sedimentazione Processo, in certi casi naturale e in altri provocato artificialmente, per il quale si ha la separazione da un liquido di particelle solide sospese in esso, per effetto della gravità o di altre forze (centrifughe, elettriche ecc.), con conseguente formazione di un deposito (sedimento).
In condizioni stazionarie, la velocità di s. (o velocità finale di caduta) di una particella in un liquido, sotto l’azione della forza gravitazionale, è regolata dalla relazione di equilibrio F1+F2+F3=0, dove F1 è la forza dovuta alla gravità, pari a dsVg, con ds densità e V volume della particella, g accelerazione di gravità, F2 è la spinta di Archimede, pari a dVg, con d densità del liquido, F3 è la resistenza del mezzo, il cui modulo vale CRAv2d/2, con CR coefficiente di resistenza, A area della proiezione della particella in un piano perpendicolare alla direzione di s., v velocità di sedimentazione. Risolvendo l’equazione di equilibrio delle forze in funzione della velocità di s. si ottiene la relazione:
[1] formula
in particolare, per particelle sferiche di diametro D si ha:
[2] formula
Il coefficiente CR è funzione del numero di Reynolds, Re, pari a Dvd/η, dove η è la viscosità del liquido. Se è Re<0,5, CR=24/Re e la [2] assume l’espressione:
[3] formula
La [3], che è nota come legge di Stokes (1845), è rigorosamente valida quando sono verificate le ipotesi già specificate (sfericità della particella, Re<0,5) e altre condizioni, quali lo stato di quiete del liquido in cui avviene la s., l’assenza di interazioni fra particelle, la costanza della temperatura nel liquido. Per particelle leggere di dimensioni inferiori a 1 μm, la s. può essere disturbata da moti browniani. Per 0,5<Re<104, il coefficiente di resistenza è dato dalla relazione:
per Re>104, CR assume il valore costante di 0,4. In molti casi pratici la concentrazione dei solidi sospesi è tale da diminuire marcatamente la velocità di s. a causa delle interazioni fra le particelle (s. ostacolata o ritardata, mentre in assenza di interazioni la s. è libera).
Gli scopi per cui si adotta il processo di s. (come separazione per gravità di un solido in un liquido) sono molteplici: produzione di un liquido esente da particelle sospese (➔ chiarificazione); concentrazione di solidi in un deposito più ricco; separazione di particelle di varia forma, dimensioni e densità in diverse frazioni; determinazione del peso molecolare del materiale che sedimenta. Costante (o coefficiente) di s. La velocità alla quale una macromolecola, sottoposta a ultracentrifugazione, sedimenta in un campo centrifugo unitario.
Nelle costruzioni idrauliche, si dice s. il processo di decantazione che subiscono le acque di un corso naturale o artificiale, specialmente nell’attraversare un manufatto appositamente allestito (sghiaiatore, dissabbiatore, sedimentatore ecc.).
Si dice sedimento l’insieme delle particelle che si accumulano sulla superficie terrestre, nei diversi ambienti sedimentari, a opera degli agenti esogeni e che a seguito dei processi di diagenesi si trasformano in rocce sedimentarie. Nella genesi di un sedimento e quindi di una roccia sedimentaria la s. rappresenta una delle 4 fasi fondamentali durante la quale il sedimento, dopo un trasporto più o meno lungo, si deposita in un determinato ambiente sedimentario e qui – se non intervengono altri fattori (per es., erosione) – viene sepolto e si litifica, trasformandosi appunto in roccia.
Esistono 3 tipi principali di s.: meccanica, organogena e chimica.
S. meccanica. Avviene a opera di quegli agenti meccanici, come, per es., onde, correnti marine e fluviali, che trasportano sedimenti sia sul fondo sia in sospensione e che li depositano quando le forze che sostengono le singole particelle non sono più in grado di vincere la forza di gravità. Le modalità con cui avviene fanno sì che si possano distinguere 2 grandi gruppi di depositi: quelli connessi all’azione trattiva esercitata dai diversi tipi di fluidi (aria o acqua); quelli che si formano a seguito della decantazione delle particelle che sono sospese in un fluido. Nel primo caso i depositi presentano un diverso grado di organizzazione interna e hanno strutture sedimentarie che riflettono le caratteristiche idrodinamiche del flusso e il comportamento idraulico delle particelle sedimentarie che si muovono al suo interno. Nel secondo caso, le particelle sospese nel fluido, in assenza di pressioni tangenziali, si depongono selezionandosi, essenzialmente, in funzione delle loro dimensioni granulometriche (gradazione verticale: particelle più grossolane alla base e più fini al tetto); se le particelle sono soggette anche a una pressione tangenziale durante la caduta si può invece avere una selezione o gradazione laterale.
Tali processi agiscono con diversa intensità in tutti gli ambienti sedimentari dando luogo alla formazione di depositi la cui organizzazione interna e la cui geometria esterna possono essere tipiche di ambienti continentali (s. continentale) come, per es., quelli fluviali, lacustri, palustri, eolici o glaciali, o di ambienti marini (s. marina), in cui invece la distribuzione e l’organizzazione dei diversi tipi di deposito sono controllate dall’azione delle onde e delle correnti marine e dall’interazione di queste con le correnti fluviali, con i ghiacciai e con il vento, nelle zone costiere. In quest’ottica vengono differenziate la s. normale e la s. catastrofica. I processi sedimentari che sono interpretabili come normali includono: la deposizione in ambiente pelagico, le correnti fluviali e di marea, la diagenesi e altri ancora; alcuni di questi processi determinano una deposizione lenta dei sedimenti, altri concorrono, con un duplice comportamento, a erodere sedimenti in alcuni luoghi e a depositarne in altri. I processi normali possono dar luogo a successioni sedimentarie di ingente spessore. La s. catastrofica è quella prodotta da processi sedimentari discontinui che agiscono quasi istantaneamente. Essi richiedono livelli di energia di numerosi ordini di grandezza maggiori rispetto a quelli connessi alla s. normale e possono depositare o una piccola porzione di sedimenti, generalmente rappresentata da singoli strati, all’interno di una successione sedimentaria considerata normale, o costituire una grossa porzione di una successione dove predominano depositi che sono il frutto di una serie di eventi di alta energia, molto ravvicinati tra loro, che tendono continuamente a rielaborare parzialmente o totalmente i sedimenti deposti con i singoli eventi precedenti.
Nella s. meccanica rientra inoltre la s. gravitativa, che si verifica ogni qual volta la forza di gravità agisce come meccanismo diretto per la deposizione, a causa della presenza di dislivelli o gradienti topografici presenti in condizioni subaeree e subacquee (fianchi montagnosi, pareti di scogliera, falesie, pendii subacquei come, per es. scarpate ecc.). La gravità agisce sia sulle singole particelle sia su gruppi di particelle, che vengono trasportate per rotolamento, scorrimento o saltellamento a contatto con la superficie topografica. A piccola scala, la s. gravitativa avviene anche sui lati anteriori, più ripidi, delle forme di fondo come ripples e dune, su cui le particelle rotolano, disponendosi con una inclinazione che corrisponde all’angolo di riposo o di naturale declivio dei materiali. A scala maggiore, la gravità è in grado anche di rimuovere e mobilizzare, piuttosto repentinamente, ingenti spessori di sedimenti che erano stati già precedentemente deposti, facendoli poi accumulare nelle aree più depresse di una superficie topografica sia subaerea sia subacquea; questo processo è conosciuto con il nome di risedimentazione.
S. organogena. Può essere vista come il lento accumulo di resti di organismi che fissano sali minerali nei propri gusci e scheletri. Tuttavia accanto a questo tipo di azione, che possiamo considerare costruttiva in quanto dà luogo a depositi anche di ingente spessore, vi è anche un’azione di tipo distruttivo o di disturbo operata dagli organismi sopra o entro il sedimento in cui essi stessi vivono e che prende il nome di bioturbazione. L’azione costruttiva o sedimentogena degli organismi si esplica sia indirettamente attraverso la precipitazione biochimica sia direttamente, dando luogo ad accumuli passivi di gusci e scheletri, che si possono trovare interi o in frammenti (bioclasti), o ad accumuli attivi, formati da organismi bentonici sessili, in posizione fisiologica, che insieme costituiscono una impalcatura rigida. Per gli accumuli passivi, gli organismi più importanti come produttori di particelle solide per il sedimento sono sicuramente quelli microscopici sia bentonici sia planctonici, sebbene questi ultimi, rappresentati da foraminiferi, pteropodi, nano-plancton, radiolari, diatomee e silicoflagellati, siano rappresentati in misura percentualmente maggiore non solo negli ambienti attuali, ma anche in quelli del passato geologico.
S. chimica. Comporta la precipitazione inorganica delle sostanze che sono contenute nell’acqua, la quale costituisce il più importante agente nei processi di alterazione, trasporto e sedimentazione. Le acque contengono in soluzione diversi ioni, tra cui Cl−, Br−, SO42−, HCO3−, Mg2+, Ca2+, Sr2+, K+, Na+, il cui comportamento, nel corso del ciclo esogeno, è regolato da: potenziale ionico, pH, potenziale di ossidoriduzione (Eh). Il primo di questi fattori consente di spiegare e prevedere il comportamento degli ioni in soluzione acquosa e quindi la possibilità che questi ultimi diano luogo a prodotti solubili, facilmente trasportabili dalle acque, o insolubili che invece precipitano per dar luogo a diversi tipi di sedimenti. Il pH regola notevolmente il comportamento geochimico degli elementi nel ciclo esogeno e condiziona la solubilità degli idrossidi, dei carbonati e dei solfuri; nelle acque naturali può variare approssimativamente nei limiti 1-10. Il pH consente di definire l’ambiente idrico come neutro (6,6-7,2), leggermente acido (5,5,-6,6), acido (2,1-5,5), debolmente alcalino (7,2-8), alcalino (8-9) e fortemente alcalino (> 9). All’interno dei sedimenti, gli indicatori di pH sono essenzialmente di tipo mineralogico; nei carbonati la calcite abbondante è indicativa di pH > 7,8; la silice dà indicazioni di pH = 7,8; minerali argillosi, per es. la caolinite, indicano condizioni acide o, per es. la montmorillonite, condizioni alcaline. Nell’ambito dei sedimenti organici, il carbone e la torba sono indicatori di condizioni acide. La misura del potenziale di ossidoriduzione consente di definire la capacità ossidante o riducente di un ambiente naturale; esso condiziona le reazioni che si possono svolgere al suo interno e i prodotti che da quelle prendono origine. Valori positivi dell’Eh rivelano ambienti ossidanti, negativi ambienti riducenti; l’escursione, negli ambienti naturali, varia tra +900 e −500 mV.
Per ambiente sedimentario si intende una porzione della superficie terrestre che corrisponde a una unità geomorfologica di dimensioni e forma date, fisicamente, chimicamente e biologicamente distinta da altri ambienti adiacenti, in cui operano, con una certa intensità e per una certa durata, una serie di processi sedimentari che determinano prevalentemente l’accumulo dei sedimenti e localmente la loro erosione.
Ambienti sedimentari deposizionali. Sono molto variabili per quanto riguarda la loro persistenza nel tempo, le dimensioni delle aree occupate e l’uniformità delle condizioni all’interno di essi. La loro conoscenza deve passare, dunque, attraverso lo studio dei loro parametri ambientali, che si possono suddividere in 3 gruppi fondamentali: fisici, chimici e biologici.
I parametri fisici consentono di avere informazioni sulle condizioni idrodinamiche sotto le quali i sedimenti si sono deposti. Queste informazioni sono ottenute attraverso lo studio sia delle strutture sedimentarie primarie inorganiche, sia delle tessiture dei sedimenti o delle rocce sedimentarie.
I parametri chimici più importanti per lo studio degli ambienti sono principalmente i minerali che si depongono al loro interno o che originariamente vi precipitarono al tempo della deposizione. Essi forniscono informazioni sul potenziale di ossidoriduzione (Eh), sul pH, sulla salinità e sulla temperatura. Tra i parametri chimici rientra anche il colore dei sedimenti, il quale fornisce indicazioni sulla s. avvenuta in ambienti ossidanti o riducenti, vale a dire in ambienti in cui, essendovi deficienza di ossigeno (stagni, paludi, bacini marini ristretti), la decomposizione della materia organica avviene solo parzialmente e quindi è possibile la formazione di composti organici stabili che si preservano nelle rocce.
I parametri biologici si riferiscono alla flora e alla fauna vivente in quell’ambiente e alla firma che tali organismi lasciano nei sedimenti sia come accumulo di parti dure scheletriche (gusci), di parti molli o di escrementi, sia come strutture di bioturbazioni. Il loro studio consente di ricavare informazioni sulla profondità dell’acqua, sulla salinità, sulla temperatura, sulla turbolenza, sul tasso di s. ecc.
Classificazione. Gli ambienti sedimentari sono stati classificati su numerose basi; la classificazione più accettata è quella che li suddivide in 3 grandi categorie: ambienti continentali, di transizione e marini. Gli ambienti continentali possono essere subaerei o subacquei; a essi appartengono l’ambiente fluviale o alluvionale, quello lacustre e quello eolico-desertico. Gli ambienti di transizione sono quelli costieri, che occupano una posizione intermedia tra quelli continentali e quelli marini; in essi operano sia processi che hanno la loro origine in mare (onde, correnti) sia processi terrestri, come quelli legati ai fiumi, al vento e ai ghiacci. Agli ambienti di transizione appartengono l’ambiente deltizio e quello litorale, a sua volta comprensivo di spiagge, barriere litorali, lagune, baie, piane di marea ed estuari. Gli ambienti marini sono perennemente sommersi dalle acque e vengono principalmente suddivisi, in funzione della batimetria crescente, in neritici o di piattaforma (profondità < di 200 m), batiali o di scarpata (tra 200 e 2000 m), abissali (declivio continentale e bacini oceanici) e adali (fosse; oltre 2000 m). Sono chiamati genericamente pelagici gli ambienti lontani dalla costa e dai margini continentali; essi sono suddivisi, con riferimento agli stessi limiti tracciati nella colonna d’acqua, in epipelagici (neritici), batipelagici (batiali) e abissopelagici (abissali).
Metodologie di analisi. Per una dettagliata analisi e ricostruzione degli antichi ambienti sedimentari è necessario, innanzitutto, descrivere tutte le strutture sedimentarie primarie, i parametri granulometrici e le strutture connesse all’attività degli organismi che si rinvengono nelle unità individuali di una successione sedimentaria; quindi interpretare le condizioni idrodinamiche sotto le quali tali unità furono probabilmente deposte e, infine, studiare le relazioni laterali e verticali delle varie unità e determinare la loro geometria. A questo punto la comparazione con modelli di ambienti sedimentari simili è basata sulla conoscenza degli ambienti attuali e dei vari processi attivi in questi ultimi. Questo tipo di indagine sui sedimenti fossili equivale a una analisi delle facies, cioè una analisi stratigrafica volta alla comprensione di come queste sono organizzate in senso laterale e verticale, nello spazio e nel tempo, per dar luogo rispettivamente ad associazioni e sequenze di facies le cui caratteristiche consentono, unitamente a un confronto con gli ambienti attuali, di avere un quadro abbastanza rappresentativo dell’ambiente in cui i sedimenti si deposero.
Questi concetti sono il fondamento della cosiddetta legge, o principio, di Walther (o delle facies), secondo la quale si possono trovare sovrapposte in continuità di s. soltanto quelle facies che si vedono formarsi l’una accanto all’altra negli ambienti attuali. Benché la ricostruzione degli ambienti del passato sia basata sul principio dell’attualismo, va considerato che l’applicazione di questo principio deve essere fatta con molta cautela. Sebbene, infatti, i processi geologici fossero gli stessi anche nel passato, la loro intensità fu, tuttavia, diversa, così come differente fu la loro registrazione nelle rocce sedimentarie. Il riconoscimento degli antichi ambienti deposizionali costituisce quindi un aspetto molto importante non solo per la conoscenza della storia della Terra, ma anche perché il loro studio è fondamentale per la ricerca di risorse naturali come il petrolio, il carbone, i fosfati ecc.
L’insieme di più ambienti sedimentari coevi costituisce corpi sedimentari complessi, formati da più associazioni di facies; queste unità stratigrafiche di ordine gerarchico più elevato vengono chiamate sistemi deposizionali.
Si chiama bacino sedimentario un’area della crosta terrestre andata soggetta a subsidenza prolungata, riempita di sedimenti che comunemente superano il kilometro e che ancora sono preservati in maniera integra. Attualmente i più grossi bacini sedimentari sono presenti ai margini dei continenti vicino alle foci dei grandi sistemi fluviali come il Rio delle Amazzoni, il Niger, il Mississippi, dove si sono accumulati sedimenti con spessori fino a 15 km, o in corrispondenza di altri fiumi come il Gange e il Colorado. I bacini sedimentari sono dominati, durante la loro evoluzione, da movimenti verticali e si formano ed evolvono sia all’interno, sia ai margini delle placche litosferiche. Ciò consente di differenziare diversi assetti tettonici, distinguendo tra bacini intracratonici (ubicati su litosfera continentale), bacini di avanpaese (che fiancheggiano le catene montuose come gli Appalachi, le Alpi, i Pirenei, la Cordigliera Betica), bacini presenti lungo margini continentali passivi (margini tipo atlantico), bacini di avanarco, retroarco e interarco (localizzati in corrispondenza dei sistemi arco-fossa che bordano il Pacifico), bacini che si formano a seguito dei movimenti lungo sistemi di grosse faglie trascorrenti (bacini strike-slip: Transverse Range Occidentali della California, Coast Range dell’Oregon). Sebbene i bacini mostrino considerevoli diversità tettoniche, hanno alcuni aspetti comuni che dipendono dal loro assetto; per es., i bacini ubicati lungo i margini continentali passivi e all’interno delle zolle litosferiche sono associati con il rifting della litosfera continentale rigida; quelli di avanpaese sono presenti lungo i limiti delle placche in compressione; al contrario i bacini più piccoli, come quelli di avanarco, retroarco e strike-slip, si sviluppano in risposta a fasi di compressione ed estensione lungo limiti di placche in collisione. L’origine dei bacini sedimentari costituisce un elemento chiave dell’evoluzione geologica della litosfera continentale.
La sedimentologia è la disciplina delle scienze della Terra che si occupa dello studio della composizione e della genesi dei sedimenti e delle rocce sedimentarie, e di come queste sono organizzate sia lateralmente sia verticalmente nello spazio e nel tempo. Essa interagisce con altre discipline geologiche come la geochimica, la mineralogia, la paleontologia, la stratigrafia e la tettonica e utilizza principi e leggi della chimica, della fisica e della biologia, per meglio definire i processi sedimentari responsabili dell’accumulo dei sedimenti nei diversi ambienti deposizionali. Uno degli scopi finali della sedimentologia è dunque quello di ricostruire gli antichi ambienti sedimentari e la loro evoluzione spazio-temporale; per questo si avvale di uno dei principi fondamentali della geologia, quello dell’attualismo, grazie al quale i caratteri degli attuali ambienti deposizionali vengono utilizzati per meglio comprendere e interpretare quelli del passato.
Velocità di s. degli eritrociti (o di eritrosedimentazione; VES) Velocità con cui, in una colonna di sangue citratato (4 parti di sangue, 1 parte di soluzione di citrato di sodio al 3,8%) collocata in apposita pipetta millimetrata in posizione esattamente verticale, la parte corpuscolata (essenzialmente gli eritrociti) si separa dal plasma secondo le leggi della gravità. La determinazione della VES (sedimetria), che si esegue osservando l’altezza della colonna plasmatica dopo un’ora, è di larghissimo impiego in clinica: pur priva di specificità (di per sé non permette un riferimento a determinate malattie), grazie alla sua sensibilità, identifica precocemente condizioni a prevalente carattere infiammatorio. Sedimento urinario Materiale che si deposita, spontaneamente o in seguito a centrifugazione, in fondo al recipiente contenente l’urina; è costituito da elementi cellulari, sostanze minerali solidificate ecc.