Edificio, o complesso di edifici, destinato all’assistenza sanitaria dei cittadini, adeguatamente attrezzato per il ricovero, il mantenimento e le cure, sia cliniche sia chirurgiche, di ammalati o feriti.
L’idea di riunire e curare i malati in luoghi particolarmente attrezzati sembra connessa con il primo sviluppo della vita sociale. Per l’Oriente una cronaca singalese dà notizia dell’esistenza di un o. a Ceylon nel 437 circa a.C. In Egitto, nel quadro della medicina sacerdotale, i malati erano ricoverati in appositi locali presso i templi di Iside e di Serapide, così come avveniva in Grecia e a Roma nei templi di Esculapio (asclepiei). Istituzioni analoghe della Roma imperiale erano i valetudinaria, nei quali le grandi famiglie patrizie ricoveravano i propri liberti e gli schiavi, e le medicatrinae o iatreiae, organizzate dagli stessi medici per accogliervi gli infermi da sottoporre a osservazione diretta. Con l’avvento dell’era cristiana, l’assistenza agli infermi acquistò un significato più caritativo che sanitario, per rivolgersi a coloro che occasionalmente (come i pellegrini) o per povertà non avevano l’appoggio di una famiglia. Le prime istituzioni di tipo ospedaliero furono dette xenodochi o, con maggior pertinenza, nosocomi (νοσοκομεῖον, termine usato per primo da s. Gerolamo); massimamente si svilupparono in prossimità delle sedi episcopali, delle diaconie, dei monasteri e lungo le strade di grande comunicazione, cioè lungo gli itinerari dei pellegrini. Fra questi ospizi merita una menzione quello fondato da s. Benedetto presso Salerno, per aver dato origine a una scuola medica di grande rinomanza.
Un notevole impulso fu impresso all’organizzazione ospedaliera dalla costituzione di ordini cavallereschi, che assunsero come compito fondamentale l’assistenza agli infermi. Il primo di tali ordini fu quello di N.S. della Scala che a Siena diede vita a un o. proprio nella seconda metà del 9° sec.; grande importanza assunsero in questo campo l’ordine dei Terziari di s. Francesco e di s. Domenico e quello di S. Spirito, ma il fiorire degli ordini ospedalieri è legato alle Crociate e ai loro problemi logistici.
Con i rivolgimenti politici e religiosi che si verificarono in Europa a partire dal 16° sec., l’o. perse il significato caritativo, senza tuttavia che se ne avvantaggiasse la funzione terapeutica; prevalse infatti il concetto della difesa sociale dalla malattia che, data l’arretratezza delle cognizioni mediche, s’identificava fatalmente nella difesa dei sani dai malati. I più gravi inconvenienti derivarono agli o., in questa fase della loro storia, dalla quasi completa ignoranza dei meccanismi di trasmissione delle malattie contagiose, per cui proprio negli o. si avevano una morbilità e una mortalità particolarmente elevate per tutta una categoria di malattie infettive, che furono denominate malattie nosocomiali.
La scoperta dell’antisepsi per opera di J. Lister, l’opera pionieristica di I.P. Semmelweis nel campo della febbre puerperale e soprattutto le geniali scoperte di L. Pasteur, che determinarono l’avvento dell’era batteriologica, resero possibile l’istituzione di razionali metodi di profilassi e di terapia che risanarono l’ambiente ospedaliero, rendendolo atto allo sfruttamento delle sempre più progredite risorse della medicina.
Per quanto riguarda l’evoluzione dell’organismo architettonico, il tipo di o. che rimase a lungo in uso per tutto il Medioevo fu l’unico grandissimo vano entro il quale i giacigli degli ammalati si alternavano separati e protetti da tende e cortinaggi. Questo tipo architettonico si evolse, verso la fine del Medioevo, in una vasta aula divisa a navate: o. di S. Giovanni di Angers, costruito verso la fine del 12° sec. da Enrico II Plantageneto e ancora esistente; o. di S. Spirito in Sassia a Roma, costruito all’inizio del 13° sec., ricostruito intorno al 1470. Riguardo alle forme architettoniche, l’o. era legato alle espressioni degli organismi del culto, traendo da istituti religiosi la propria origine istituzionale; molti o. medievali sono provvisti di chiostro negli esterni e sono simili a una chiesa o a un monastero.
Nel 15° sec. si ebbero i primi tentativi di distinguere le parti da destinare a funzioni diverse; fu abbandonata la forma basilicale a navate e si adottò la forma a crociera; le corsie furono sistemate nei bracci della croce, i servizi alle estremità di ciascun braccio, i collegamenti avvenivano attraverso portici esterni ai bracci. Su tale schema planimetrico-funzionale sono costruiti alcuni o. del 15° sec.: nel 1420 l’o. degli Innocenti a Firenze, nel 1440 l’o. di S. Maria della Scala a Siena, nel 1456 l’O. Maggiore di Milano, uno dei più importanti o. a crociera che, anche per le innovazioni di carattere tecnico apportate ai servizi, è stato citato come esempio fino al 18° secolo.
Nel 19° sec. i problemi igienico-sanitari divennero oggetto di studio e si fece strada la concezione della separazione dei malati per malattia; si riconobbe il bisogno di una migliore aerazione degli ambienti e di una maggiore disponibilità di servizi. Alla fine del secolo si cominciò a parlare di o. a padiglioni che rendono possibile una migliore organizzazione dell’assistenza, la separazione dei malati per malattia o per sesso, un’ottima aerazione e illuminazione. Nel 19° sec. tale orientamento si consolidò come il più adatto a combattere le malattie nosocomiali secondo i dettami di Pasteur, Lister e Semmelweis. Furono quindi costruiti numerosi o. a padiglioni, in qualche caso dotati anche di verande-soggiorni, con sistemi meccanizzati per il rifornimento di viveri e di materiali vari.
Il continuo miglioramento delle condizioni igieniche, le numerose possibilità tecniche nel campo dell’antisepsi, la possibilità di sfruttare impianti di condizionamento d’aria sempre più perfezionati, fecero gradualmente cadere, a partire dalla prima metà del 20° sec., buona parte delle ragioni che avevano consigliato l’adozione del tipo a padiglioni; intorno agli anni 1930 furono costruiti, specialmente negli USA, gli o. del tipo a blocco, grandi fabbricati con notevole numero di piani e con complessi percorsi orizzontali e verticali, accuratamente studiati per assicurare la funzionalità dei vari ambienti e servizi. Ulteriori evoluzioni tecnologiche e diversificate politiche sanitarie si sono associate alle nuove soluzioni tipologico-formali che, anche in campo ospedaliero, hanno caratterizzato la ricerca architettonica internazionale dallo scorcio del 20° sec. all’inizio del 21°.
Classificazione. - Gli o. sono distinti in: o. generali (di zona, provinciali e regionali), che provvedono al ricovero e alla cura dei malati in reparti di medicina generale, chirurgia generale e specialità; o. specializzati, che provvedono al ricovero e alla cura degli infermi di malattie che rientrano in una o più specialità ufficialmente riconosciute o determinate con decreto del ministero della Sanità; o. per lungodegenti; o. per convalescenti. Gli o., salvi i limiti derivanti dalla loro specializzazione o dalle particolari esigenze tecniche legate alla forma morbosa che si presenta, hanno l’obbligo di ricoverare senza particolare convenzione o richiesta di alcuna documentazione i cittadini italiani e stranieri che necessitino di urgenti cure ospedaliere per qualsiasi malattia o per infortunio o per maternità, siano o meno assistiti da enti mutualistici e assicurativi o da altri enti pubblici e privati.
Ubicazione e caratteristiche dell’area di impianto. - La zona ove sorge l’o. deve soddisfare a particolari requisiti di carattere urbanistico, climatologico e igienico. Nella scelta dell’area di impianto si tiene quindi conto della distribuzione territoriale degli utenti in relazione al raggio d’azione prevedibile per l’o., e delle gravitazioni preferenziali in atto; importante è pure il sistema viario e la rete dei servizi pubblici. Tra i fattori climatologici e igienici che influiscono sulla scelta sono: i venti dominanti, l’insolazione media, l’escursione termica, l’inquinamento atmosferico, le rumorosità moleste, cause varie di insalubrità ambientale (paludi, acquitrini ecc.), approvvigionamento idrico e smaltimento dei rifiuti.
Caratteristiche tecniche. - Gli schemi planimetrici debbono prevedere percorsi privi di sovrapposizioni e interferenze tra varie categorie di traffico in modo da garantire la massima linearità dei collegamenti; devono inoltre essere assicurate a tutti gli ambienti di degenza aerazione e illuminazione naturali a sufficienza. Sono evitati locali di degenza interrati anche parzialmente. Gli impianti di climatizzazione possono essere di vario tipo: a tale proposito sono stati codificati parametri ottimali riguardanti la temperatura, l’umidità relativa, la velocità massima dell’aria (cm/s) ecc. Per quanto riguarda l’impianto elettrico, nell’o. sono previste reti ordinarie, reti di emergenza e reti di sicurezza. Le reti ordinarie sono alimentate direttamente dall’energia esterna; le reti di emergenza sono alimentate oltre che dall’energia esterna anche da quella prodotta da un generatore autonomo; le reti di sicurezza sono alimentate da accumulatori. Gli impianti per la distribuzione di gas terapeutici sono realizzati in modo che eventuali fughe di gas siano facilmente controllabili, perciò le tubazioni sono disposte in sedi ispezionabili e i contenitori in vani protetti. Particolari precauzioni sono prese per le zone dove sono impiegati sostanze e apparecchi radiogeni: esse devono essere protette mediante le cosiddette barriere protettive, che consistono nel rivestimento delle pareti con lastre di piombo di adeguato spessore o nella costruzione delle pareti stesse con materiali e spessori tali da garantire la stessa protezione contro le radiazioni presentata dalle lastre di piombo; la medesima protezione debbono assicurare le aperture praticate nelle barriere ed esse debbono essere ridotte al minimo indispensabile. I locali dove sono usati radioisotopi sono disposti in modo che sia agevole eseguire mediante monitor il controllo delle persone e materiali in transito; sono previsti anche servizi per la decontaminazione di persone in prossimità del laboratorio ove si manipolano sostanze con alta radioattività.
Servizi generali. - L’o. è corredato dei seguenti servizi: a) cucina, i cui locali devono avere opportuni collegamenti con le cucinette delle degenze, con la mensa del personale, gli alloggi, le dispense, i servizi dietetici; per esigenze organizzative talora il sistema di preparazione e di confezionamento dei cibi per degenti è demandato a strutture esterne al nosocomio; b) farmacia, che comprende oltre ai locali per la conservazione dei medicamenti anche quelli per le analisi farmacologiche, bromatologiche e merceologiche inerenti al servizio di o.; c) lavanderia; d) disinfezione; e) sterilizzazione centrale; f) impianti tecnologici, che comprendono i locali e le attrezzature per le centrali termica, idrica, elettrica, frigorifera, telefonica, di condizionamento, di gas medicali, di posta pneumatica, antincendio; sono opportunamente isolati in modo da non recare disturbo al funzionamento dell’o.; g) magazzini; h) rimessa e officine; i) servizio medico-sociale e per il pubblico; l) assistenza religiosa, comprendente la cappella, la sacrestia, l’alloggio del cappellano con i relativi servizi; m) servizio mortuario; n) servizio per il personale, che si compone degli alloggi per il personale, dei locali per mensa, riposo e spogliatoi, dell’asilo-nido; o) incenerimento, locali e attrezzature necessarie per la distruzione, mediante incenerimento, dei rifiuti solidi.
Struttura. - Un o. generale è composto, oltre che dei servizi generali di cui si è detto, delle seguenti parti, essenziali per il suo funzionamento: a) direzione; b) amministrazione; c) accettazione e osservazione, complesso dei locali per la visita, la registrazione, la bonifica e la temporanea osservazione del malato; d) pronto soccorso e terapia d’urgenza, che è ubicato in prossimità dell’ingresso e ha facili comunicazioni con il complesso operativo e i servizi diagnostici; e) poliambulatorio; f) servizio malattie sociali; g) servizio di indagine diagnostica e laboratori; h) terapie radianti e cure fisiche; i) terapie occupazionali e di riabilitazione funzionale; l) servizio dietetico, collegato con la cucina; m) servizio trasfusionale, dove si praticano il prelievo, l’esame, la preparazione, la conservazione e la distribuzione del sangue e derivati; è completato da locali di visita e per la registrazione e sosta dei donatori; ha collegamenti con l’esterno, i laboratori di analisi, il complesso operatorio e il pronto soccorso; n) servizio di prelievo e conservazione organi e tessuti; o) servizi di didattica, di ricerca e di educazione sanitaria, in cui si esplicano le attività di internato per neo-laureati, per medici e studenti; scuole per infermieri, tecnici e ausiliari; educazione sanitaria; ricerca scientifico-clinica; tutti ubicati in modo da poter agevolmente disporre degli ambienti destinati a conferenze, biblioteche, archivi.
Reparti di degenza. - Ai fini organizzativi i reparti di degenza si dividono in: sezioni, divisioni e sezioni speciali di diagnosi e cura. La sezione è l’unità costitutiva strutturale e funzionale della zona di degenza; negli o. generali essa non può avere meno di 25 e non più di 30 posti letto; le sezioni speciali possono avere al minimo 15 posti letto. La divisione costituisce l’unità ospedaliera composta da 2 o più sezioni con un minimo di 50 e non oltre 100 posti letto. La quantità dei posti letto nelle camere (dette anche infermerie) è variabilissima. Tendenza è di avere camere a non più di 6 letti, preferibilmente da 2 a 4; per ogni sezione sono poi previste almeno 2 camere a un solo letto. La distribuzione delle camere a seconda del numero dei posti letto contenuti è fatta in relazione alla possibilità di assistenza conseguente al tipo e alla gravità delle malattie.
Reparti operatori e da parto. - A seconda del numero di posti letto dell’o., il complesso operatorio è costituito da uno o più gruppi autonomi o integrati tra loro. Le sale operatorie sono indipendenti e ciascuna è dotata di un locale per la preparazione degli operandi e di un altro per il risveglio degli operati, nonché di un locale per la preparazione del chirurgo e del personale ausiliario. Ogni gruppo è poi provvisto di una serie di locali per lavaggi e sterilizzazione di materiali e strumenti, per ricerche diagnostiche, per deposito biancheria sporca e pulita ecc. I reparti di ostetricia sono formati da una o più sale da parto completate da locali per il travaglio, locali per la prima assistenza ai neonati, locali per i medici, le ostetriche, il personale infermieristico, i relativi servizi.
O. per contagiosi. - In questi o. i malati sono raggruppati per malattia; i locali di visita e di accertamento diagnostico hanno ingresso autonomo. Sono disposti servizi di bonifica per i malati in entrata e in uscita e per il personale medico e di assistenza. Le sezioni per contagiosi, oltre ai locali e servizi previsti per le degenze comuni, sono provviste di un maggior numero di locali per i servizi igienici e per disinfezione, di zona filtro per l’igiene del personale e di locali per la rianimazione cardiorespiratoria.
O. geriatrici. - Essenziale per tale tipo di o. è creare un ambiente idoneo a contrastare gli stati di ansietà, insicurezza e frustrazione propri dei malati anziani; sulla caratterizzazione di tali o. influisce anche la durata media di degenza, che è superiore a quella degli o. generali. I vari servizi sono adeguati alle esigenze di ricovero e al tipo particolare di cure per soggetti anziani; così, per es., i reparti accettazione e osservazione sono in grado di eseguire accertamenti circa il grado di senescenza e il grado dei deficit funzionali; sono particolarmente sviluppati i reparti per le terapie occupazionali e di riabilitazione funzionale.
Day hospital. - Struttura rispondente alla necessità di gestire patologie complesse che comportano l’esigenza di servizi assistenziali di più agile gestione rispetto ai ricoveri ordinari; sono stati pertanto organizzati centri diurni il cui scopo consiste nel fornire prestazioni mediche di varia natura (somministrazione di chemioterapia antineoplastica, immunoglobuline per via endovenosa, esecuzione di piccoli interventi chirurgici) che non necessitano di ospedalizzazione protratta. In genere il day hospital è inserito nel contesto di una struttura nosocomiale già funzionante, in prossimità di ambulatori o di reparti di degenza. Il vantaggio del day hospital è notevole sia sotto il profilo economico, sia perché i pazienti possono continuare a svolgere una vita relativamente normale, con interruzioni brevi del proprio lavoro o assenze limitate dalla scuola nel caso di terapia da attuare in età pediatrica.
O. per lungodegenti e convalescenti. - Questi o. sono destinati ai malati che hanno bisogno di un lungo periodo di cure o di interventi per riabilitazione, oppure malati con malattie a lungo decorso stabilizzate, in fase di riaccensione delle affezioni morbose. Importante è creare in questi o. ambienti di soggiorno, anche all’aperto, il più possibile vicini a quelli della vita ordinaria e che permettano facili rapporti dei malati o convalescenti con il mondo esterno. Servizi essenziali sono quelli di riabilitazione funzionale e di terapie occupazionali. I servizi generali, l’accettazione, le degenze, i servizi di ricerca sono analoghi a quelli dell’o. generale; non sono necessari per questi o. il pronto soccorso e il complesso operatorio e da parto, mentre si prevedono, in genere, una sala gessi e una sala per piccoli interventi, medicazioni ed endoscopia.
O. di maternità. - In questo tipo di o. hanno sviluppo maggiore che negli o. generali: il reparto accettazione, con locali di attesa per accompagnatori e collegamento celere con la sala da parto; i locali per il personale, data la permanenza di un maggior numero di medici interni e per la presenza dei servizi per ostetriche. Sono da prevedere inoltre: il nido per i neonati con i relativi servizi; locale per visite, locale per il personale; la sezione per prematuri; i locali per l’isolamento dei colpiti da malattie contagiose. Le degenze sono divise in camere per le gestanti e camere per le puerpere.
O. ortopedici-traumatologici. - Le esigenze specifiche di questi o. rispetto a quelle degli o. generali riguardano in particolare: gli ambulatori e il pronto soccorso, che devono avere maggiore sviluppo per l’esigenza di accertamenti radiologici e per l’immobilizzazione dei traumatizzati; i complessi operatori ai quali va sempre annessa una o più sale gessi; i reparti per terapie radianti, occupazionali e di riabilitazione e per le cure fisiche, che debbono essere convenientemente ampliati con sezioni di lunga degenza per i malati nel periodo di rieducazione funzionale.
O. pediatrici. - Molto ampi sono in questi o. i servizi di accettazione, distinti in vari gruppi isolati uno dall’altro per evitare il diffondersi di malattie esantematiche. Anche il reparto osservazione, in diretta comunicazione con quello di accettazione, deve essere sufficientemente ampio onde permettere la sosta dei malati durante il periodo di incubazione delle malattie infettive più comuni. Il poliambulatorio deve essere provvisto di locali per l’isolamento immediato dei sospetti contagiosi; deve inoltre provvedere alla profilassi per lattanti e divezzi e all’istruzione delle madri circa l’alimentazione dei bambini. Le camere di degenza devono essere disposte in modo da permettere la divisione dei bambini per età e, per quelli più grandi (6-12 anni), anche per sesso.
La storia degli o. per le malattie mentali (manicomi) è all’origine legata a quella dei grandi ‘ospizi dei poveri’, che si diffusero in Europa durante il 17° sec.; la difesa dalla follia, come da tutte le altre forme di devianza sociale, era punitiva e consisteva nell’emarginazione e nella reclusione. Successivamente, tra Settecento e Ottocento, la risposta sociale alla follia divenne l’internamento in un asilo apposito, affidato alla professione medica. Lo psichiatra, il ‘medico dei folli’, acquisì un grande potere di controllo sociale sul malato: poteva decidere tempo e modi di privazione della libertà individuale, punizioni, e giudizi inappellabili sulla pericolosità dei soggetti che la società gli affidava. Una legislazione apposita fu varata in Francia nel 1838, in Gran Bretagna nel 1844, in Italia nel 1904. La legge manicomiale italiana (l. 36/1904), emanata sotto la spinta di grossi scandali sulle condizioni di vita degli internati e di conseguenti campagne di stampa, era per quell’epoca una buona legge, garantista e illuminata. Ma le finalità di difesa sociale che essa perseguiva, insieme alla macchinosità puramente formale delle garanzie giuridiche a favore del malato prima e dopo il ricovero, all’istituto dell’internamento definitivo e al ricorso abituale al ricovero coattivo, fecero in modo che si rivelasse dopo breve tempo un meccanismo di controllo sociale che sempre meno si identificava con le originarie finalità terapeutiche.
La scoperta degli psicofarmaci e un deciso movimento culturale antistituzionale nel trattamento della malattia mentale ruppero, a partire dagli anni 1950, la cristallizzazione manicomiale. In Italia, al manicomio di Gorizia, F. Basaglia cominciò nei primi anni 1960 un’esperienza che avrebbe portato la sua équipe a ottenere risultati di grande incidenza sulla cultura psichiatrica italiana. La presa di coscienza che l’internamento portava l’individuo «alla perdita del proprio tempo, del proprio spazio, del proprio corpo, alla chiusura del mondo intorno a lui» determinava necessariamente la crisi dei tradizionali ruoli operativi e organizzativi dell’istituzione: il controllo e la custodia. La messa a punto della ‘prassi antistituzionale’ si coniugava così alla ricerca di una pratica alternativa orientata sul territorio di residenza dei pazienti e al rifiuto del momento del ricovero come atto terapeutico. La pratica goriziana si estese a molte altre province italiane, trovando nel manicomio di Trieste (chiuso nel 1977) la sua compiuta applicazione. Tale intenso lavoro portò alla l. 180/1978, che stabiliva, caso unico al mondo, l’abolizione del manicomio. Al suo posto, erano configurate nuove strutture intermedie dislocate nel territorio con funzione di assistenza sociale più che sanitaria. Di prima importanza l’affermazione del principio di ‘continuità terapeutica’, con équipe incaricate di seguire il malato prima, durante e dopo eventuali ricoveri, e la scomparsa dei concetti di pericolosità e di pubblico scandalo nelle motivazioni di proposta di trattamenti sanitari obbligatori, possibili ora solo negli o. generali.
Gli o. psichiatrici giudiziari sono strutture dipendenti dal ministero della Giustizia, dove sono ricoverati detenuti che, prosciolti per ragioni psicopatologiche, devono essere sottoposti a misura di sicurezza perché ritenuti socialmente pericolosi.
Si dà il nome di ospedalismo al complesso degli influssi negativi che possono derivare alla personalità di un soggetto dalla protratta degenza in o. o altri istituti di cura. Il termine fu coniato da R. Spitz (1945) per indicare il ritardo nell’acquisizione dell’autonomia riscontrabile nei bambini costretti a lunghe degenze ospedaliere, ma soprattutto l’esperienza, molto dannosa psichicamente, di mancanza dell’«atmosfera di nido», cioè di mancanza di maternage.