Periodo della storia delle civiltà umane contraddistinto dall’assenza di documenti scritti e studiato attraverso dati archeologici, paleontologici e antropologici.
J. Boucher de Perthes fu tra i primi a intuire l’esistenza di un’attività imputabile a un’umanità arcaica, quando furono rinvenute le cosiddette ‘pietre del fulmine’ (keurania), ritenute in un primo momento degli scherzi di natura. Egli fu il primo a identificarle correttamente come manufatti, opera di un’umanità antidiluviana (Antiquité et humanité antédiluvienne, 1847-64) dato che essi erano associati a resti di fauna estinta. I manufatti (bifacciali) furono descritti come coupes de point da P. Boitard (Études antédiluviennes, 1862) che diede dell’uomo fossile una rappresentazione fantasiosa. Con la base teorica dell’evoluzione gettata da C. Darwin (The origin of species, 1859) i primi segnali di questa umanità cominciarono a essere presi in seria considerazione, quali testimonianze dell’esistenza di una fase preistorica dell’uomo caratterizzata dalla successione di eventi evolutivi che, oltre ai caratteri biologici, interessavano le espressioni della cultura materiale.
Con le attuali, moderne tecniche e metodologie di studio sappiamo che la P. copre un periodo che va da circa 2 milioni di anni (Ma), quando compaiono le prime testimonianze della cultura materiale, fino alla comparsa delle società complesse del Vicino Oriente o all’inizio dell’età dei metalli nel Vecchio Mondo.
Per ricostruire le prime fasi evolutive della P. ci si basa essenzialmente sulle testimonianze archeologiche del Paleolitico, cercando di ottenere il massimo delle informazioni dalle industrie litiche, unica espressione della cultura materiale del Paleolitico inferiore, e in un secondo tempo dai prodotti legati all’economia di sussistenza, all’organizzazione del territorio (presenza di campi base, accampamenti, siti di macellazione) e della società (grado di aggregazione dei gruppi, gerarchizzazione, mobilità) fino ad arrivare al momento cruciale della P., rappresentato dall’emergenza del linguaggio simbolico, delle manifestazioni artistiche, dell’agricoltura e dalla fondazione dei primi villaggi e città. Pertanto tutto il materiale archeologico deve essere in primo luogo contestualizzato geologicamente e geograficamente, al fine di valutare l’età del sito archeologico e le fonti del materiale di base per la fabbricazione dei diversi prodotti archeologici: l’inquadramento cronologico delle sequenze culturali e del paleoambiente permette di ricostruire la P. dell’uomo e i cambiamenti evolutivi delle prime società umane.
In Europa e in Asia la suddivisione della P. rispecchia grosso modo quella geologica (Pleistocene o ‘era glaciale’ e Olocene) ed è distinta in due epoche (J. Lubbock, Prehistoric times, 1865): industrie litiche del Paleolitico o ‘età della pietra scheggiata’ (Pleistocene) e industrie litiche del Neolitico, ‘età della pietra levigata’ (Olocene). Molti autori alla fine del 19° sec. hanno incluso tra Paleolitico e Neolitico uno stadio Mesolitico (per alcuni Epipaleolitico) in riferimento all’ industria microlitica dei cacciatori-raccoglitori-pescatori del primo Olocene europeo. In Europa e Asia al Pleistocene inferiore e medio (0,7-0,04 Ma) corrispondono il Paleolitico inferiore e il Paleolitico medio, mentre al Pleistocene superiore (0,04-0,01 Ma) corrisponde il Paleolitico superiore. In Africa tale corrispondenza tra industrie litiche e successione geologica non è valida; il Paleolitico viene suddiviso in Early Stone Age (ESA, 2,6-1 Ma), Middle Stone Age (MSA, 1,6-0,1 Ma), Later Stone Age (LSA, 0,1-0,01 Ma) corrispondente grosso modo al Paleolitico superiore dell’Europa, Nordafrica e parte dell’Asia.
L’inquadramento temporale della P. è oggi ben delineato applicando i metodi geocronologici assoluti: per la datazione dei siti del Pleistocene inferiore e medio vengono utilizzati i metodi isotopici come Th230/U234 e K40/Ar40, ESR; per quella del Pleistocene superiore e dell’Olocene il 14C. Il metodo della termoluminescenza applicato alla datazione dei siti compresi tra 0,1 e 0,.04 milioni di anni completa la fase paleolitica della preistoria. I metodi di datazione relativi permettono di inquadrare la posizione del reperto nella sequenza stratigrafica in rapporto al contesto del deposito (resti faunistici e vegetali).
La successione cronologica dei manufatti non va considerata nell’ottica di una progressione continua lineare: così come si verifica per l’evoluzione biologica degli Ominini, quella della cultura materiale si presenta come un’evoluzione a cespuglio in quanto possono coesistere fasi evolutive della lavorazione dei manufatti diverse, non associate univocamente a una delle specie di Ominini: per es. strumenti litici primitivi africani (ESA) continuano a essere utilizzati da Homo sapiens (Paleolitico superiore).
Secondo R. Clarke le fasi dell’industria litica sono identificate dalle modalità con cui si ottengono i manufatti litici (Modi I, II, III, IV); la differenziazione morfologica va interpretata in base alla funzione che essi dovevano svolgere, evidenziabile mediante l’analisi delle microtracce d’uso con il microscopio a scansione.
Homo habilis. Per alcuni preistorici in Africa già 2-3 Ma fa erano presenti ciottoli intenzionalmente lavorati dall’Australopiteco, ma gli insiemi più antichi di veri e propri manufatti litici sono rappresentati dai chopper o unifacciali Modo I o industria olduvaiana (dalla gola di Olduvai, Tanzania), che si accompagnano a Homo habilis vissuto nelle savane dell’Africa orientale tra circa 2 e 1 Ma. Si tratta di ciottoli scheggiati su una sola faccia così da poter impugnare la base del nucleo e sfruttarne il margine tagliente da utilizzare in vario modo. La comparsa di questi primi utensili favorisce la colonizzazione della savana da parte di Homo habilis: la mano ormai sganciata dall’attività locomotoria impugna il manufatto utilizzandolo per dissotterrare radici e tuberi, scortecciare fusti erbacei e anche per spezzare le ossa e trarne il midollo. A Olduvai, chopper e lamine discoidali si trovano insieme a ossa di animali anche di grande taglia a indicare che la dieta di Homo habilis è integrata da proteine animali fornite, oltre che da uova, lucertole, miele o piccoli mammiferi, anche da carogne, frutto di un’economia di caccia ‘opportunista’ (sciacallaggio) forse condotta in gruppo. Quanto all’organizzazione del territorio alcune aree semicircolari segnate da pietre e sgombre di manufatti sono considerate, ma solo da alcuni archeologi preistorici, una testimonianza dell’esistenza di ripari in campi base o siti abitativi.
Homo ergaster. Con la comparsa di Homo ergaster in Africa orientale (Kenya) intorno a 1,9 Ma, il quadro comportamentale degli Ominini si arricchisce. Homo ergaster rappresenta la forma più precoce ma morfologicamente più moderna di Homo erectus vissuto in Asia (Homo erectus stricto sensu s.s.). Mentre a quest’ultimo continuano a essere associati dei chopper standardizzati (Modo I), in Africa Homo ergaster diventa un abile artigiano: i manufatti litici che produce sono essenzialmente rappresentati dai bifacciali (Modo II), ottenuti asportando per percussione delle schegge dal nucleo litico (arenaria, quarzite, lava), su due lati opposti, per ottenere, dopo ritocco, due margini funzionali taglienti. Il manufatto assume una forma più o meno allungata (lanceolata, a mandorla, cordiforme) con la base adatta a essere impugnata (handaxe). Questo tipo di lavorazione testimonia che Homo ergaster aveva sviluppato il senso di simmetria, indicativo di un sufficiente grado di organizzazione a livello della corteccia cerebrale. Intorno a 1 Ma Homo ergaster sarebbe migrato dall’Africa raggiungendo la Georgia (Dmanisi) e da qui sarebbe arrivato nell’Asia insulare (Giava) e orientale (Cina) assumendo l’identità specifica di Homo erectus. Tuttavia il ‘ritardo tecnologico’ da esso manifestato potrebbe essere la testimonianza di una migrazione antecedente a quella di Homo ergaster. In Africa quest’ultimo, oltre a sviluppare l’industria dei bifacciali, dedica più tempo all’attività di caccia praticando sistematicamente lo sciacallaggio, ma integrando l’apporto di carne anche con battute di caccia attiva condotte in gruppo. Discusso è invece l’uso intenzionale del fuoco, ipotizzato in base alla presenza di chiazze di terra bruciata rinvenute nei siti kenioti e risalenti a 1,5 Ma; per contro, la scoperta casuale del fuoco (per autocombustione, per la caduta di un fulmine?) e la sua utilizzazione sono testimoniate da ceneri e ossa combuste nel sito di Zhoukoudian (Cina), risalente a circa 0,4 Ma fa, occupato da Homo erectus. Anche la presenza di accampamenti (home bases) nell’Africa orientale non trova al momento conferma.
Homo heidelbergensis. In Africa Homo ergaster viene sostituito da Homo heidelbergensis, che domina lo scenario del Pleistocene medio disperdendosi anche in Europa dove è presente in molti siti datati 0,5-0,3 Ma e in Asia (sito di Dali). La migrazione verso nicchie ecologiche tanto diverse da quella d’origine dell’‘uomo africano’ adattato alle savane ha certamente costituito una spinta evolutiva potente anche per i cambiamenti del modello comportamentale nel quale si ravvisano alcuni elementi di successo: in Europa la capacità di controllare e forse innescare il fuoco è testimoniata da siti in Francia meridionale, Spagna, Ungheria. Il controllo del fuoco e il suo sfruttamento come fonte di calore e di luce significa aver raggiunto una tappa importante nell’evoluzione dell’uomo, non solo per quanto riguarda le abitudini alimentari, ma anche per la socializzazione, favorendo l’occupazione di caverne o grotte e prolungando il tempo per scambiarsi le proprie esperienze protetti dall’attacco dei predatori.
Homo heidelbergensis era un buon cacciatore che utilizzava il fuoco anche per stanare le prede (una pratica oggi adottata largamente in Africa dalle popolazioni savanicole) o intrappolarle mediante una cortina di fiamme e poi abbatterle; il rinvenimento in Germania di bellissimi esemplari di lancia in legno (datate 0,4 Ma) adatte allo scopo sembrano confortare tale tesi. Questa tattica utilizzata per cacciare la megafauna è documentata per es. dall’abbondanza di ossa d’elefante rinvenute nei siti spagnoli di Torralba e Ambrona. Il fuoco dà anche la possibilità di cuocere la carne, di essiccarla e affumicarla facilitandone in tal modo la conservazione e il trasporto. Il parziale cambiamento della dieta con l’uso sistematico di carne è indirettamente confermato dall’analisi di usura dei denti: nei denti iugali (premolari e molari), di grandezza simile a quella dell’uomo moderno, l’impiego del microscopio a scansione ha messo in evidenza la presenza di strie verticali e orizzontali sulle superfici laterali del dente dovute alla prolungata masticazione di fibra animale. L’organizzazione del territorio è ben documentata da segnali di campi base, accampamenti semistabili, luoghi di macellazione, siti utilizzati come atelier di taglio della pietra riconoscibili per l’accumulo di schegge di scarto riscontrato, per es. nell’accampamento costiero di Terra Amata presso Nizza.
La diffusione del genere Homo in Europa. Negli anni 1990 la presenza del genere Homo in Europa era attestata solo a partire dal Pleistocene medio: il reperto attribuito a Homo heidelbergensis costituito dalla mandibola di Mauer (Germania) datato 0,5 Ma, era considerato la testimonianza del primo popolamento europeo. Alla cosiddetta teoria della ‘breve cronologia’ della P. europea si è sostituita quella della sua ‘lunga cronologia’. Questo cambiamento di vedute è dovuto al ritrovamento di reperti datati tra 0,8 e 0,9 Ma (Pleistocene inferiore). Si tratta dei reperti di Ceprano (Lazio) e di quelli spagnoli della Sierra de Atapuerca, dove nel sito Sima de los Huesos datato 0,3 Ma erano stati rinvenuti reperti attribuiti a Homo heidelbergensis; a circa 1 km di distanza nel livello inferiore (TD6) della Grotta Gran Dolina numerosi reperti datati 0,8 Ma sono oggi attribuiti alla specie Homo antecessor (‘esploratore’), una specie probabilmente emersa da Homo ergaster africano senza però che se ne conosca la rotta migratoria. A Ceprano la datazione del cranio rinvenuto ha un’antichità simile, ma non è ancora accertato se si tratti della stessa specie o di una forma che rientra per alcuni caratteri nel range di variabilità di Homo erectus s.s. La cultura materiale di Homo antecessor e dell’uomo di Ceprano è costituita da un’industria pre-acheuleana ottenuta sfruttando la tecnica di lavorazione della pietra di Modo I.
Homo neanderthalensis. A Homo heidelbergensis in Africa si sostituisce Homo sapiens nella sua varietà più antica, Homo sapiens idaltu, mentre in Europa esso viene sostituito da Homo neanderthalensis.
L’uomo di Neandertal è rappresentato da centinaia di resti rinvenuti in molti siti datati tra circa 0,2 e 0,03 Ma sparsi in Europa tra 55°N e 30°N e nel Vicino e Medio Oriente (Israele, Iraq). Cronologicamente i Neandertaliani possono essere suddivisi, semplificando, in un gruppo pre-würmiano e un gruppo würmiano, vissuto cioè durante l’ultima glaciazione di Würm. In genere i caratteri che più identificano la specie si riferiscono a questo gruppo e riguardano in particolare il cranio, che si differenzia in modo evidente da quello di Homo sapiens, mentre la morfologia dello scheletro postcraniale è indicativa di una costituzione fisica ben equipaggiata per sopportare l’impatto ambientale durante la glaciazione (corpo basso e tarchiato, ossa di notevole spessore e robustezza). Tuttavia l’uomo di Neandertal ha dovuto ricorrere al suo bagaglio culturale per sopravvivere. Da questo punto di vista esso assume un posto di tutto rilievo nella P.: se un tempo veniva considerato una sorta di bruto, oggi la ricostruzione fedele del suo comportamento attraverso le analisi del materiale archeologico ce ne dà una fisionomia umana. Tuttavia la ‘qualità’ potenziale del cervello dell’uomo di Neandertal doveva essere alquanto limitata, dal momento che la sua cultura materiale si manifesta con modelli stagnanti in tutto l’arco spazio-temporale in cui esso ha vissuto. L’acquisizione del linguaggio articolato testimoniata dalla ricostruzione dell’apparato della fonazione non era completa, permettendo l’articolazione di un numero limitato di fonemi che dovevano riferirsi alle immediate esigenze della vita di tutti i giorni. L’uomo di Neandertal era un abile artigiano che sviluppava un modo nuovo di lavorare la pietra sfruttando la cosiddetta tecnica Levallois (Modo III): dal nucleo litico venivano staccate alcune schegge che, invece di essere scartate come per i manufatti di Modo II, erano rifinite per ottenere strumenti versatili per funzioni specifiche, mentre si trascurava il nucleo litico. Questo modo di procedere indica che i Neandertaliani avevano acquisito una capacità progettuale che permetteva loro anche di valutare quante schegge avrebbero potuto ricavare dal nucleo e quale forma e dimensioni queste avrebbero assunto ritoccandole in un modo o in un altro, secondo l’uso che essi ne volevano fare. L’insieme dei manufatti neandertaliani, punte, lame, raschiatoi, punte triangolari discoidi, grattatoi, costituisce l’industria Musteriana (dal Riparo di Le Moustier in Francia) che si mantiene sostanzialmente uniforme per tutto il Paleolitico medio europeo, ma il materiale di base cambia da regione a regione.
In Africa l’industria musteriana si accompagna ai primi Homo sapiens, che vengono pertanto definiti ‘anatomicamente moderni’ a sottolineare la discordanza tra evoluzione biologica e ritardo tecnologico. L’uomo di Neandertal era un valente cacciatore. Anche se nel caso di megafauna è più plausibile che si comportasse da opportunista sfruttando le carcasse di animali morti per cause naturali o uccisi dai carnivori, nelle battute di caccia in gruppo era in grado di pianificare una scelta isolando gli individui più giovani o comunque più deboli, come testimoniano le stime effettuate sul numero e il tipo di ossa prevalenti nei siti in associazione con manufatti litici. Un certo grado di pianificazione lo si coglie anche nell’organizzazione dello spazio abitativo con campi base semipermanenti e siti utilizzati per l’approvvigionamento di cibo o materiale litico, e nelle regioni più settentrionali come magazzini naturali per la conservazione delle carogne squartate. Ciò implicherebbe un’attività sociale pianificata che si adatta più a un ‘cercatore di cibo’ (forager) che a un ‘opportunista’ (scavenger). Il controllo del fuoco era attuato per mezzo di focolari a pozzetto o su lastra di pietra. L’uomo di Neandertal seppelliva i suoi morti probabilmente più per liberare la comunità dal cadavere che per onorarlo con i riti funebri già descritti per es. per la sepoltura di Shanidar (Iraq) o di Amud e Kebara (Israele), ma che ora sono messi in dubbio. I legami affettivi erano sviluppati, come testimonia il fatto che la comunità si prendeva cura dei disabili (resti di individui morti in tarda età con presenza pregressa di traumi o fratture).
Homo sapiens. Migrato dall’Africa, Homo sapiens arriva in Australasia e Asia orientale tra 0,04 e 0,06 Ma e in Europa intorno a 0,03 Ma; qui soppianta Homo neanderthalensis. In Europa Homo sapiens introduce fondamentali novità nella cultura materiale e per la prima volta nella P. gli elementi fondanti delle moderne società. Se nel processo di ominazione la fabbricazione di un utensile litico ha rappresentato la prima forma rudimentale di domesticamento dell’ambiente, in Homo sapiens lo sviluppo della neocorteccia e la specializzazione delle aree del linguaggio articolato hanno fornito le basi biologiche necessarie per potenziare l’evoluzione culturale.
Con Uomo di Cro-Magnon ci si riferisce al gruppo dei moderni sapiens del Paleolitico superiore che si è affermato in Europa: per la lavorazione della pietra esso introduce il Modo IV o l’industria Aurignaziana (dal sito di Aurignac, Francia) costituita da bulini, grattatoi carenati, lamelle ottenute mediante ritocco marginale, cui si accompagnano strumenti in osso, corno e avorio come punteruoli, aghi, punte di zagaglia, spatole, arpioni. La capacità di parlare fluentemente arricchendo il bagaglio di fonemi quale espressione della progressiva concettualizzazione del mondo fisico ha certamente privilegiato l’uomo moderno rispetto all’uomo di Neandertal ‘balbettante e povero di idee’. L’uomo di Cro-Magnon diventa un esperto cacciatore utilizzando giavellotti e lance dotate di propulsore che esso abbellisce con fregi e figure stilizzate; nella pesca utilizza arpioni a una o due file di denti e sagaie e per la raccolta pietre da scavo immanicate. L’organizzazione dello spazio abitativo e delle relazioni sociali è avanzata, come è testimoniato dal villaggio costruito sulle rive del Don (sito di Kostenki, 21.000 anni) con spazi usati da magazzino separati dagli spazi abitativi. La sepoltura dei morti è accompagnata da riti funebri e ricchi corredi funerari, come si osserva nel sito di Dolni Vestonice (Moravia) e in quelli dei Balzi Rossi delle Arene Candide presso Ventimiglia (Italia). L’evoluzione tecnologica è arricchita dalla manipolazione di pigmenti naturali che gli Aurignaziani combinano tra loro per esternare le prime manifestazioni artistiche, rappresentate da graffiti, piccole sculture e arte mobiliare che denotano un notevole senso estetico.
Dal Paleolitico al Neolitico cambiano i modelli comportamentali, quando l’uomo scopre i vantaggi che gli può procurare lo sfruttamento del territorio attraverso la domesticazione di specie animali e vegetali. Sganciato dalla necessità di continui spostamenti, l’uomo paleolitico ‘cercatore di cibo’ si trasforma nel Neolitico in ‘produttore di cibo’. Questo cambiamento, verificatosi tra 10.000 e 7000 anni fa a seconda della regione geografica dove si è manifestato, un tempo veniva definito ‘rivoluzione neolitica’, ma in realtà il cambiamento è stato progressivo: i cacciatori-raccoglitori, già organizzati in bande nomadi di qualche decina di individui, con l’incremento della complessità sociale si costituirono in comunità stanziate in villaggi e, dopo un periodo di transizione, impararono a sfruttare attivamente il territorio. Grazie al notevole incremento demografico legato allo sviluppo dell’agricoltura, si crearono le basi per la divisione di diverse attività produttive e l’organizzazione dei centri urbani.
Nei periodi di passaggio dal Pleistocene all’epoca attuale si assiste alla estinzione o trasformazione dei vecchi ceppi razziali del Paleolitico e al diffondersi di nuovi tipi umani. Il rinnovamento in Europa è caratterizzato dall’apparizione di popolazioni brachicefale (sepolture mesolitiche di Muge, Ofnet, Kajällal, Rinnekaln ecc.). Nell’Europa neolitica, accanto a popolazioni dolicocefale vivevano gruppi di brachimorfi, divisi come i dolicocefali in varietà razziali differenti. Una parte dei brachicefali neolitici deriva da quelli mesolitici di Ofnet: in particolare, i piccoli brachicefali di Furfooz e delle sepolture contemporanee franco-belghe e quelli a faccia bassa delle palafitte elvetiche. Altra origine hanno i brachicefali marittimi delle tombe eneolitiche in Sicilia, Sardegna, Toscana, Lazio. In questo periodo appare nelle sepolture megalitiche dell’Europa settentrionale un altro tipo umano, con la testa corta e alta e con occipite appiattito (‘tipo di Borreby’), dal quale potrebbe derivare l’attuale razza adriatica. Un altro problema che interessa la storia razziale europea è quello della genesi e differenziazione dei dolicocefali bruni (Mediterranei) e dei dolicocefali biondi (Nordici). Alcuni antropologi vedono gli antenati diretti dei Nordici biondi nei Cromagnoniani del Pleistocene superiore. I dolicomorfi rinvenuti nelle sepolture neolitiche dell’Europa settentrionale non hanno ancora sviluppati tutti i caratteri che distinguono l’attuale tipo più rappresentativo della razza nordica: presentano stature medie e inferiori alla media, fatto che dimostra come nel Neolitico la differenziazione tra Mediterranei e Nordici, almeno per questo carattere, non fosse ancora avvenuta, e che rende incerta l’asserita origine cromagnoniana della razza nordica.
L’evoluzione e la sistemazione dei gruppi razziali ed etnici, che compongono l’attuale popolazione europea, continuano attraverso tutta l’epoca romana e parte del Medioevo. Vaste regioni, oggi con intensa brachicefalia, come la Balcania, erano fino alla caduta dell’Impero romano abitate da razze dolicomorfe.