Trattato di Erone di Alessandria (forse I sec. d.C.). Dedicato alle macchine semoventi e definito anche Sulla fabbricazione degli automi, venne tradotto nel 16° sec. Particolarmente rilevante è la descrizione di un teatrino (Automata, 4, 1-3), che costituisce così l’unico congegno automatico antico noto fin nel dettaglio.
Approfondimento di Gianni Micheli da Meccanica (Storia della Scienza)
§ Gli automi Sugli automi nel mondo greco-romano si hanno poche testimonianze relativamente a congegni effettivamente costruiti; si trovano invece diversi riferimenti in opere di poeti, storici, letterati di varie età che parlano di automi in modo vago e fantasioso, o, quando sono precisi, in modo non attendibile. Si prenda la più nota attestazione letteraria sull’argomento: la colomba lignea volante di Archita. La notizia è in Aulo Gellio, che la attribuisce a Favorino e precisa anche che era sospesa a contrappesi e spinta da un soffio d’aria racchiusa e nascosta («simulacrum columbae ita erat scilicet libramentis suspensum et aura spiritus inclusa atque occulta concitum», DK 47 A 10a = Noctes Atticae, X, 12, 8). In molti, in varie età, si sono cimentati nell’impresa di immaginare come fosse costruito il congegno di Archita, ma anche i più ingegnosi tentativi non sono risultati soddisfacenti. Se si pensa che sia Aulo Gellio sia Favorino sono fonti molto tarde (II sec. d.C.), che non ci sono altre attestazioni in merito a partire da Platone e da Aristotele (benché Aulo Gellio dica che, oltre che da Favorino, la notizia era stata riportata da molti scrittori), che il riferimento all’aria compressa è anacronistico, in quanto i fenomeni pneumatici furono analizzati, studiati e utilizzati per la prima volta da Ctesibio più di un secolo dopo Archita, e quindi è poco probabile che Archita abbia potuto costruire empiricamente un apparato ad aria compressa adeguato, la colomba volante del grande pitagorico appare essere un tardo artificio letterario, importante solamente perché attesta che Archita era noto non soltanto come studioso di matematica e di acustica ma anche di meccanica.
Il solo congegno automatico antico che conosciamo in tutti i dettagli è il teatrino descritto da Erone negli Automata. Il teatro consta di due apparati diversi, uno detto mobile, l’altro stabile, ancorché siano mossi secondo gli stessi principî. Il teatro mobile è costituito da un cassone lungo un cubito (46 cm ca.), largo 4 palmi (31 cm ca.), alto 3 palmi (23 cm ca.); agli angoli sono poste 4 colonnette alte 8 palmi (62 cm ca.) e larghe 2 palmi (15,5 cm ca.); sulle colonnette poggiano un architrave e alcune tavole su cui si erge un tempietto con sei colonne, coperto da una cupola sulla cui sommità c’è la figura di una Nike con le ali distese. Nel mezzo del tempietto è posta la figura di Dioniso, con un tirso e una coppa e, ai suoi piedi, una panteretta; di fianco c’è un altare; fuori dal tempietto, alcune figure di baccanti. Le misure, osserva Erone, devono essere quelle indicate, perché se fossero maggiori, nascerebbe il sospetto che ci possa essere all’interno un operatore. Situato in un tubo posto al centro del cassone, diviso in due scomparti, sta un contrappeso di piombo, organo motorio di tutto l’apparato; esso poggia su una base di miglio (negli automi mobili) o di sabbia (negli automi stabili) con un forellino in fondo chiuso da una linguetta. Tolta la linguetta, il miglio o la sabbia prendono a fuoriuscire e il contrappeso, a cui sono attaccate alcune corde collegate con l’asse delle ruote motrici, poste alla base del cassone, e altre corde collegate con le ruote del piano superiore, scende lentamente e pone in movimento prima le due ruote motrici, poi, quando l’apparato si ferma, il sistema di ruote del piano superiore, dando luogo alla rappresentazione teatrale, che è descritta da Erone in questo modo:
si accenderà l’altare davanti a Dioniso. Dal tirso di Dioniso sprizzerà latte o acqua. Dalla coppa si spargerà il vino sulla panteretta che giace sotto. S’inghirlanderà tutto il luogo presso le quattro colonnette della base. Le baccanti gireranno attorno al tempietto in circolo. Vi sarà strepito di timpani e di cembali. Dopo ciò, fermatosi lo strepito, la figura di Dioniso si rivolgerà verso la parte esterna. Insieme con questa si rivolgerà la Nike che sta sulla cima. Di nuovo, l’altare, portatosi dinnanzi a Dioniso, mentre prima gli era dietro, si accenderà. Di nuovo dal tirso ci sarà lo spruzzo e dalla coppa l’effusione. Di nuovo le baccanti danzano girando attorno al tempietto col suono di timpani e cembali. Di nuovo, fermatesi queste, l’automa ritornerà al luogo di prima. E così avrà fine la rappresentazione. (Automata, 4, 1-3)
Lo spostamento più semplice del teatrino è quello rettilineo che avviene con lo svolgimento della corda sull’asse delle due ruote motrici e con l’intervento di una ruota ausiliaria posta nella parte anteriore del cassone e non collegata da corde al contrappeso. Il movimento circolare si ottiene modificando i diametri delle ruote motrici in modo da inscriverle in un cono. «Infatti, se un cono si rotola su un piano, la sua base descrive un cerchio, il cui raggio è uguale al lato del cono, e il vertice resta immobile, essendo il centro del cerchio suddetto» (Automata, 8, 1). Si possono ottenere altri tipi di movimento del cassone modificando il numero e l’assetto delle ruote.
L’automa stabile, in forma di tempietto provvisto di due ampie porte sul davanti, presenta uno spettacolo teatrale completamente diverso, ed è giudicato preferibile perché più sicuro, meno pericoloso e maggiormente in grado, rispetto a quello mobile, di accogliere ogni disposizione. La storia che Erone rappresenta, anch’essa tradizionale, è quella di Nauplio, il quale per vendicare la morte del figlio Palamede, avvenuta per colpa di Ulisse, fece naufragare sulle rocce la flotta dei Greci, di ritorno da Troia, facendo falsi segnali. La rappresentazione avviene per mezzo di scenari mobili che appaiono e scompaiono, in concomitanza con l’apertura e la chiusura delle porte situate davanti a essi. Ogni fondale su cui è dipinta una scena è arrotolato su alcuni bastoni situati in alto; questi sono srotolati di volta in volta e appaiono figure che si muovono in rilievo (artigiani che lavorano, navi che passano, pesci che saltano, ecc.). Secondo le parole stesse di Erone, la disposizione era la seguente:
Aperta la tavola all’inizio, apparivano dodici figure dipinte divise in tre file; erano come alcuni Danai che costruivano navi e le allestivano per il varo. Queste figure si muovevano, alcune segando, altre lavorando con le scuri, altre con i martelli, altre servendosi di trapani grandi e piccoli, facevano molto rumore come se lavorassero veramente. Passato un tempo sufficiente, chiuse le porte, di nuovo si aprivano e v’era un’altra disposizione; si vedevano infatti le navi condotte al mare dagli Achei. Chiuse di nuovo le porte, non appariva nulla nella tavola all’infuori di aria dipinta e mare. Dopo non molto tempo passavano le navi in linea di navigazione; le une si nascondevano e apparivano altre. Spesso anche delfini che nuotavano, ora immergendosi nel mare ora riapparendo, com’è nel vero. Poco dopo il mare appariva tempestoso, e le navi correvano in modo serrato. Chiuse e aperte di nuovo le porte, non si vedevano naviganti, ma Nauplio che aveva alzato la face e Atena disposta a lato, e si accendeva il fuoco sopra la tavola, come se dalla face apparisse andare in alto la fiamma. Chiuse e di nuovo aperte le porte, appariva il naufragio della navi e Aiace che nuotava. [Atena] era su una macchina nella parte superiore della tavola, e fatto un tuono nella medesima tavola, cadeva un fulmine su Aiace e spariva la sua figura. (Automata, 22, 3-6)
Tutto avveniva, ovviamente, per mezzo di un contrappeso e di un apparato di ruote, come nel teatrino mobile. Si può presumere che questo ingegnoso apparato, la cui descrizione Erone riprende quasi integralmente da Filone, fosse già conosciuto in una forma meno perfezionata a metà del IV secolo. Decisiva è a questo proposito la testimonianza di Aristotele, il quale nel De motu animalium fa riferimento a un congegno molto simile al teatro mobile di Erone:
Come gli automi si muovono per il fatto che si genera un piccolo movimento e si sciolgono le corde urtandosi l’una con l’altra, e il piccolo carro che ciò che è trasportato muove da sé in linea retta e di nuovo in circolo per il fatto che ha le ruote diseguali (la minore diventa come centro allo stesso modo dei rulli), così si muovono anche gli animali. Hanno infatti organi simili, la natura dei tendini e quella delle ossa, che sono come i legni e il ferro, i tendini come le corde; sciogliendosi e rilasciandosi, si muovono. Tuttavia negli automi e nei piccoli carri non c’è alterazione perché, se le ruote interne diventassero minori e di nuovo maggiori, la stessa cosa si muoverebbe in circolo; nell’animale invece è possibile che la stessa cosa diventi maggiore e minore e che le figure mutino aumentando le parti per il calore e di nuovo restringendosi per il raffreddamento e subendo una alterazione. (701 b 2-17)
La corrispondenza con l’automa di Erone è stretta. Il piccolo movimento è quello che inizia con lo scorrere della sabbia che libera i rispettivi contrappesi (nei due casi), e provoca poi lo scioglimento e il rilascio delle corde avvolte su appositi rulli; ciò che è trasportato è il contrappeso, che muove da sé il cassone in linea retta e circolarmente. Nella seconda parte del paragone sono ricordati entrambi i congegni (automa e piccolo carro), ma è evidenziato soltanto quello che serve alla locomozione, in relazione all’esigenza di spiegare la differenza con l’alterazione. Sembra quindi che al tempo di Aristotele i due apparati semoventi esistessero separatamente e che siano stati poi unificati in uno soltanto più complesso, quello che appare negli Automata di Erone.
Va notato che il teatrino di Erone costituisce il più cospicuo successo degli antichi nel campo della meccanica di precisione, ottenuto per via empirica con il ricorso ad artifici semplici e ingegnosi. Si pensi al sistema usato per regolare i tempi dei movimenti dei singoli elementi della macchina. Le fermate dei movimenti erano ottenute avvolgendo in matassine il tratto di corda che doveva rimanere non teso, cioè inoperante, e attaccandolo con della cera sul rullo di avvolgimento per modo che, trascorso il tempo di fermata (l’intervallo tra l’andata e il ritorno del teatrino, periodo in cui si svolge la rappresentazione teatrale, cioè il periodo in cui entrano in funzione altre corde), la corda, svolta la matassa che si avvoltola sul rullo, ritorna a tendersi e a riprendere il movimento (ritorno del teatrino al punto di partenza). Erone e i trattatisti precedenti erano ben consci della necessità della precisione; un’attenzione estrema è infatti dedicata alla scelta e alla qualità dei materiali, alla composizione e soprattutto alla lunghezza delle corde, che dovevano essere assemblate per via empirica; pertanto, soltanto artigiani esperti e specializzati potevano essere in grado di costruire tali congegni. Del resto, sappiamo che il teatrino era diffuso e usato nelle ricorrenze e nelle feste (specialmente nei matrimoni) come spettacolo atto a suscitare divertimento e meraviglia, e il suo mancato funzionamento avrebbe comportato seri inconvenienti per il malcapitato costruttore. Infine, non deve stupire il fatto che nel trattato di Erone non vi siano misure, se non quelle relative all’ingombro esterno dell’apparato, indicate esplicitamente soltanto in quanto necessarie per evitare sospetti di imbroglio negli spettatori. Considerando ciò che si è detto sulla delimitazione disciplinare della scienza e della tecnica greche, non ci poteva essere rapporto tra l’Erone trattatista degli automi e quello della geometria metrica.