In radiotecnica, complesso dei fenomeni per i quali le onde elettromagnetiche emesse dall’antenna di una stazione radiotrasmittente si propagano a distanza sino all’antenna di una stazione radioricevente, permettendo lo stabilirsi di un radiocollegamento.
La r. pone vari problemi pratici: data la posizione della sorgente (antenna trasmittente) e del ricevitore (antenna ricevente), si tratta in primo luogo di verificare se le radioonde che si intende usare si possono propagare tra i due siti e, in secondo luogo, se, per un’assegnata potenza applicata all’antenna trasmittente, l’intensità delle onde al ricevitore è sufficiente ad assicurare un soddisfacente collegamento.
Il comportamento elettromagnetico di un mezzo è determinato dalla costante dielettrica assoluta ε, dalla permeabilità magnetica assoluta μ, dalla conduttività elettrica α, nel senso che una perturbazione elettromagnetica generata in un punto (sorgente puntiforme) o in una zona (sorgente estesa) dello spazio dà luogo a onde elettromagnetiche che si propagano nel mezzo con una velocità di fase e di gruppo, e con un coefficiente di assorbimento che dipendono dalle costanti anzidette (➔ onda); l’intensità del campo nei vari punti raggiunti può essere determinata imponendo alla soluzione generale dell’equazione delle onde, ricavata dalle equazioni di Maxwell dell’elettromagnetismo, appropriate condizioni al contorno.
La propagazione delle radioonde nell’ambiente terrestre è profondamente influenzata dalla presenza del terreno e dell’atmosfera, che esercitano molteplici azioni, quali attenuazione, depolarizzazione, diffusione, stimolazione di onde secondarie, rifrazione, diffrazione ed effetti d’ombra. Nella quasi totalità, questi fenomeni costituiscono una limitazione al funzionamento dei sistemi radio utilizzanti onde in propagazione libera (radiocollegamenti, radar ecc.). Terreno e atmosfera sono pure sorgenti di radiazione termica, che introduce rumore nello spettro del segnale ricevuto. La propagazione ha caratteristiche assai diverse a seconda della frequenza: per le frequenze più basse (onde lunghe o medie), le onde mostrano una certa tendenza a rimanere ancorate al terreno o agli ostacoli materiali e a venirne parzialmente guidate; per quelle più alte (oltre le onde corte), si manifesta invece una tendenza a una propagazione di tipo ottico, analoga a quella dei raggi luminosi, che seguono traiettorie rettilinee o leggermente incurvate a causa della rifrazione atmosferica e, in caso di ostacoli materiali, vengono riflessi, diffusi o parzialmente assorbiti; per quelle intermedie (onde corte) hanno grande importanza gli effetti dovuti all’alta atmosfera ionizzata (ionosfera).
Le onde sinusoidali piane propagantisi in assenza di ostacoli sono caratterizzate dal fatto che l’intensità E del campo elettrico e quella H del campo magnetico sono perpendicolari tra loro e alla direzione di propagazione; le componenti sono sinusoidali, in fase tra loro, e le superfici equifase sono piani ortogonali alla direzione di propagazione. I valori efficaci E e H stanno in rapporto pari praticamente all’impedenza intrinseca del vuoto Z=E/H≈377Ω e la velocità di fase, cioè la velocità con cui la configurazione spaziale del campo elettromagnetico, essa pure sinusoidale, avanza nella direzione di propagazione, è pari a c≈3∙108 m/s (velocità della luce nel vuoto). Il valore efficace di E in spazio libero a distanza r dall’antenna trasmittente e nella direzione di massima radiazione è:
30PG
E = (−−−−−−)1/2
r
dove P è la potenza totale assorbita dall’antenna trasmittente, G il guadagno della stessa e tutte le grandezze sono espresse in unità del SI; E decresce quindi in modo inversamente proporzionale alla distanza dall’antenna. La quantità PG è solitamente indicata come potenza efficace irradiata relativa all’antenna isotropa (sigla inglese EIRP). Nel caso più generale, in cui si consideri una direzione diversa da quella di massima radiazione per l’antenna trasmittente, il guadagno G dev’essere moltiplicato per la funzione di direttività, che fornisce il decremento (con un fattore minore di 1) applicabile nella generica direzione considerata. Per propagazione in un dielettrico lievemente dissipativo, quale è l’atmosfera, la precedente espressione va moltiplicata per exp(−αr), con α costante di attenuazione, in Np/m, che esprime l’attenuazione in neper del campo elettromagnetico per un avanzamento unitario. Se, come di consuetudine, si esprime l’attenuazione in dB, facendo riferimento alla densità di potenza (intensità dell’onda) S=E2/Z=EIRP/(4πr2), utilizzando per unità il dB per i livelli e il kilometro per la distanza r, si ha:
SdB=−85,3+10log10(EIRP)
−20log10r−8686α r.
La densità di potenza risulta in tal modo espressa in dB rispetto al valore di riferimento di 1 W/m2; può essere utile ricordare che la potenza Pr, disponibile in uscita da una generica antenna ricevente di area efficace A è Pr=SA=PGA/(4πr2). La quantità Y=8686α [dB/km] è detta attenuazione specifica.
In presenza della superficie terrestre, diversi tipi di onda si vanno ad aggiungere all’onda diretta; l’importanza relativa di tali onde è strettamente legata alle differenti traiettorie e frequenze che caratterizzano il collegamento. Le onde più significative sono l’onda riflessa, quella superficiale e quella diffratta (fig. 1), che nel loro insieme costituiscono l’onda di terra. Nella realtà, una netta separazione di queste onde (cioè un’univoca associazione di una certa soluzione delle equazioni di Maxwell a un ben determinato fenomeno fisico, quale la riflessione su un piano indefinito, o simili) non è sempre concettualmente chiara o possibile: ci si limiterà quindi a un’individuazione di tipo fenomenologico, ricordando che formule e dati sono dedotti da schematizzazioni enormemente semplificate della realtà fisica.
Onda riflessa. Si tratta di un’onda che emerge dal terreno per effetto della stimolazione da parte dell’onda incidente, proveniente direttamente dalla sorgente; l’onda riflessa può pure pensarsi irradiata da una sorgente virtuale, detta immagine della sorgente, posta in posizione speculare rispetto alla sorgente reale (fig. 2). La sua importanza è notevole nel caso di terreno liscio o di uno specchio d’acqua (rugosità assai minori della lunghezza d’onda λ) e di piccoli angoli di radenza (o di elevazione) ϑ (complementi degli angoli d’incidenza). La completa identificazione di quest’onda richiede di collegare la sua ampiezza e il suo stato di polarizzazione a quelli dell’onda incidente. Ciò si effettua decomponendo quest’ultima in un’onda con vettore elettrico parallelo al piano di terra EH (polarizzazione orizzontale) e in una con vettore elettrico contenuto nel piano verticale contenente la direzione di propagazione EV (polarizzazione verticale). Per incidenza normale (ϑ=90°) i due casi s’identificano. Una volta effettuata questa decomposizione, ciascuna componente di E dell’onda riflessa si lega a quella omonima dell’onda incidente, riferita come nella fig. 2, moltiplicando quest’ultima per il coefficiente di riflessione R:
EH rifl = RH EH inc
EV rifl = RV EV inc .
Tale coefficiente, R=∣R∣exp(−jϕ), è una quantità complessa: il suo modulo ∣R∣ esprime, in termini moltiplicativi, la diminuzione dell’ampiezza dell’onda incidente per effetto della riflessione, mentre il suo argomento ϕ ne fornisce il ritardo di fase. L’andamento di ∣R∣ in funzione di ϑ è rappresentato nella fig. 3 nel caso di terreno asciutto, per diverse frequenze. La combinazione, entro l’antenna ricevente, dei segnali indotti dalle due onde diretta e riflessa può creare notevoli effetti interferenziali, particolarmente sensibili quando il modulo di R è prossimo all’unità, cioè quando le due onde hanno ampiezza quasi uguale. Ciò si verifica quando il terreno è un buon conduttore (terreno umido o acqua marina) e l’angolo di radenza ϑ è di pochi gradi, specie in polarizzazione orizzontale. In questa circostanza, poiché ha luogo un’inversione di fase (ϕ=180°), l’interferenza è distruttiva e il segnale ricevuto a livello di terra può essere notevolmente affievolito specialmente per frequenze oltre 10 MHz. Come sarà mostrato in seguito, alle frequenze inferiori si rivela spesso più utile l’onda superficiale.
Onde superficiali diffratte. In onde medie e lunghe (e in minor misura in onde corte, sino a circa 10 MHz) a livello di terra la ricezione non può, come s’è visto, essere assicurata dalla coppia di onde diretta e riflessa. Per queste gamme diviene importante l’onda superficiale, che, a differenza delle precedenti, è più intensa in prossimità del suolo; essa gode, inoltre, dell’importante proprietà di rimanere ancorata al terreno, seguendone la curvatura; in regioni ove, a causa della curvatura del suolo, l’antenna trasmittente non sia direttamente visibile, quest’onda è anche detta onda diffratta dalla curvatura del terreno. L’onda superficiale s’accompagna a correnti elettriche di conduzione circolanti nel terreno, che, assorbendone l’energia, l’attenuano con rapidità crescente al crescere della frequenza. La rapida attenuazione di quest’onda la rende inutilizzabile oltre 10 MHz, dove diviene pressoché indispensabile porre i punti trasmittente e ricevente in visibilità almeno parziale. Nel caso di parziale o totale ostruzione (onda diffratta) può aver luogo una sensibile attenuazione, poiché gli ostacoli assorbono e diffondono energia. Divengono allora importanti la natura degli ostacoli e soprattutto l’altezza delle antenne sul terreno. Effetti di diffrazione s’incontrano pure frequentemente a opera di ostruzioni, quali edifici o rilievi collinosi; anche in questi casi l’onda diffratta consente la ricezione nelle regioni in ombra anche se, addentrandosi in essa, nel caso di ostacoli estesi, il campo si estingue rapidamente.
L’interazione radioonda-ionosfera riguarda quasi esclusivamente il comportamento degli elettroni ionosferici eccitati dalle radioonde e viene solitamente studiata attribuendo al mezzo una costante dielettrica equivalente ε′ e un indice di rifrazione che, oltre a essere complessi, sono di natura tensoriale, per l’anisotropia introdotta dal campo magnetico terrestre sulle oscillazioni degli elettroni liberi. A causa di tale anisotropia, la ionosfera si comporta per le radioonde come un mezzo birifrangente: una radioonda incidente (supposta sinusoidale, con pulsazione ω) dà luogo a due onde rifratte, una delle quali (onda ordinaria) si propaga come se il campo geomagnetico non fosse presente (➔ plasma). Per tale modo di propagazione ε′ è scalare e l’indice di rifrazione n=εr1/2 (dove εr è la costante dielettrica relativa) passa da reale a immaginario allorché la frequenza f dell’onda, decrescendo, passa per il valore della frequenza di plasma elettronica fp (pari, nel SI, a circa 9N1/2, con N numero medio di elettroni liberi per unità di volume). Per frequenze minori di fp l’onda non può propagarsi nella ionosfera e viene pertanto riflessa verso il suolo, essendosi creato qualcosa di simile a uno specchio elettromagnetico; per frequenze maggiori, invece, l’onda si rifrange attraverso la ionosfera.
Il raggio di propagazione, ovunque perpendicolare alla superficie equifase, viene deflesso, in presenza di un gradiente dell’indice di rifrazione, nella direzione in cui l’indice di rifrazione è crescente: poiché al crescere della concentrazione elettronica N, l’indice di rifrazione n diminuisce, i raggi provenienti da terra con una certa incidenza iniziale ψ0 (fig. 4) vengono inizialmente deflessi verso il basso; la deflessione può continuare sino a rendere via via il raggio orizzontale e poi piegarlo a terra oppure no. Nel primo caso, si rende possibile un collegamento tra punti a terra per onda ionosferica; nel secondo, si rende possibile un collegamento che attraversa l’atmosfera (per es., terra-satellite). La separazione tra questi due casi si verifica in corrispondenza a un valore critico n* dell’indice di rifrazione: n*=senψ0 alla quota alla quale il raggio elettromagnetico diviene orizzontale.
La ionizzazione si distribuisce in regioni (denominate, in ordine crescente di quota, con le lettere D, E, F), all’interno delle quali essa raggiunge un massimo Ni, per poi ricominciare a decrescere. Le frequenze 9N1/2i sono dette frequenze critiche relative alla data regione; la massima di tali frequenze, che di norma è quella della regione F alta (strato F2, a circa 250 km di quota), si chiama frequenza critica ionosferica. Per frequenze inferiori a tale frequenza critica, che è la frequenza di plasma massima riscontrabile nella ionosfera, esiste sicuramente una quota a cui si verifica la condizione n*=senψ0, e l’onda sicuramente fa ritorno verso il basso, qualunque sia ψ. Viceversa, per frequenze maggiori, il ritorno è legato al soddisfacimento di questa condizione, che avviene fintanto che la frequenza è inferiore a un determinato limite detto massima frequenza usabile (MUF), il cui valore è dato da MUF=fcsecψ0 (legge della secante, con fc=9N1/2max). Appare così che la frequenza critica è la massima frequenza riflessa dalla ionosfera (o da una data regione ionosferica) a incidenza verticale (ψ0=0). In relazione ai due modi magnetoionici di propagazione, sono definibili una frequenza critica ordinaria, cui si riferisce la precedente espressione con Nmax e una frequenza critica straordinaria, e analogamente per le corrispondenti MUF. Per una fissata frequenza esiste poi un limite inferiore per ψ0 che dà riflessione, cui corrisponde una distanza minima, detta distanza di minimo salto, al di sotto della quale il collegamento tra punti terrestri non è possibile con onde di quella frequenza.
La dissipazione legata alle collisioni degli elettroni si traduce in un’attenuazione A (dB) tanto maggiore quanto maggiore è σ e la lunghezza di percorso entro gli strati più bassi. Alla quantità 10–(A/10) talvolta si attribuisce il significato di coefficiente di riflessione apparente ionosferica Ra, come se l’intero fenomeno fosse assimilabile a una riflessione su un’immaginaria superficie posta ad altezza virtuale h′ (fig. 5). I tre parametri fc, Ra e h′ sono assai variabili in relazione alle caratteristiche della ionosfera, che variano sia regolarmente, secondo cicli diurni, stagionali e undecennali dovuti all’insolazione dell’atmosfera e al variare della cosiddetta attività solare (legata alla ciclicità undecennale delle macchie solari), sia irregolarmente a causa di fluttuazioni e tempeste ionosferiche (➔ ionosfera). Conseguentemente, le proprietà trasmissive della ionosfera sono molto mutevoli: il caso più evidente è quello delle variazioni dal giorno alla notte dovuto all’innalzamento degli strati nel periodo notturno e, soprattutto, alla fortissima diminuzione dell’assorbimento; in queste circostanze diviene possibile un collegamento in banda HF (3-30 MHz) estremamente efficiente tra punti distanti anche migliaia di km per effetto di successive riflessioni tra terra e ionosfera. L’effetto della dissipazione dipende molto fortemente dalla frequenza ed è massimo in onde medie (MF: 0,3-3 MHz), ove si colloca la frequenza di ciclotrone elettronica causata dalla presenza del campo magnetico terrestre (girofrequenza elettronica: a media latitudine, circa 1,2 MHz). Per frequenze minori (LF: 30-300 kHz; VLF: 3-30 kHz) l’attenuazione globale di percorso tende a ridursi pure per il fatto che le onde vengono subito deflesse verso il basso dopo un percorso ionosferico relativamente breve.
Al problema dell’attenuazione va ad aggiungersi quello, di non minore importanza per le telecomunicazioni, costituito dai cammini multipli ionosferici, che sono sorgente di sensibili distorsioni di segnale per interferenze generiche o di attenuazioni aggiuntive per effetto di interferenze distruttive. Cammini multipli possono aversi per due motivi: la diversità di indice di rifrazione, e quindi di traiettoria, per l’onda ordinaria e per quella straordinaria, e la nascita di percorsi alternativi. Questi ultimi derivano dalla possibilità, spesso presente, di varie combinazioni di riflessione in strati ionosferici diversi; un grande effetto ha, a tale riguardo, la formazione nella regione E (circa 100 km di quota) di strati di limitata estensione e fortemente ionizzati, detti sporadici a causa della loro irregolarità e mobilità. Un ulteriore effetto dovuto alla presenza del campo magnetico terrestre è la rotazione del piano di polarizzazione dell’onda durante l’avanzamento. Infine, irregolarità della ionizzazione normale oppure ionizzazioni molto localizzate (tipicamente, scie di meteore) che diano luogo a variazioni locali della densità elettronica su una scala spaziale comparabile con la lunghezza delle radioonde danno luogo a diffusione ionosferica. Ciò viene sfruttato in ponti radio HF o VHF con tratte particolarmente lunghe (migliaia di km).