed entrò in contrasto con le forze separatiste. Fra queste, le Liberation Tigers of Tamil Eelam (LTTE) occuparono la penisola di Jaffna nel 1990; intanto il People’s Liberation Front dava vita a una violenta campagna terroristica nel sud del paese (1987-1989).
I governi succedutisi al potere, ruotanti sui principali partiti politici dell’isola, UNP e SLFP, nel tentativo di giungere a una soluzione, alternarono il ricorso alla repressione e allo scontro armato a quello della diplomazia, con scarsi risultati su entrambi i fronti, mentre la protratta mancata soluzione dei contrasti etnici condizionava pesantemente la vita politica economica e sociale del paese, alimentando un crescendo di violenza e terrore che colpiva soprattutto la popolazione civile, decimata dalle rappresaglie delle diverse fazioni e dagli attentati terroristici. L’apertura negoziale con le LLT, avviata cautamente dal presidente, signora C.B. Kumaratunga (leader del SLFP) con la mediazione norvegese, è andata incontro a ripetuti fallimenti, nonostante la tregua siglata nel 2002 dal governo di R.S. Wickremasinghe, durata, almeno sulla carta, fino al 2008, quando il governo la ha ufficialmente rigettata, insieme alla possibilità di una soluzione politica del conflitto. Nello stesso tempo, è stata sferrata una grande offensiva dell’esercito nazionale, che nel corso del 2008-09 ha condotto alla riconquista di gran parte dei territori già nelle mani dei ribelli, fino all’attacco decisivo alle roccaforti delle LTTE: la guerra civile, costata la vita a circa 80.000 persone, ha avuto fine con la morte del leader tamil Vellupillai Prabhakaran (maggio 2009). Forte del successo ottenuto, nel gennaio 2010 il presidente M. Rajapaksa, in carica dal 2005, ha ottenuto un secondo mandato, subentrandogli a seguito delle consultazioni tenutesi nel gennaio 2015 l'ex ministro della Sanità M. Sirisena. Non essendo riuscito a modificare la legge elettorale e a varare altre riforme costituzionali a causa dell'opposizione del Parlamento, nel giugno dello stesso anno il presidente ha sciolto le camere e indetto nuove elezioni fissate per il mese di agosto. Il voto ha visto prevalere la coalizione United National Front for Good Governance e la conferma come premier di R. Wickremesinghe, che aveva assunto l’incarico nel mese di gennaio; sconfitto l’ex presidente Rajapaksa, che aspirava al ruolo di primo ministro. Nonostante un programma politico apparentemente condiviso che prevedeva la modifica degli assetti costituzionali del Paese e il rafforzamento delle sue strutture democratiche, i rapporti tra Sirisena e Wickremesinghe sono andati progressivamente deteriorandosi a causa di divergenze programmatiche e in vista delle presidenziali del 2019, fino a sfociare nell'ottobre 2018 in una grave crisi istituzionale causata dalla decisione del presidente di destituire il primo ministro sostituendolo con Rajapaksa e sospendendo le attività del Parlamento; nel novembre successivo la Corte suprema ha comunque rimandato il decreto presidenziale al mese di dicembre, e il Parlamento ha sfiduciato il governo guidato da Rajapaksa reintegrando Wickremesinghe nella carica. Le consultazioni presidenziali svoltesi nel novembre 2019 hanno assegnato la vittoria al primo turno a G. Rajapaksa, che ha assunto la carica e nominato premier del Paese e ministro delle Finanze il fratello M. Rajapaksa. Nel marzo 2020 il presidente ha sciolto le camere e indetto nuove elezioni: svoltesi ad agosto, le consultazioni hanno registrato la netta vittoria del partito Sri Lanka Podujana Peramuna di G. e M. Rajapaksa, che ottenendo 150 dei 225 seggi in palio si è assicurato il controllo dei due terzi della nuova assemblea. Nel maggio 2022, a seguito delle violente proteste di piazza contro l'esecutivo, il premier M. Rajapaksa ha rassegnato le dimissioni, subentrandogli dallo stesso mese l'ex primo ministro Wickremesinghe; le manifestazioni popolari sono comunque proseguite, culminando nel mese di luglio nell'assedio della residenza del presidente G. Rajapaksa, che hanno costretto l'uomo politico alla fuga dal Paese e alle dimissioni, a seguito delle quali il Parlamento ha eletto Wickremesinghe a subentrargli nella carica, eleggendo nella carica di premier D. Gunawardena.
La lingua parlata nello S. è il cingalese, anche detto singalese, che appartiene al gruppo indoario della famiglia indoeuropea e fu anticamente importata dall’India settentrionale, subendo poi fortemente l’influsso delle parlate indigene dravidiche. La forma più antica è rappresentata dall’eḷu, o singalese puro, pracrito molto simile al pāli. Questa lingua è impiegata anche in opere moderne dalla scuola purista. Parallelamente all’eḷu si era sviluppata un’altra forma linguistica, il cingalese misto, caratterizzato da una forte influenza del sanscrito. Una distinzione tra le due forme risulta comunque evidente solo a partire dall’11° secolo. Un notevole contributo all’uniformità della lingua letteraria in generale fu dato dalla Sidatsaṅgarāva («Grammatica classica», 13° sec.).
Le più antiche opere in lingua cingalese a noi pervenute risalgono al 10° sec.: si tratta di una letteratura interamente influenzata dal buddhismo (soprattutto dal canone buddhista della scuola Theravāda e dalla raccolta dei jātaka), da un lato a carattere spiccatamente esegetico, dall’altro caratterizzata da una vasta produzione in versi a sfondo religioso. Capolavoro di questa letteratura è Amāvatura («Il fiume d’ambrosia») di Guruḷugōmī (12°-13° sec.), l’unica opera in prosa scritta interamente in eḷu, che illustra una delle 9 qualità attribuite al Buddha e precisamente quella di guida spirituale dell’uomo. Dovuta a uno scrittore del 12° sec. di cui si conosce solo lo pseudonimo (Vidyācakravarti «Sovrano universale della scienza») è Amṛtāvaha («Il fiume d’ambrosia»), denominata anche Tunsaraṇa («Il triplice rifugio») in quanto comprende 3 opere diverse: Butsaraṇa («Il rifugio del Buddha»), Dahamsaraṇa («Il rifugio della Legge») e Saṅgasaraṇa («Il rifugio della Comunità»).
Tra i poemi a sfondo religioso che si ispirano alle «composizioni in stile ornato» (kāvya), il più antico è Muvadevdāvata («Storia di Makhādeva», 12° sec.), di autore ignoto. Il Kavsiḷuminạ («Gemma fra i poemi»), dovuto al sovrano Parākramabāhu II (13° sec.) e ispirato alla storia romantica del re Kusa, quale si trova esposta nel Kusajātaka, è la più rappresentativa delle opere letterarie «preziose» (mahākāvya) della letteratura singalese. Un poeta famoso è Toṭagamuvē Śrī Rāhula (15° sec.), autore del Kāvyaśekharaya («Il supremo poema») che narra le pene d’amore di un anziano brahmano causate dall’infedeltà della giovane moglie. Notevoli sono i poemi di tipo sandeśa («messaggi») fioriti tra il 14° e il 15° sec. e ispirati alle composizioni preziose sanscrite che hanno per tema un «messaggero» (dūta: donde la loro denominazione di dūtakāvya). Tra le opere di carattere storico si distingue quella di un autore anonimo del 17° sec., Rājāvaliya («La successione dei sovrani»), di grande importanza per la cronaca relativa ai sovrani cingalesi fino a Vimaladharmasūriya II (1692).
Il 19° sec. segna l’avvento della letteratura moderna, che assume d’ora in poi un carattere laico e introduce nuovi generi quali il romanzo, il racconto e le composizioni in versi liberi. Antesignano dei romanzieri cingalesi è considerato L.I. de Silva, autore di Pavul deka («Le due famiglie»), romanzo d’appendice pubblicato dal 1866 al 1883. Pioniere della narrativa è tuttavia P. Sirisena, autore di Vāsanāvanta vivāhaya hevat Jayatissa saha Rosalin («Il matrimonio felice o Jayatissa e Rosalin», 1904) e di una serie di romanzi polizieschi. Interprete delle trasformazioni operatesi nella società e nella cultura del suo paese è M.M. Wickremasinghe, le cui opere si distinguono per il realismo, l’analisi psicologica dei personaggi e la raffinatezza della narrazione. Un altro grande romanziere è E.R. Sarachchandra, attivo anche come saggista, drammaturgo e sceneggiatore. Maestri del racconto sono considerati H. Munidasa e G.B. Senanayake.
A seconda dei temi ispiratori e dei metri impiegati, i poeti dell’epoca moderna sono suddivisi in 4 correnti distinte: i tradizionalisti, tra i quali spiccano A. Rajakaruna, G.H. Perera, B.H. Amarasena, K.H. de Silva; i puristi, che impiegano una lingua dotta e artificiosa e i cui rappresentanti più famosi sono M. Kumaratunga e R. Tennakoon; i moderni, indicati come Scuola poetica di Colombo, che usano il linguaggio di uso corrente e s’ispirano a temi della vita quotidiana: notevoli gli esiti conseguiti da S. Palansooriya, P.B. Alwis Perera, W. Kumaragana. Infine i poeti ultramoderni, o Gruppo cingalese del verso libero, che privilegiano gli aspetti contenutistici ai valori formali: tra le figure più rappresentative, G.B. Senanayake, G. Amarasekera e S. Gunasinghe.
Non esiste nella cultura cingalese una tradizione teatrale; una forma rudimentale di teatro (nādagam) prende vita e diventa popolare nel 19° sec.; si afferma poi un genere di operetta (nūrtiya), che ricalca il teatro musicale dei Parsi. Ne furono autori, tra gli altri, C.D.B. Jayawira Bandara, J. de Silva; mentre il già citato Sarachchandra ha dato vita a un nuovo stile musicale e coreografico di cui Siṃhabahu («Colui che ha la forza d’un leone», 1961) offre l’esempio migliore.
Il Mesolitico è ben documentato in tutto il paese, mentre non è ancora chiaro il processo di transizione al Neolitico. Nel 1° millennio a.C. si diffusero dall’India meridionale le necropoli megalitiche (Ibbankatuwa, 400 a.C.), che caddero apparentemente in disuso nel corso del 4° sec. a.C. Poco si sa delle pratiche di sepoltura dei periodi successivi (Pomparippu, Sigiriya e Tissamaharama).
Sigiriya fu capitale dell’isola e vi venne costruito un palazzo (477-495), ancora ben conservato; il sito è conosciuto anche per i celebri dipinti murali. Nei pressi fu edificato un monastero, connesso con la fortezza e con la corte reale. Altri siti di rilievo sono Godavaya, alla foce del Walawe Ganga, e Tissamaharama.
Al 6° sec. a.C. sembra risalire la fondazione di Anuradhapura, destinata a diventare la capitale dell’isola, oltre che importante centro religioso buddhista. I monumenti di Anuradhapura costituiscono la più antica espressione dell’architettura tradizionale dello S., con complessi monastici buddhisti costituiti da una serie di costruzioni concentriche realizzate intorno a una cittadella centrale: di rilevo (Thuparama, 11°-12° sec.) la tipologia dello stūpa. I tipici monasteri di montagna sono costituiti da costruzioni adattate alle cavità naturali (Mhintale, Dambulla ecc.), contrariamente alla complessa struttura dei maggiori monasteri metropolitani che si articolano in un grande perimetro rettangolare e presentano stūpa centrale ed edifici, in mattoni e pietra, con varie funzioni: santuari (bodhighara), grandiosi templi dell’immagine (patimaghara), residenze del sacerdote ecc.: notevoli gli esempi di Polonnaruwa (Alahena Pirivena), Anuradhapura, Panduvasnuvara, del 12°-13° secolo.
Tra le residenze reali spicca il palazzo di Parakramabahu (12° sec.) originariamente a sette piani con strutture murarie e scale di mattoni e pietra ecc.
L’architettura in pietra del 12°-13° sec. è ben rappresentata a Polonnaruva, Yapahuva, Dambadeniya, Kurunegala, Galebada. A Polonnaruva le strutture architettoniche sono datate dalla grande quantità di ceramica cinese di epoca Song (960-1279).
Dal 15° sec. al 19° sec. l’intreccio culturale determinato dalla persistenza di elementi tradizionali e incipienti influenze europee caratterizzò l’espressione artistico-architettonica del periodo (edifici di minore dimensione e complessità come quelli riscontrabili a Kandy, 17°-18° sec.).
Le influenze del periodo coloniale portoghese (fortificazioni a Colombo, Galle e Jaffna, 16° sec.), di quello olandese (costruzioni residenziali e militari a Galle, Matara, 17° sec.; Jaffna, Colombo, 18° sec.) e, soprattutto, di quello britannico (ampiamente rappresentato da numerosi ed eterogenei interventi e dalla presenza di architetti inglesi: J.G. Smithers, J.F. Churchill, W.A. Turnstall ecc.) hanno trasformato l’immagine consueta delle città.
In età moderna e contemporanea, nell’arte si evidenzia la ricerca di una moderna identità culturale (T. Ranasinghe, S. Chandrajeewa, scultori; tra i pittori, J.P. Daraniygala, G. Keyt ecc.); l’architettura, pur in una ricerca di autonomia si è progressivamente allineata alle generali tendenze internazionali: il Parlamento a Kotte, di G. Bawa (1982) o la singolare Royal Bakery a Colombo, di M. Prematilleke (2000).