Strumento mediante il quale si misura la temperatura di un corpo.
I primi tentativi di valutare la temperatura mediante l’utilizzazione di strumenti appositamente realizzati risalgono alla fine del 16° sec. (il termoscopio di Galilei è del 1592); bisogna però arrivare agli inizi del 18° sec. perché la termometria possa sfruttare compiutamente i notevoli progressi ottenuti nello studio dei fenomeni termici, principalmente per merito di D.G. Fahrenheit e G. Amontons. Il primo realizzò (1714) il t. a mercurio e, soprattutto, sviluppò un metodo pratico per costruire una scala empirica di temperatura collegata all’esistenza di punti fissi. Questo tipo di indagine, avvalendosi dei contributi di R.A. de Réaumur (1734) e di A. Celsius (1742), avrebbe portato alla realizzazione di scale di temperatura sempre più raffinate, che tanta importanza ebbero nello sviluppo della termologia. Merito di Amontons è di aver realizzato (1699) il primo t. a gas a volume costante e di aver così aperto quel filone di ricerca sul comportamento termico dei gas sortito, più di un secolo dopo, nelle leggi dei gas perfetti. Nel 19° sec. entrambe queste linee di indagine trovarono la loro completa formalizzazione. La prima attraverso la termometria elettrica, con i lavori di H.L. Callendar e H. Le Chatelier, fino all’adozione di una scala internazionale di temperatura (1927); la seconda, con i lavori di J.A. Charles, J. Dalton, J.-L. Gay-Lussac, H.-V. Regnault, attraverso il riconoscimento delle particolari proprietà di un gas perfetto come sostanza termometrica e di qui al riconoscimento dell’esistenza di una scala di temperatura indipendente dal sistema termometrico (temperatura assoluta). La scala assoluta venne fatta coincidere con la scala termodinamica proposta da lord Kelvin nel periodo 1848-54: da ciò derivò il progressivo perfezionamento di t. campione a gas e la realizzazione, nella prima metà del 20° sec., di altri t. (a radiazione, a rumore ecc.) per la misura della temperatura termodinamica. Il 20° sec. ha visto anche l’ulteriore sviluppo di t. di tipo elettrico (termistori) e di tipo ottico.
Poiché la temperatura è una grandezza intensiva e non è possibile costruire un campione che possa essere utilizzato come unità di misura, è necessario stabilire un insieme di regole per poter assegnare valori numerici differenti a stati termici di uno stesso sistema termodinamico, caratterizzati da temperature differenti. In altre parole, si deve stabilire una scala di temperatura. Questo può essere fatto in due modi differenti, che conducono rispettivamente alle scale empiriche e alla scala termodinamica. Una scala empirica viene costruita scegliendo: a) una particolare sostanza (sostanza termometrica); b) una proprietà A di questa sostanza (proprietà termometrica); c) una relazione, possibilmente lineare, che colleghi la temperatura alla proprietà termometrica; d) assegnando valori numerici della temperatura a certi particolari stati termodinamici della sostanza termometrica. Di conseguenza, la determinazione della temperatura si avvale di un’equazione della forma:
dove A è la proprietà della sostanza termometrica e t1, t0 sono le temperature assegnate agli stati termodinamici di riferimento, rispettivamente A1 e A0. Nelle scale empiriche vengono scelti come punti fissi la temperatura del ghiaccio fondente e la temperatura di ebollizione dell’acqua, a pressione normale. I differenti valori numerici assegnati a queste temperature (0 e 100, 0 e 80, 32 e 212) danno luogo (rispettivamente) alle scale empiriche Celsius (detta in passato anche scala centigrada), Réaumur e Fahrenheit. La conversione da una scala all’altra è immediata: t[°C]=5/4 t[°R]=5/9 (t[°F] −32). Per es., la temperatura t nella scala Celsius è definita dalla relazione:
dove gli indici 0 e 100 indicano lo stato termico al quale la grandezza A è stata misurata. La temperatura definita dalla [1] presenta però l’inconveniente di dipendere sia dalla sostanza termometrica, sia dalla particolare proprietà termometrica utilizzata. Questa difficoltà viene superata introducendo una scala di temperatura del gas perfetto, in cui la proprietà termometrica è definita come At=lim(pV)t per p→0, cioè, a una data temperatura, il prodotto della pressione p per il volume V nel limite p→0. Dalla [2] segue:
dove α=100 A0/(A100−A0) è, per tutti i gas perfetti, una costante pari a 273,15 °C. È allora anche evidente l’utilità di una scala di temperatura (scala assoluta) definita come
in modo da mantenere una proporzionalità diretta tra la temperatura assoluta e la funzione termometrica At. La scala assoluta è stata anche chiamata scala Kelvin o scala Rankine a seconda che sia stata ottenuta dalla scala Celsius (come precedentemente riportato) o dalla scala Fahrenheit (nel qual caso il grado Rankine coincide con il grado Fahrenheit).
La scala termodinamica, conseguenza del secondo principio della termodinamica, è basata sul fatto che il rapporto fra le quantità di calore scambiate in un ciclo di Carnot è indipendente dal particolare ciclo di Carnot considerato e dal fluido che lo descrive, dipendendo soltanto dalle temperature delle due isoterme alle quali avvengono gli scambi di calore, cioè:
L’introduzione della temperatura termodinamica definita dalla [5] sarebbe di per sé di scarso interesse pratico; è però possibile, considerando una macchina termica funzionante secondo un ciclo di Carnot reversibile e utilizzante come fluido un gas perfetto, calcolare il rapporto tra i calori Q1 e Q2 scambiati alle temperature ϑ1 e ϑ2. Si può dimostrare che:
Ciò significa che fra le due scale termometriche, assoluta e termodinamica, sussiste una proporzionalità, cioè che:
Nulla vieta di porre T=ϑ, cioè di porre uguale a 1 il rapporto di cui sopra. Pertanto la temperatura termodinamica può essere misurata mediante un t. a gas perfetto. Mentre la temperatura assoluta è una temperatura empirica che fa riferimento a due punti convenzionali, la temperatura termodinamica necessita di un solo punto convenzionale che, per la coincidenza con la temperatura assoluta, viene stabilito assegnando al punto triplo dell’acqua il valore T0=273,16; ciò significa che l’unità di temperatura, il kelvin, è pari a 1/273,16 la temperatura del punto triplo dell’acqua. Ricordando le leggi valide per i gas perfetti, la temperatura termodinamica risulta definita dalle:
in cui si considerano variazioni di pressione p a volume costante V e viceversa. Ricordando ancora che il comportamento di un gas reale è tanto più vicino a quello di un gas perfetto quanto più il gas stesso è rarefatto, e tenendo presente quanto detto precedentemente sulla misura della temperatura termodinamica mediante un t. a gas perfetto, è completamente individuato, da un punto di vista sia concettuale sia pratico, lo strumento che consente di definire la scala termodinamica delle temperature. Il t. a gas perfetto è un t. primario, cioè un t. funzionante in base a una ben definita equazione di stato. Il t. a gas di questo tipo può essere a volume V costante, a pressione p costante, a pV costante. I gas più usati sono l’elio, in primo luogo, e l’idrogeno. Altri t. primari utilizzabili per definire la scala termodinamica (e per controllare gli errori del t. a gas) sono il t. acustico, il t. a radiazione, il t. a rumore. La base per realizzare una scala di temperatura che abbia le proprietà della scala termodinamica è fornita dalla termodinamica dei gas.
Le difficoltà connesse con l’impiego di una scala termometrica legata alla temperatura termodinamica hanno suggerito l’introduzione di una scala empirica, detta scala internazionale, basata sulla scelta di un certo numero di punti fissi di riferimento, facilmente riproducibili con grande esattezza. Questa scala, adottata dalla VII Conferenza internazionale di pesi e misure nel 1927, ha subito, nel corso degli anni, numerose revisioni, che hanno portato, nel 1990, ad assegnare nell’intervallo 3-1400 K ben 17 punti fissi (STI-90: ➔ temperatura); mentre i punti fissi della STI-90 sono determinati mediante t. a gas (o mediante altro t. primario), le temperature della scala internazionale sono quelle rilevate mediante t. campione non necessariamente primari. Più precisamente, i t. campione utilizzati sono: il t. a tensione di vapore di elio tra 0,5 K e 5 K; il t. a gas, a volume costante tra 3 K e 24,6 K; il t. a resistenza di platino tra 13,8 K e 1234,93 K (961,78 °C); il t. a radiazione al di sopra della temperatura precedente. Gli scostamenti tra la temperatura termodinamica e quella internazionale sono inferiori a 1 mK.
La sensibilità di un t. è misurata dalla più piccola variazione di temperatura che lo strumento è in grado di misurare; in pratica corrisponde al più piccolo intervallo di scala.
La precisione è misurata dalla differenza tra la temperatura indicata e la temperatura effettiva; in genere i t. di media e di grande qualità sono assoggettati a una taratura individuale per il tracciamento di una scala più accurata possibile, ma tale iniziale condizione è soggetta a non mantenersi nel tempo, soprattutto per deformazioni permanenti della scala e di altre parti componenti, cosicché i t. di precisione necessitano di frequenti controlli con termostati a punto fisso o, per confronto, con t. campione a gas.
Il campo di misura è l’intervallo di temperature entro il quale il t. può operare, in genere coincidente con quello indicato nella scala di lettura.
La prontezza è misurata dall’intervallo di tempo necessario perché il t. si porti in equilibrio termico con il corpo in esame. Se un t., a temperatura T0, è posto a contatto all’istante t=0 con un corpo a temperatura T1, la temperatura T indicata dal t. varia nel tempo secondo la relazione: T−T1=(T0−T1)exp(−t/τ), dove τ è la costante di tempo del t.; teoricamente il t. indicherebbe la temperatura T del corpo dopo un tempo t infinito, ma in pratica ciò avviene sensibilmente dopo un intervallo di tempo pari a 4-6 volte τ, per cui quest’ultima grandezza può essere assunta a misura della prontezza di un termometro.
La finezza è la proprietà di un t. di non modificare la temperatura in esame; è tanto più elevata quanto più piccola è la capacità termica dell’elemento sensibile del t. rispetto a quella del corpo o dell’ambiente in cui si effettua la misura; i t. più fini sono quelli elettrici.
Un primo criterio di classificazione è quello che suddivide i t. in t. primari e t. secondari; i primi, come accennato, sono quelli che basano il loro funzionamento su un’equazione di stato in cui compare la temperatura; forniscono pertanto una misura diretta della temperatura e sono utilizzati soprattutto per misure di temperatura termodinamica. I secondi danno invece una misura indiretta di temperatura nel senso che debbono essere tarati per confronto con un t. primario; i t. secondari sono t. di uso pratico correntemente utilizzati in campo sia scientifico sia industriale.
Un secondo criterio di classificazione è quello che suddivide i t. in base al principio di funzionamento, ovvero in base al tipo di uscita messo a disposizione dall’elemento sensibile del t.: si parla pertanto di t. meccanici, t. elettrici, t. a radiazione, t. acustici, t. a rumore termico, t. magnetici, t. dielettrici. Nei t. meccanici la variazione di temperatura provoca la variazione di volume (dilatazione) di materiali solidi, liquidi o gassosi. I solidi danno luogo ai t. bimetallici; questi hanno l’elemento sensibile costituito da una lamina bimetallica conformata a spirale cilindrica; il funzionamento è basato sulla dilatazione relativa dei due materiali che, avendo diversi coefficienti di dilatazione, provocano un avvolgimento della spirale con rotazione di un estremo rispetto all’altro, proporzionale alla variazione di temperatura. La dilatazione dei liquidi è utilizzata sia consentendone l’espansione in capillari di vetro (t. a liquido in vetro), sia impedendo la dilatazione stessa e convertendo le variazioni di temperatura in variazioni di pressione (t. a liquido con elemento elastico a molla); la dilatazione dei gas è utilizzata per misure di temperatura termodinamica nei t. a gas o in t. industriali quali i t. a gas con elemento elastico a molla e i t. a tensione di vapore. Per questi ultimi, il principio di funzionamento è basato sulla variazione della pressione di un liquido in equilibrio con il suo vapore saturo contenuto in un opportuno bulbo; la temperatura viene ricavata dalla tensione di vapore e dalla conoscenza della relazione p(T) per la sostanza in esame, deducibile dall’equazione di Clapeyron. Essi pertanto convertono variazioni di temperatura in variazioni di pressione. I t. elettrici convertono la variazione di temperatura direttamente in una tensione elettrica (t. a termocoppia) oppure in una variazione di resistenza elettrica (t. a resistenza e termistori) che viene a sua volta convertita in una tensione mediante appositi circuiti; i t. elettrici, per il tipo di uscita, consentono di trasmettere a distanza, registrare, ‘processare’ le temperature misurate; sono pertanto i t. più frequentemente usati, in particolare, in campo industriale per il monitoraggio e il controllo di impianti. I t. a radiazione o t. ottici trovano applicazione crescente per la non invasività. Questo tipo di t., che viene impiegato per temperature superiori a circa 1000 K o quando si deve rinunciare al contatto termico con il corpo in esame, utilizza come parametro termometrico la radiazione emessa dal corpo stesso. Può essere in particolare determinato il flusso della radiazione termica, irradiato, in condizioni geometriche costanti, in due determinate bande spettrali: il rapporto è funzione nota di T. Ovvero si può misurare l’emettenza totale del corpo che è proporzionale a T4. Nei t. acustici si utilizza come proprietà termometrica la velocità c del suono. Per un gas perfetto infatti si ha: c2=γRT/M, con M peso molecolare e γ rapporto fra i calori specifici molari a pressione costante e a volume costante. La velocità c del suono viene misurata generalmente impiegando tecniche interferometriche all’interno di un risonatore cilindrico. Il valore quadratico medio ‹V2› della tensione ai capi di un bipolo metallico o semiconduttore a causa del moto browniano degli elettroni di conduzione (rumore termico), per frequenze fino alle microonde e per un’impedenza riducibile a una resistenza ohmica ideale R, può essere espresso come: ‹V2›=4kTRΔν, con k costante di Boltzmann e Δν banda passante dell’apparato di misurazione. Questa relazione, collegando il valore quadratico medio della tensione alla temperatura termodinamica T, è la relazione fondamentale sulla quale si fondano i t. a rumore termico. I t. magnetici si fondano sulla misurazione della suscettività magnetica χ di un opportuno sale paramagnetico e sono impiegati per temperature minori di 1 K; secondo la legge di Curie, si ha infatti χ∞1/T (e così si definisce una scala termometrica detta scala di Curie). Uno dei sali più usati è il Ce2Mg3(NO3)12•24H2O. Il t. dielettrico è basato sulla variazione con la temperatura della polarizzazione elettrica di un gas. Il parametro termodinamico è qui una proprietà intensiva del gas, la sua polarizzabilità molare. Le misurazioni di questa grandezza possono essere ricondotte a quelle della costante dielettrica relativa e quindi a misurazioni di capacità elettrica. Le migliori prestazioni ottenute con un t. dielettrico a 4He hanno permesso di misurare temperature nell’intervallo 4,2-27,1 K con errori minori di 10–3 K.
Lo strumento di misura delle variazioni di temperatura del corpo umano è il t. clinico, che è un t. a liquido (a massima, con scala divisa in decimi di grado da 35 a 42 °C), o a lettura termica. La sede di più frequente applicazione del t. a liquido (il materiale più diffuso era il mercurio, il cui uso è stato bandito, perché tossico, nel 2009 in ottemperanza a una direttiva dell’Unione Europea; il materiale ora più usato è il galinstan, lega di gallio, indio e stagno) è il cavo ascellare; può però essere applicato anche in bocca o nel retto (sede quest’ultima preferibile nel bambino). La temperatura orale e rettale è superiore a quella ascellare di circa 0,5 °C. I t. a lettura termica rilevano le emissioni infrarosse emesse dalla superficie del corpo, in misura tanto maggiore quanto più elevata è la temperatura corporea. I t. auricolari consentono la rilevazione pressoché istantanea della temperatura nella membrana timpanica.