sonda Strumento, dispositivo o impianto usato per esplorazioni, perforazioni, coltivazioni minerarie, misurazioni fisiche, rilievi o manualità di carattere scientifico e tecnico.
S. dinamometrica Dispositivo per misurare la consistenza di un terreno da coltivare: è costituita da una punta esploratrice cui si applica una forza misurata da un dinamometro.
Una s. spaziale (space probe) è un veicolo automatico, privo di equipaggio, destinato all’esplorazione scientifica del Sistema Solare (v. tab.); a differenza di un satellite artificiale, orbita attorno a corpi celesti diversi dalla Terra. Le grandi distanze dalla Terra e i lunghi tempi di propagazione dei segnali radio (anche di alcune ore) non permettono il controllo in tempo reale delle attività di bordo e richiedono un elevato grado di automazione.
Le s. spaziali sono simili ai satelliti artificiali per struttura generale e ripartizione dei sottosistemi, ma le caratteristiche dell’ambiente spaziale interplanetario impongono tecnologie costruttive differenti e di solito più complesse. La lontananza dalla Terra richiede sistemi di comunicazione radio che utilizzano antenne molto direttive e dispositivi a basso rumore, sia a bordo sia a terra. Di complessità ancora maggiore è la navigazione in orbite interplanetarie, che comporta sofisticati strumenti di telemisura. Le s. spaziali si classificano a seconda del tipo di missione e orbita finale. Le s. spaziali di passaggio (flyby spacecrafts), immesse di solito in orbite eliocentriche (ellittiche o iperboliche), sono destinate allo studio dello spazio interplanetario o di corpi planetari nella fase di incontro; le s. spaziali orbitanti (orbiter spacecrafts) sono immesse in orbita attorno a un pianeta o alla Luna e destinate allo studio delle sue caratteristiche; le s. atmosferiche sono in genere rilasciate da una s. spaziale madre e destinate allo studio delle atmosfere planetarie nella fase di discesa, spesso controllata per mezzo di paracadute o di pallone; i lander sono rilasciati da una s. spaziale madre e si posano sulla superficie di un corpo celeste mediante paracadute o retrorazzi (i lander trasportano a volte veicoli capaci di muoversi autonomamente sulla superficie, detti rover).
Sono state proposte anche missioni spaziali con s. per scopi diversi dall’esplorazione del Sistema Solare, destinate a esperimenti di fisica fondamentale (per es., per la rilevazione di onde gravitazionali e altre verifiche sperimentali della teoria della relatività generale).
La complessità tecnologica e i costi economici dell’esplorazione planetaria hanno spinto le agenzie spaziali verso il coordinamento degli sforzi e molte delle missioni spaziali più recenti sono frutto di un’estesa collaborazione internazionale.
Il corretto inserimento in orbita della s. spaziale e la precisione nella navigazione, insieme alle prestazioni del vettore, condizionano il profilo e gli obiettivi scientifici di una missione. Da un punto di vista energetico, l’orbita lunare è la più semplice da raggiungere, mentre Mercurio e i pianeti gioviani richiedono energie notevoli. A seconda del vettore, una s. può raggiungere la sua traiettoria finale verso la destinazione sia direttamente sia da un’orbita quasi circolare (detta di parcheggio) attorno alla Terra.
La traiettoria delle s. lunari si analizza come un problema dei tre corpi ristretto, con caratteristiche analoghe a quelle dei voli spaziali umani, mentre più complesse sono le orbite delle s. interplanetarie. Le velocità di uscita dalla sfera di influenza della Terra (cioè il volume di spazio entro cui il campo gravitazionale terrestre supera quello del Sole) sono spesso assai minori della velocità orbitale della Terra (30 km/s); perciò all’immissione in orbita interplanetaria la s. avrà velocità eliocentrica pressoché pari alla somma vettoriale tra velocità di rivoluzione della Terra e velocità geocentrica (impressa dal vettore all’uscita della sfera d’influenza terrestre), il cui controllo è essenziale poiché anche piccole variazioni modificano in modo significativo durata della missione e tempi di arrivo a destinazione. Oltre al moto di rivoluzione, per ottimizzare la traiettoria si sfrutta anche la rotazione terrestre, che imprime a un corpo una velocità di circa 0,46 km/s all’equatore. Per raggiungere un pianeta esterno, la traiettoria di minima energia (detta orbita di trasferimento di Hohmann) è quella con perielio sulla Terra e afelio sul pianeta (o viceversa nel caso di pianeti interni). Di norma il vettore non può immettere direttamente la s. nell’orbita interplanetaria corretta e servono manovre di aggiustamento durante la fase di crociera, effettuate mediante il motore principale della sonda. Se il profilo della missione lo richiede, una nuova manovra è necessaria per immettere la s. in orbita attorno al pianeta.
Nelle orbite di Hohmann la s. deve raggiungere l’afelio in coincidenza con l’arrivo del pianeta; ciò impone che il lancio avvenga in un dato periodo dell’anno (detto finestra di lancio), entro il quale la velocità eliocentrica è tale da immettere la s. nell’orbita corretta. L’ottimizzazione della traiettoria impone che la velocità impressa dal vettore sia pressoché parallela o antiparallela a quella della Terra, nel caso di missioni rispettivamente verso il Sistema Solare esterno e interno; per sfruttare anche la rotazione terrestre o la velocità nell’orbita di parcheggio, l’immissione nell’orbita interplanetaria va inoltre effettuata in date ore del giorno.
Il massimo peso ammissibile dipende dalla spinta del vettore e dal profilo della missione: i pianeti gioviani e Mercurio sono raggiunti da s. leggere con orbite dirette mentre notevoli incrementi delle masse (o l’impiego di vettori meno potenti e meno costosi) si ottengono mediante manovre di ausilio gravitazionale (gravity assist), anche ripetute, che modificano efficacemente la velocità della s. con piccolo dispendio di combustibile. La manovra di ausilio gravitazionale, basata sull’effetto fionda (➔), permette alla s. di modificare il proprio momento angolare e la propria energia, misurati nel sistema di riferimento del Sole, a spese di quelle del corpo con cui avviene l’incontro.
La discesa di lander o di s. atmosferiche, direttamente o successivamente all’immissione in orbita planetocentrica, si effettua mediante retrorazzi e, nel caso di un’atmosfera densa a sufficienza, mediante scudi deceleratori aerodinamici e paracadute, che riducono in tutto o in gran parte l’uso di propellente.
Il mantenimento nella corretta traiettoria richiede grande accuratezza nella navigazione. La determinazione dello stato dinamico di una s. si ottiene con una combinazione di metodi che, sfruttando segnali radio, l’analisi di regressione delle quantità osservabili e accurati modelli delle forze in gioco (gravitazionali e non), permettono determinazioni di posizione entro qualche decina di kilometri per s. alla distanza di Giove.
Sistema di comando. Molti aspetti costruttivi delle s. spaziali sono comuni ai satelliti artificiali per cui si suddivide una s. spaziale in sottosistemi funzionali, preposti a controllare o svolgere varie funzioni durante la missione, che sono i sottosistemi strutturale, di propulsione, di controllo d’assetto e articolazioni, di comunicazioni, di generazione di potenza, di strumentazione scientifica (payload). Tutti i sottosistemi sono controllati da uno o più elaboratori di bordo (digital processing unit) che, assieme al software residente e ai dispositivi di memorizzazione dei dati, costituiscono il sottosistema di comando e telemetria. Questo interpreta anche i telecomandi inviati da Terra e organizza la telemetria, sia con le misure fornite dagli strumenti scientifici sia con i dati ingegneristici sullo stato della s., e svolge importanti funzioni di protezione da malfunzionamenti. Il sistema di comando, tramite una serie di programmi, può gestire in larga parte autonomamente molte fasi della missione, tra cui le manovre orbitali e d’assetto e la discesa di s. atmosferiche.
Struttura meccanica. La struttura della s. è costituita dal corpo principale (bus), di solito in alluminio, che determina la forma generale, e da appendici quali antenne, bracci per sensori, piattaforme per strumentazione scientifica ecc. La struttura meccanica va progettata in modo da resistere alle sollecitazioni della fase di lancio e agli sforzi termici durante la missione. Le moderne architetture puntano a riduzione di pesi e ingombri e all’aumento della flessibilità. Del sistema strutturale fa parte anche il sistema di controllo termico e ambientale, che mantiene la temperatura entro i limiti operativi degli strumenti e assicura la protezione da micrometeoriti e radiazioni.
Propulsione. Per il controllo dell’assetto e le manovre orbitali, le s. sono munite di dispositivi a getto, funzionanti di norma a idrazina o propellenti ipergolici (per i quali l’accensione avviene spontaneamente al contatto tra combustibile e comburente). Per manovre energeticamente dispendiose, come l’inserimento in orbita circumplanetaria o la discesa su corpi privi di atmosfera, si usano motori a getto capaci di spinte notevoli. Un sistema di valvole controlla il flusso di propellente e dell’elio impiegato nella pressurizzazione dei serbatoi.
L’alimentazione elettrica della s. è garantita dal sistema di generazione e distribuzione. Per missioni fino all’orbita di Marte si usano di norma cellule fotovoltaiche al silicio o arseniuro di gallio, montate su pannelli solari. Oltre l’orbita di Marte si ricorre a generatori a radioisotopi (sorgenti statiche di potenza), in cui gradienti termici prodotti dal decadimento di plutonio 238 inducono differenze di potenziale per effetto termoelettrico; questi dispositivi, progettati per resistere a incidenti nella fase di lancio, richiedono procedure di sicurezza complesse e adeguata protezione dei componenti elettronici dalle radiazioni emesse. La potenza elettrica prodotta diminuisce in funzione del tempo a causa del decadimento del plutonio 238, che ha vita media di 50 anni; per fare fronte alle variazioni del carico elettrico si usano regolatori a derivazione, che dissipano la potenza in eccesso mantenendo costante la tensione di alimentazione. Si impiegano anche sorgenti dinamiche di potenza, cioè reattori nucleari che azionano motori termodinamici. Nel caso di generazione fotovoltaica, a volte si possono riorientare i pannelli o la s. stessa per regolare la potenza generata.
Controllo dell’orientazione. Il controllo dell’orientazione spaziale delle s. è essenziale per mantenere le comunicazioni radio, effettuare manovre orbitali e per il corretto puntamento degli strumenti di osservazione. I metodi usati nell’esplorazione del Sistema Solare sono la stabilizzazione giroscopica, in cui la s. è posta in rotazione attorno all’asse di massimo momento d’inerzia, e la stabilizzazione inerziale, in cui l’orientazione si mantiene fissa nello spazio mediante getti. La determinazione dell’assetto è effettuata di norma dagli elaboratori del sistema di comando in base a misure di sensori solari e stellari.
Comunicazioni. Importantissimo è il sistema di comunicazioni, i cui elementi critici sono di norma ridondanti, che assicura la ricezione del segnale proveniente dalle stazioni di terra, decodifica i telecomandi, codifica e trasmette a terra la telemetria di bordo. Il sistema radio è cruciale inoltre per la corretta navigazione della sonda. Le stazioni terrestri del sistema di radiocomunicazioni assolvono funzioni ancora più estese. Le nazioni impegnate nell’esplorazione planetaria mantengono una rete di stazioni progettate per le comunicazioni oltre l’orbita lunare; tra queste, il Deep space network della NASA è costituito da tre gruppi di antenne ubicate a diverse longitudini, in modo da garantire la continua visibilità di una s. su quasi tutta la volta celeste. La principale difficoltà nelle comunicazioni interplanetarie proviene dalla forte attenuazione spaziale del segnale; per aumentare la potenza ricevuta si usano antenne paraboliche ad alto guadagno, che concentrano la potenza irradiata in angoli molto piccoli. Il Deep space network utilizza antenne fino a 70 m di diametro, capaci di irradiare con continuità, alla frequenza di 2 GHz, potenze di decine di kilowatt in angoli di circa un decimo di grado. Per aumentare i guadagni delle antenne, e quindi la capacità del canale radio, si impiegano frequenze di trasmissione sempre maggiori, per esempio in banda S (2-4 GHz), X (8-12), K (18-27). Il canale radio con s. spaziali permette di norma comunicazioni bidirezionali coerenti (two-way). Dati i lunghi tempi di propagazione dei segnali radio, la stazione ricevente può essere diversa da quella trasmittente.
Le stazioni di terra sintetizzano la portante a partire da un oscillatore di elevatissima stabilità, onde assicurare grande precisione nelle misure di spostamento Doppler. Il segnale è modulato e amplificato, prima di essere inviato all’illuminatore dell’antenna. La s. riceve il debole segnale attraverso un’antenna parabolica orientata verso la Terra. Le tolleranze di puntamento dipendono dal guadagno e sono perciò minori per le antenne più grandi operanti a frequenze elevate. Sono sempre anche presenti antenne quasi omnidirezionali (usate anche nelle trasmissioni da palloni e s. atmosferiche) per garantire capacità di comando ove non si possa usare l’antenna principale. Il segnale d’antenna è inviato a un traspositore che, mediante una catena di anelli di aggancio in fase, demodula la sottoportante contenente i telecomandi e trasla in frequenza la portante, conservando la coerenza di fase. Prima di essere ritrasmesso a terra, il segnale è modulato per la codifica della telemetria e inviato a un amplificatore a stato solido o a un tubo a onde progressive, che permettono di irradiare potenze di qualche decina di watt. La velocità di trasmissione della telemetria è limitata dai piccoli rapporti segnale-rumore ottenibili alla ricezione; le stazioni di terra usano ricevitori a bassissimo rumore.
Strumentazione scientifica. Assai ricca è infine la strumentazione scientifica delle s. spaziali, che utilizza in generale sensori sviluppati per applicazioni di laboratorio e adattati al volo spaziale. Gli esperimenti scientifici di bordo pongono in genere vincoli costruttivi stringenti e, poiché l’acquisizione simultanea con tutti gli strumenti è spesso impossibile, la divisione dei tempi di misura richiede un’attenta pianificazione delle attività di bordo. Il carico scientifico si distingue in strumenti per misure dirette e per telerilevamento. I primi sono magnetometri (per misure di campi magnetici quasi statici), spettrometri di massa e rivelatori di particelle cariche a bassa energia (per determinazione di specie neutre e ioniche), analizzatori di plasmi (per la misura della funzione di distribuzione di plasmi spaziali), rivelatori di particelle ad alta energia (raggi cosmici e fasce di radiazione), rivelatori di oscillazioni elettromagnetiche indotte da plasmi ambientali e rivelatori di polveri e micrometeoriti (per la determinazione delle loro masse e velocità). Nel caso di s. atmosferiche e lander si usano strumenti per misure meteorologiche, quali termometri, barometri, anemometri, nefelometri ecc.
Nel telerilevamento sono stati impiegati sensori passivi e attivi. Tra i primi, particolare rilievo hanno le telecamere per riprese fotografiche, in cui la tecnologia dei dispositivi ad accoppiamento di carica (CCD, charge-couple device) ha sostituito i vidicon. Altri strumenti passivi sono i fotometri (per misure di intensità della radiazione riflessa e trasmessa), i radiometri infrarossi (per misure di emissione termica), gli spettrometri e i polarimetri (che forniscono informazioni su composizione e proprietà superficiali di materiali planetari); spesso essi sono alloggiati su piattaforme mobili per poter essere puntati senza riorientare la sonda. Tra i sensori attivi a bordo di s. si hanno gli altimetri radio e laser (per la determinazione dell’altezza di superfici planetarie) e i radar ad apertura sintetica (che forniscono immagini di una superficie planetaria attraverso l’analisi degli echi radar di impulsi opportunamente codificati), utili nell’esplorazione di pianeti e satelliti con atmosfere opache nell’ottico (come Venere e Titano). Tutti gli strumenti di telerilevamento richiedono grandi capacità del canale di telemetria.
Sequenza definita di acido nucleico marcata con un atomo radioattivo o con qualche altro gruppo chimico facilmente rilevabile, utilizzata per il riconoscimento e il clonaggio dei geni. Il processo di clonaggio dei geni si articola in tre fasi. La prima consiste nella scelta del DNA da usare: qualsiasi sequenza del DNA genomico oppure la copia di DNA ottenuta da un RNAm, il cosiddetto DNA complementare o DNAc. La scelta dipende dal particolare problema che si deve affrontare: informazioni sulla sequenza di amminoacidi di una proteina si possono ottenere con grande rapidità sulla base della sequenza dei nucleotidi del DNAc clonato. La seconda fase consiste nel preparare un insieme di frammenti di DNA da inserire in appropriati vettori (➔ vettore), che possono essere introdotti in una popolazione di batteri o di batteriofagi. Per ottenere frammenti dal DNA genomico si impiega un’endonucleasi di restrizione (➔ enzima), mentre per produrre DNAc si usa RNAm e l’enzima trascrittasi inversa. I vettori con i frammenti inseriti possono poi essere introdotti in batteri che crescono sulla superficie di una piastra di agar o in batteriofagi. Con vari espedienti sono poi selezionati i cloni nei quali è presente il DNA da studiare (il DNA ricombinante) inserito nel vettore e vengono eliminati gli altri. L’insieme dei cloni selezionati costituisce una genoteca. La terza tappa consiste nel vagliare mediante s. tutti i cloni, allo scopo di individuare la sequenza prescelta.
Dispositivo destinato a effettuare rilevazioni o misurazioni che potrebbero essere alterate dall’impiego degli ordinari strumenti o che richiederebbero spostamenti in luoghi inaccessibili o difficilmente accessibili. La prima eventualità si verifica, per es., nella misurazione del potenziale di un campo elettrico e del potenziale elettrico del terreno, nonché per il prelievo di segnali da avviare a uno strumento di misurazione o di osservazione (per es., s. per oscilloscopio); la seconda, per es., nella misurazione delle profondità marine, per la quale sono utilmente usate le s. acustiche o ultracustiche; nel sondaggio meteorologico (o aerologico) in alta quota, effettuato con le s. meteorologiche (meteografi e radiosonde); nelle misurazioni ionosferiche, per le quali si usa la s. ionosferica o ionosonda ecc.; nel sondaggio meccanico consistente in una serie di operazioni di scavo, mediante s. di perforazione (o trivelle), di pozzi nel terreno per effettuare indagini circa la natura degli strati del terreno onde accertarne varie proprietà: capacità portante per fondazioni (di fabbricati, di ponti, di dighe ecc.), presenza di acqua, presenza di giacimenti di minerali utili, soprattutto idrocarburi liquidi o gassosi.
Strumento di forma tubolare o a doccia (s. scanalata), modellato in materiali rigidi o flessibili, impiegato per raggiungere dall’esterno canali o cavità con scopi vari: saggiare la pervietà di tramiti naturali o patologici, drenare raccolte liquide o gassose, o prelevare materiale biologico, a scopo diagnostico o terapeutico Le s. differiscono in rapporto allo scopo cui sono destinate; il loro impiego viene detto sondaggio. Il sondino è una s. di piccolo calibro.
Sondino di Einhorn Tubo di gomma, utilizzato per il sondaggio gastroduodenale, del calibro di circa 3 mm e della lunghezza di almeno 50-60 cm.