Sfera di gomma piena o vuota, o di cuoio con camera d’aria, di dimensioni e peso diversi (v. fig.) a seconda che venga giocata con il piede (in questo caso il termine si alterna con pallone), con le mani o con particolari strumenti (mazza, bracciale, racchetta ecc.).
L’invenzione del gioco della p. fu dagli antichi attribuita ora ai Lidi, ora ai Corciresi, ora ai Sicioni o agli Spartani, forse perché esso, di carattere universale, era specialmente in uso presso quei popoli. Fu particolarmente amato in Grecia, come si desume dal libro VI dell’Odissea (gioco di Nausicaa con le compagne), che rappresenta il più antico ricordo che se ne abbia. Abbondano però altre testimonianze letterarie, le quali rivelano la passione che per il gioco della p. ebbero uomini eminenti come Sofocle, Dionisio il Vecchio, Alessandro Magno ecc. I monumenti dell’arte figurata, a cominciare dal rilievo di una base attica del 5° sec. a.C., dimostrano, insieme con alcune pitture vascolari, l’interesse che gli artisti ateniesi ebbero per la grazia dei movimenti che questo gioco metteva in evidenza.
I Romani, pur considerandolo di origine greca, praticarono anch’essi con passione il gioco della p., mentre i medici, fra cui lo stesso Galeno, lo raccomandavano come esercizio igienico. Si usava infatti giocare alla p. prima del bagno, e alcune iscrizioni ci parlano di locali, generalmente chiusi (sphaeristeria), che si trovavano nei ginnasi, nelle terme, oppure nelle ville private e che erano riservati a questo gioco.
I diversi tipi di p. usati dagli antichi erano l’harpastum (di piccole dimensioni, forse corrispondente alla pila arenaria dei Latini); la paganica (di grandezza media e riempita di piume); la pila trigonalis; il follis (diminutivo folliculus), che era un pallone riempito d’aria. Qualche iscrizione parla anche di p. vitreae. Non ci è giunto il trattato sulla sferistica dello spartano Timocrate di cui parla Ateneo, ma di alcuni particolari sugli antichi giochi siamo informati dai lessicografi. Un gioco isolato (apòrraxis) consisteva nel lanciare la p. a terra o contro la parete e prenderla al rimbalzo; un altro (uranìa) consisteva nel mandare la p. più in alto che si poteva. Talora si giocava in due, rimandando la p. o riprendendola al volo (ludere expulsim o raptim). Più persone prendevano parte al gioco della trigona, in cui i giocatori si disponevano a triangolo, e a quello della phaeninda (o pheninda), che sembra si giocasse con una p. piccola e dura. Vere ‘sferomachie’, combattute da squadre, erano l’epìskyros, in cui i giocatori si dividevano in due campi delimitati da linee (e che è stato da taluno paragonato all’odierno rugby), e l’harpastum, in cui si cercava di far passare la p. attraverso una folla di concorrenti, gioco che i Romani chiamarono pulverulentum per il polverone che si sollevava durante lo svolgimento della tumultuosa gara.
Nell’Alto Medioevo i giochi con la p. furono indubbiamente assai trascurati, e solo qualche traccia ci rimane (affermazioni di singoli scrittori, non documenti precisi) dei certami che in Inghilterra si sarebbero svolti sino dal 9° sec. tra i giocatori di opposti partiti. Maggiori particolari abbiamo sul gioco della soule, certo uno dei più antichi, praticato già prima del 14° sec. in Piccardia e giocato, specie in occasione di feste, da due schiere di avversari, con una p. pesante riempita di paglia o di crine in un campo di circa 300 m di lunghezza. Scopo del gioco era l’attraversare con la p. dei cerchi di carta retti da pali. Uno dei più tipici giochi francesi a partire dal 14° sec. fu la paume (jeu de paume, la pallacorda), che divenne, attraverso successive modifiche ed elaborazioni, l’attuale tennis, ma che in talune regioni di Francia si gioca ancora nella sua forma originaria.
Verso la fine del 15° sec. sorse in Italia il gioco del calcio, che per tutto il Rinascimento, specialmente a Firenze, godette di grande fortuna e che si può considerare l’antecedente (sebbene le regole siano mutate in seguito in modo sensibile) del gioco sportivo attuale, di prossima origine inglese. Altro gioco con la p., molto usato nel Medioevo e oltre, fu quello detto della pallamaglio, che si eseguiva con una specie di maglio di legno e una piccola sfera pure di legno; da esso provengono i giochi moderni del cricket, del croquet e del golf. Accanto a questi giochi, regolati da norme più o meno precise, si ebbero naturalmente svariatissimi altri analoghi tipi di passatempi infantili, che ancor oggi sussistono con poche o nessuna modificazione.
Lo studio del moto della p. da biliardo è un classico problema di dinamica dei corpi rigidi, la cui risoluzione dà una spiegazione teorica di talune modalità con cui può presentarsi il moto stesso. La p. viene schematizzata in una sfera rigida, omogenea, pesante, il tavolo del biliardo in un piano rigido orizzontale, scabro. Si ottiene che: a) Inizialmente è nulla la velocità di strisciamento e si trascura l’attrito volvente; il moto successivo non può che essere un moto di puro rotolamento, cui corrispondono una velocità angolare costante della sfera e generalmente un moto rettilineo uniforme del suo centro in direzione parallela al piano d’appoggio e ortogonale alla velocità angolare suddetta; l’attrito radente risulta identicamente nullo. L’indefinita prosecuzione del moto di puro rotolamento è subordinata in modo essenziale al fatto che si trascura l’attrito volvente: ove se ne tenga conto, si trova che, come effettivamente avviene, il moto si estingue in un tempo finito. b) Se inizialmente la velocità di strisciamento non è nulla, all’istante iniziale segue in ogni caso una fase di strisciamento durante la quale il moto del centro G della sfera si svolge con accelerazione costante. La fase di strisciamento ha termine all’istante t*=2ω0/(7fg), essendo ω0 il valore iniziale delle velocità di strisciamento, f il coefficiente di attrito dinamico, g l’accelerazione di gravità. Alla fase di strisciamento può seguire, secondo quanto detto, soltanto una fase di puro rotolamento, durante la quale il centro della sfera si muove di moto rettilineo uniforme con la velocità v* acquisita all’istante t*; può accadere che v* formi con ω* un angolo ottuso: se ciò si verifica si ha, per così dire, un ritorno indietro della p., fatto ben noto ai giocatori di biliardo.
Lo studio del moto della p. sportiva in sport quali calcio, pallavolo, pallacanestro, tennis, tennis da tavolo, golf ecc. è più complesso, dovendosi tenere conto della forza di gravità, della resistenza dell’aria, del rimbalzo al suolo, dell’eventuale vento, di portanze o deportanze dovute alla rotazione della p. ecc. Trascurandosi ogni altra forza eccetto la gravità (il peso) la traiettoria della p. è parabolica e giace in un piano verticale. La resistenza dell’aria riduce in generale la gittata e rende asimmetrica la traiettoria rispetto al vertice (la fase discendente essendo più ripida di quella ascendente); l’effetto, tanto più marcato quanto più grande è il rapporto fra forza resistente e peso, è per es. vistosissimo nel tennis da tavolo o nel badmington, marginale nella pallacanestro, intermedio negli altri casi. La componente del vento nella direzione iniziale del moto allunga o accorcia la traiettoria, mentre la componente trasversale la devia.
Effetti importanti sono associati (come noto agli sportivi) alla rotazione della p. (gergalmente taglio), per effetto Magnus. La rotazione attorno a un asse verticale causa la deflessione verso destra o sinistra a seconda che essa avvenga in verso orario o antiorario; si tratta del fenomeno sfruttato, per esempio nel calcio, per aggirare una barriera. La rotazione attorno a un asse orizzontale provoca deportanza o portanza: la rotazione in avanti (top spin) causa deportanza soprattutto nella fase discendente della traiettoria, portando a una più brusca caduta della p.; la rotazione all’indietro (back spin) è sfruttata invece in modo notevole nel golf per generare portanza allungando i colpi di avvicinamento alla buca. Ulteriore effetto della rotazione è la stabilizzazione per effetto giroscopico (che tende a mantenere invariato l’asse di rotazione); un esempio notevole è dato dal lancio della p. ovale del rugby: per rendere il passaggio più veloce e facilitare la presa si lancia la p. in modo che l’asse maggiore sia approssimativamente parallelo al suolo e le si imprime un moto rotatorio attorno al suddetto asse. Il rimbalzo della p. al suolo è fenomeno complesso, che dipende dalla cinematica del moto della p., ma anche dalle proprietà della p. stessa (dimensioni, forma, elasticità) e del suolo.
P. d’artiglieria Nell’artiglieria, p. è la denominazione tradizionale dei proietti sferici lanciati dalle antiche artiglierie ad anima liscia, e che è rimasta fino a pochi anni fa a designare (impropriamente) un tipo di proiettile oblungo, lanciato da artiglierie ad anima rigata, caratterizzato da particolari attitudini perforanti: oggi è più propriamente chiamato proiettile perforante o granata perforante se, oltre a essere perforante, è anche esplodente. Le p. lanciate dalle bombarde dei sec. 14° e 15° furono sfere di pietra, grossolanamente tornite; i ‘cannoni’ dei sec. 16° e 17° lanciavano p. di ferro o di ghisa, ma fino a tutto il 17° sec. p. di pietra continuarono a essere lanciate dai grossi mortai che appunto per questo si chiamarono petrieri. Nel 18° sec. si diffuse l’uso, negli obici e mortai, di p. cave, fuse in ghisa, con una carica interna di polvere nera e una rudimentale spoletta a miccia, che si chiamarono bombe.