Accertamento, eseguito mediante l’indagine storica o una serie di ragionamenti induttivi, del tempo in cui un fatto è avvenuto.
Viene chiamato d. geologica l’insieme delle ricerche volte a stabilire l’età assoluta delle formazioni rocciose e la durata dei tempi geologici. Esse si fondano su diversi metodi, ciascuno dei quali può coprire un intervallo di tempo più o meno lungo. Alcuni di tali metodi sono anche adottati per datare reperti in paletnologia e in archeologia.
Utile per lo studio del Quaternario a partire dall’ultima glaciazione, fu introdotto, verso la fine del 19 sec., da G. De Geer. Le varve sono sedimenti argillosabbiosi fittamente stratificati, deposti dalle acque di fusione dei ghiacci sul fondo dei laghi temporanei che si formano alla fronte dei ghiacciai in fase di ritiro, o, più raramente, nelle acque calme di una baia marina o di un fiume. In dettaglio si presentano come sottili strati (di spessore variabile da qualche mm a qualche decina di cm), ciascuno dei quali è costituito inferiormente da sabbia e silt (roccia clastica, incoerente, intermedia tra le sabbie e le argille) grossolano, di color chiaro, depositati in estate, e superiormente da argilla fine e scura, depositata in inverno. Questi sedimenti presentano quindi la regolare alternanza di letti sabbiosi, chiari, e argillosi, scuri; ogni coppia corrisponderebbe a un anno. Il metodo di analisi consiste nel conteggio del numero di strati e nella misurazione del loro spessore e della loro estensione assumendo una varva di riferimento definita ‘varva zero’. I risultati vengono riportati in diagrammi che permettono di correlare tra loro le varve di diverse località. Con questo metodo è stato possibile tracciare la storia geologica della Scandinavia a partire da 18.000 anni fa. Esso è stato poi applicato all’America Settentrionale, in cui la durata delle varie fasi di ritiro dell’ultima glaciazione è stata valutata in 26.000 anni.
È basato sul fatto che, se si ammette che la costante solare non sia variata dal lontano passato a oggi, le variazioni climatiche che si sono avute sulla Terra vanno poste in relazione con perturbazioni del suo moto (variazioni dell’inclinazione del piano dell’Equatore sul piano dell’orbita terrestre, dell’inclinazione dell’asse terrestre, dell’eccentricità dell’orbita), che sono periodiche, con periodo noto (dell’ordine delle migliaia di anni). Il metodo consiste nel paragonare la successione dei fenomeni geologici e paleoclimatici del Quaternario (periodi glaciali e interglaciali) con la scala temporale delle variazioni della radiazione ricevuta dalla Terra.
Si basano sul fatto che una sostanza radioattiva decade regolarmente nel tempo, cioè il numero dei suoi atomi si riduce nel tempo con un andamento costante indipendente dalle condizioni chimiche o fisiche a cui può essere stata soggetta la sostanza, fin dalla sua formazione. Nel caso di un minerale contenente A atomi di un isotopo radioattivo e B atomi dell’isotopo stabile finale della disintegrazione dell’isotopo radioattivo anzidetto, quanto più lungo è l’intervallo di tempo t intercorso a partire dalla formazione del minerale tanto maggiore è il rapporto B/A. La relazione che dà il valore di t (detto età del minerale) è:
dove l è l’inverso della vita media dell’isotopo radioattivo, pari a 0,693/t 1/2, essendo t 1/2 il periodo di dimezzamento (➔ radioattività). Poiché, per varie ragioni, t 1/2 deve essere dell’ordine di grandezza del lasso di tempo da misurare, gli isotopi che interessano la geocronologia devono avere un tempo di dimezzamento compreso tra il migliaio di anni (per lo studio di eventi archeologici e di geologia recente) e il centinaio di milioni di anni (per rocce antiche e per l’età della Terra). Ammesso che gli atomi radioattivi A e stabili B siano quantitativamente separati al momento della formazione del minerale e che il minerale sia rimasto un sistema chimico isolato nel tempo successivo alla sua formazione, si può ottenere un’età assoluta del minerale nei limiti dell’errore riguardante le analisi chimiche e isotopiche di A, di B e di t 1/2. Nelle migliori condizioni la determinazione di età può comportare l’errore relativo di alcune unità per cento anche per rocce di migliaia di milioni di anni.
Le prime determinazioni di età basate sulla radioattività furono effettuate tra il 1900 e il 1938; durante questo periodo il lavoro fu ristretto essenzialmente alla misurazione di rapporti U/Pb nei minerali di uranio. I risultati permisero di stabilire soltanto l’ordine di grandezza della scala geologica. Essi presentavano infatti incertezze dovute ai metodi analitici non ancora messi a punto, a un’inadeguata conoscenza dei fenomeni nucleari e alla mancanza di criteri soddisfacenti per identificare l’alterazione chimica dei minerali. La moderna geocronologia isotopica iniziò con le prime misurazioni precise degli isotopi del piombo, effettuate su minerali di uranio e di piombo da A.O. Nier e collaboratori nel 1939. Lo sviluppo delle tecniche e dei procedimenti analitici, nonché la possibilità di ottenere precise misure delle composizioni isotopiche, resero possibili la scoperta e l’applicazione di un gran numero di metodi radioattivi (v. tab. e fig.): di questi, quelli basati sui rapporti U/Pb, Rb/Sr, K/Ar e sul contenuto di 14C forniscono i risultati migliori e hanno permesso la costruzione di una storia geologica assoluta per molte zone del mondo.
Il metodo del carbonio-14 è il metodo più efficace in nostro possesso per datazioni di dettaglio riferite a eventi del Quaternario recente, sia geologici (glaciazione würmiana e postglaciale) sia paletnologici; e come tale risulta di grande utilità anche in archeologia, per la datazione di reperti delle età preistoriche o protostoriche.
Il metodo si basa essenzialmente sulla constatazione che un organismo vivente differisce per l’attività in 14C da un organismo che è stato allontanato dal ciclo vitale. L’isotopo radioattivo del carbonio, 14C, si forma nell’alta atmosfera per reazione nucleare dell’azoto atmosferico con i neutroni prodotti dalla radiazione cosmica primaria. Esso è β-radioattivo e decade in ossigeno. Una volta formatosi rimane per breve tempo allo stato atomico; viene ossidato, infatti, dall’ossigeno atmosferico dando luogo a CO2 radioattiva, che si mescola alla CO2 ordinaria, quindi viene con essa a far parte, attraverso la fotosintesi clorofilliana, delle sostanze organiche che costituiscono la materia vivente di piante e di animali. Finché un organismo è vivente, esiste uno scambio continuo di CO2 tra l’organismo stesso e l’atmosfera; mediante questo scambio il 14C permane in equilibrio fra atmosfera e organismo, durante tutto il ciclo vitale di quest’ultimo. Ma, alla morte di un organismo, si arresta lo scambio con la CO2 atmosferica e, di conseguenza, cessa il rifornimento in 14C. Da questo momento nei resti dell’organismo il tenore in 14C comincia a decrescere, a causa del decadimento radioattivo. È così possibile rilevare l’età dei resti di organismi confrontando l’attività in 14C dei resti stessi con quella di organismi attualmente viventi. Si prestano quindi come materiali per datazione tutti quei resti di organismi animali, e vegetali, che presentino ancora un contenuto misurabile di 14C. Con questo metodo di misurazione si possono calcolare età sino a un massimo di circa 50.000-100.000 anni dal presente. Questo limite è imposto da vari fattori, e precisamente dalla bassa concentrazione di 14C nei materiali naturali dal relativamente breve tempo di dimezzamento (5568 anni), dalla sensibilità dei dispositivi di misurazione impiegati. D’altra parte numerosi, e dovuti a varie cause, sono gli errori che possono verificarsi nell’applicazione del metodo; alcuni di essi derivano da alterazioni del tenore naturale del 14C dovute a fattori antropo-geochimici, altri da contaminazioni di varia natura cui possono andare soggetti i materiali da datare, altri infine dipendono dai dispositivi sperimentali.
Collegati con i metodi radioattivi menzionati sono quelli basati sugli stati di disequilibrio radioattivo e sullo studio dei danni da radiazioni, ossia dei danni provocati dalle disintegrazioni radioattive alle strutture dei minerali che ospitano nuclidi radioattivi.
Stabilire la cronologia di un insediamento, di una sequenza stratigrafica, di un manufatto consente di disporre gli eventi nelle loro reciproche relazioni e di valutare la durata di alcuni fenomeni storici, la velocità delle trasformazioni che si sono susseguite e la loro eventuale simultaneità nelle diverse regioni del mondo. La cronologia relativa è il punto di partenza per il raggiungimento di d. assolute. Essa è possibile grazie all’indagine stratigrafica, che permette di stabilire una sequenza: l’unità stratigrafica più antica è coperta da quella più recente e quest’ultima da quella più recente ancora. Attraverso la constatazione della variabilità nel corso del tempo della forma dei reperti presenti al loro interno (metodo cronotipologico), è possibile desumere l’età di formazione dei singoli strati e calare quindi la cronologia relativa in una cronologia assoluta. Qualunque oggetto presente in uno strato indica la data dopo la quale (terminus post quem) deve essersi necessariamente formato il contesto che lo contiene. Analogamente, anche la data prima della quale (terminus ante quem) debba porsi la formazione dello strato che si sta esaminando è indicata dalla cronologia dell’unità stratigrafica immediatamente successiva. Grazie ai collegamenti che si possono istituire con le cronologie assolute indicate da fonti documentarie scritte (testi letterari, documenti d’archivio, iscrizioni), è possibile datare singole attività archeologiche o anche fenomeni insediativi più complessi. Il riconoscimento di contesti datati su basi storiche e la costruzione di tipologie e di seriazioni attendibili sono pertanto alla base del metodo della d. incrociata: se manufatti già noti e datati compaiono con forme, decorazioni e tecniche uguali in un altro contesto archeologico, quest’ultimo può a sua volta fornire eccellente materiale comparativo.
Le procedure tradizionalmente applicate per la d. archeologica hanno consentito l’apprestamento di complessi schemi di cronologie comparate, ma non hanno retto il confronto con le d. raggiunte con l’introduzione di nuovi sistemi basati su analisi naturalistiche e fisico-chimiche, in particolare sui metodi del radiocarbonio e soprattutto della dendrocronologia, uno degli strumenti più sensibili e precisi per la determinazione delle cronologie assolute dei manufatti e dei contesti delle età protostorica e storica.