Metallo nobile, lucente, di caratteristico colore giallo, che per la sua duttilità e malleabilità, oltre che per la sua rarità, è considerato tra i metalli più preziosi.
Elemento chimico di simbolo Au, numero atomico 79, peso atomico 197,0; in natura esiste solo l’isotopo con numero di massa 197.
L’o. è largamente distribuito in natura: l’o. nativo è più o meno argentifero e si presenta raramente in cristalli isolati, più spesso in aggruppamenti dendritici oppure in scagliette, granuli e masserelle arrotondate per rotolamento, di dimensioni varie e talvolta anche notevoli (pepite).
I giacimenti auriferi si distinguono in primari e secondari. Quelli primari sono di origine idrotermale e sono presenti entro rocce eruttive acide. Il metallo è generalmente associato a solfuri vari (pirite, calcopirite, arsenopirite ecc.), o contenuto in essi in stato di grande dispersione, che costituiscono vene e filoni a ganga quarzosa (quarzo aurifero, pirite aurifera). Giacimenti di questo tipo, per quanto non molto ricchi, sono presenti in Italia sulle Alpi; al contrario importantissimi sono i giacimenti canadesi, quelli brasiliani e quelli del;l’Australia occidentale; altri giacimenti primari sono inoltre quelli statunitensi del Colorado e della California, dell’Australia orientale, della Nuova Zelanda, del Giappone, della Siberia e in Europa quelli della Transilvania. I giacimenti secondari sono di origine alluvionale e derivano dall’erosione di quelli primari. I materiali sono generalmente costituiti da conglomerati quarziferi e da sabbie sciolte che vengono trasportati e concentrati dalle correnti fluviali; il metallo che viene estratto si presenta generalmente in pagliuzze o in frammenti più grandi, di diversa dimensione e massa (fino anche a un massimo di 100 kg), che si presentano arrotondati a seguito del trasporto subito (pepite). I più importanti giacimenti alluvionali sono quelli sudafricani del Withwatersrand; altri sono presenti in America Settentrionale (Alaska, California), Russia (Urali e Siberia), Brasile, Australia, Messico e Colombia. In Italia sono scarsamente aurifere le alluvioni del Po, delle due Dore, della Sesia, del Ticino, del Serio ecc.
Le sabbie aurifere hanno perduto sempre più importanza come fonte di o.: solo il 10-15% dell’o. proviene da tali sabbie; la maggior parte invece si ottiene da giacimenti rocciosi. Si coltivano miniere che contengono solo qualche grammo di o. per t di roccia; queste miniere sono di solito molto profonde: negli USA oltre 2000 m, in India circa 3000 m, in Sudafrica anche 4300 m; nel Nevada si hanno miniere a cielo aperto. Una parte notevole dell’o. si ottiene come sottoprodotto nella lavorazione di altri metalli (piombo, zinco, rame, nichel) o di metalli nobili (argento, platino). L’acqua del mare, che contiene o. in concentrazioni variabili da 0,001 a 0,01 mg per m3 di acqua, costituisce il maggiore deposito di o.; si calcola infatti che gli oceani contengano in soluzione circa 70 milioni di t di metallo, la cui estrazione non è tuttavia ancora uscita dallo stadio di ricerca.
L’o. fonde a 1063 °C e bolle a 2600 °C; la sua densità è 19,3 g/cm3. È un metallo assai stabile, estremamente malleabile per cui può essere ridotto in fogli sottili di spessore inferiore al micron; è anche molto duttile e si può ridurre in fili dell’ordine di 1 mg/m. All’aria o in atmosfera di ossigeno non si ossida, non viene attaccato dagli acidi cloridrico, nitrico, solforico, bromidrico, iodidrico, fluoridrico. Si scioglie invece rapidamente in acqua regia, è attaccato dall’acido tellurico in presenza di acido solforico, dall’acido selenico al disopra di 230 °C. Il cloro, il bromo, lo iodio attaccano l’o. in modo più o meno rapido; il fluoro agisce soltanto al calor rosso; l’acido cianidrico e i cianuri alcalini lo sciolgono con facilità in presenza di ossidanti. La determinazione analitica dell’o. avviene per via gravimetrica pesandolo come metallo o come solfuro.
L’o. si estrae per amalgamazione, per clorurazione e per cianurazione.
Nel caso di sabbie aurifere le sabbie vengono rimosse con potenti getti di acqua e la torbida così formata è convogliata in canalizzazioni di legno munite di pozzetti di raccolta, distribuiti a varie distanze, nei quali si raccolgono le particelle di o. più grosse; per trattenere le particelle minute la torbida viene fatta passare su lastre di rame amalgamato, sulle quali l’o. è fissato dal mercurio. Se la roccia aurifera è coerente essa viene dapprima frantumata e quindi polverizzata in mulini a pestelli; la polvere aurifera ottenuta viene sospesa in acqua e la torbida convogliata su lastre di rame amalgamato. Dall’amalgama si recupera l’o. distillando il mercurio. Con il processo di amalgamazione si recupera soltanto l’o. ‘libero’ e non quello inglobato nei minerali della roccia.
Nel procedimento di clorurazione, quasi del tutto abbandonato, il residuo dell’amalgamazione viene trattato con cloro e cloruro di sodio: dal cloroaurato di sodio così ottenuto si ricava l’o. metallico mediante processi di riduzione (con solfato ferroso, con idrogeno solforato e successiva fusione alcalina o arrostimento). Migliori risultati si ottengono con il processo di cianurazione, impiegato sia in unione a quello di amalgamazione sia come processo a sé. Esso è adatto per tutti i minerali di o. e richiede soltanto una grande finezza di macinazione. L’o. metallico, finemente suddiviso, viene disciolto, in presenza di aria, da una soluzione acquosa di cianuro di sodio per dare aurocianuro sodico, secondo lo schema:
L’acqua ossigenata che si forma contribuisce a solubilizzare una nuova quantità di oro. Dalla soluzione di aurocianuro sodico ottenuta, l’o. viene fatto precipitare portando la soluzione in contatto con trucioli di zinco; il prodotto ottenuto, costituito prevalentemente da polvere d’o., viene poi purificato per lavaggio acido.
Dall’o. grezzo, ottenuto con uno dei metodi descritti, si ricava il metallo puro mediante raffinazione elettrolitica. I processi adottati a questo scopo variano anche in relazione al tenore di argento presente nell’oro. Se questo è presente in quantità modeste si può eseguire direttamente l’elettrolisi in bagno di tricloruro d’o. (80-100 g/litro) contenente acido cloridrico libero (10%), e impiegare come anodi il prodotto impuro e come catodi lastre d’o. purissimo: in tali condizioni, l’argento si accumula sul fondo della cella allo stato di cloruro d’argento insolubile e di qui viene rimosso di tanto in tanto. Quando invece il tenore in argento dell’o. grezzo è elevato, si preferisce depositare catodicamente l’argento usando un bagno contenente un elettrolita neutro (costituito in genere da una miscela dei nitrati di argento e rame) e separare l’o. allo stato di fango anodico. Quest’ultimo viene poi ulteriormente purificato, specie dall’argento, con il sistema di raffinazione elettrolitica precedentemente descritto. Si ricorda da ultimo che una notevole percentuale della produzione mondiale di o. deriva dal trattamento dei sottoprodotti della metallurgia del rame, nichel e piombo.
L’o. si comporta sia da monovalente dando i composti aurosi, sia da trivalente dando i composti aurici (➔ aurico); ha una forte tendenza a dare sali complessi. I composti più importanti sono il tricloruro e il cianuro; il primo è impiegato nella preparazione di alcuni complessi (cloroaurato di potassio, di sodio) usati in fotografia e in medicina, il secondo costituisce l’elettrolita dei bagni per la doratura galvanica.
Poiché l’o. è un metallo molto tenero, non s’impiega quasi mai allo stato puro ma in lega con altri metalli, in particolare rame e argento che lo rendono più duro. L’o. e l’argento sono completamente miscibili allo stato liquido e allo stato solido in tutti i rapporti dando leghe a punto di fusione intermedio fra quelle dei due metalli e di colore variabile dal giallo al verde al crescere della percentuale dell’argento; tali leghe sono tenere, duttili e malleabili. Più frequentemente in oreficeria si usa una lega formata da 750 parti (in massa) di o. e da 250 di argento (o. verde acqua) e una col rapporto 700/300 (o. foglia morta). Le leghe ternarie di o. con argento e rame sono malleabili, più dure dell’o., e hanno colore variabile dal giallo al rosso al bianco (o. roseo, o. inglese bianco ecc.). Sotto il nome di o. bianco in oreficeria si usano diverse leghe contenenti o., palladio, argento, nichel, zinco ecc. Col ferro l’o. forma leghe usate in oreficeria sotto il nome di o. grigio (15-20% di ferro) e di o. azzurro (25% e più di ferro).
In oreficeria il titolo delle leghe in o. viene espresso normalmente in carati, attribuendo all’o. puro 24 carati; le leghe per oreficeria sono per lo più a 8, 9, 10, 14, 18 carati, cioè contengono 8/24, 9/24, 10/24, 14/24, 18/24 in massa di o., la parte restante è costituita da rame e da argento e da piccole quantità di zinco che serve a migliorare la lavorabilità. Oggi si preferisce esprimere il titolo in o. di una lega in millesimi invece che in carati: l’o. puro ha un titolo di 1000 millesimi corrispondenti a 24 carati, l’oro a 18 carati corrisponde a 750 millesimi. O. a 22 carati, ridotto in fogli sottili, viene impiegato per decorazioni; leghe di o. e platino, di o. e palladio sono talora impiegate per il rivestimento di apparecchiature chimiche onde renderle inattaccabili; le filiere per la filatura di alcune fibre sintetiche sono fatte con leghe di o. e di platino. Con o. si fabbricano contatti elettrici, in particolare nei casi in cui la pressione di contatto è molto leggera. Strati di o. molto sottili si ottengono per evaporazione; con tale processo si realizzano gli elettrodi dei piezocristalli, diaframmi di microfoni ecc. L’o. è anche impiegato in galvanotecnica sia per scopi decorativi sia per rendere gli oggetti resistenti alla corrosione. Leghe di o., platino e palladio sono utilizzate in odontoiatria per otturazioni e protesi.
Per la sua proprietà intrinseca l’o. ha da sempre rivestito un ruolo privilegiato come mezzo di pagamento (➔ moneta), tanto da fungere da garante delle principali monete (sistema gold bullion standard), di fatto fino al 1971, quando cessò la convertibilità dollaro-oro. Da allora il prezzo dell’o. è lasciato alla libera determinazione del mercato. Tradizionalmente le banche centrali possiedono ancora oggi riserve auree a garanzia del valore delle proprie valute, ma la massa detenuta rappresenta solo una piccola percentuale dello stock monetario in circolazione e quindi di fatto non è in grado di assicurare alcuna contropartita in caso di panico monetario, come nel caso di eventi traumatici quali guerre o rivoluzioni. L’o. è considerato bene rifugio per eccellenza ogni volta che i mercati finanziari subiscono delle perdite.
Il prezzo dell’o. è battuto su appositi mercati interna;zionali (commodities), anche se la Borsa di Londra dal 1919 ne stabilisce un prezzo di riferimento (fixing di Londra). Le crisi valutarie e borsistiche alimentano il processo speculativo sull’o., spingendone in alto il prezzo e stabilendo sempre nuovi record.
I principali produttori di o. sono Sud;africa, Cina, USA, Australia, Russia e Perù. Le riserve mondiali sono stimate in circa 100.000 t, di cui quasi il 50% nella Repubblica Sudafricana.
L’impiego di sali d’o. nel trattamento di alcune patologie disreattive (oroterapia) è importante in corso di artrite reumatoide quando la somministrazione è attuata precocemente, prima che le alterazioni a carico delle strutture articolari abbiano causato un danno irreversibile.
Rosa d’o. Prezioso oggetto simbolico che veniva offerto annualmente dal Papa come segno onorifico a chiese o a personaggi insigni. È generalmente a forma di tralcio di rose in oro o argento dorato montato su un supporto e il fiore centrale reca tra i petali una piccola teca con il S. Crisma e balsami profumati. Le prime notizie sulla rosa d’o. risalgono alla metà dell’11° secolo. Dopo il 1759 venne riservata quasi solo a sovrane, con qualche eccezione (per es., nel 1965 fu inviata da Paolo VI al santuario di Fatima).