Ammasso di cellule epiteliali alla cui attività si deve la formazione di un tessuto.
M. dell’unghia L’ammasso di cellule dello strato onicogeno che si osserva in corrispondenza della radice dell’unghia e della lunula, e alla cui opacità è dovuto il colorito biancastro di quest’ultima.
M. del pelo La porzione della radice, costituita da agglomerati di cellule, che rappresenta il punto di formazione del pelo.
M. extracellulare Complessa rete extracellulare di macromolecole che, oltre a svolgere una funzione cementante fra le cellule e i tessuti, fornisce una struttura organizzata nella quale le cellule possono migrare e interagire fra loro. È abbondante nei tessuti connettivi, scarsa e costituita da un sottile piano di appoggio (lamina basale) nei tessuti epiteliali, assente negli eritrociti. La m. influenza lo sviluppo, la migrazione, la proliferazione, la forma e il metabolismo delle cellule che vi sono contenute. È costituita da una componente fibrosa immersa in un mezzo più amorfo, composto da una rete di proteoglicani; questi si trovano anche sulla superficie delle cellule, dove funzionano da corecettori per permettere il legame fra cellule e m. e rispondere agli stimoli dei fattori di crescita. Le proteine della componente fibrosa hanno una funzione strutturale (collageni ed elastina) o adesiva (fibronectina nei tessuti connettivi e laminina nelle lamine basali). Le macromolecole della m. sono secrete dalle stesse cellule che la compongono.
La m. extracellulare si lega alla superficie delle cellule che circonda: nel tessuto connettivo sono coinvolti nel legame la fibronectina e il suo recettore, l’integrina; nei tessuti epiteliali l’attacco della cellula alla m. è determinato dal proteoglicano sindecano: esso presenta un asse centrale proteico che attraversa la membrana cellulare, un dominio extracellulare che si lega alla m. tramite il collagene e un dominio intracellulare che ha siti di legame per i microfilamenti di actina del citoscheletro. È stato dimostrato che le interazioni con la m. extracellulare sono eventi chiave nel processo di formazione delle metastasi di cellule tumorali.
M. nucleare (o impalcatura nucleare) Materiale insolubile che rimane nel nucleo dopo una serie di estrazioni biochimiche; contiene resti della membrana nucleare con il complesso del poro (➔ nucleo), resti del nucleolo e una m. interna simile al nucleoplasma del nucleo intatto. Alcune proteine che la costituiscono si legano a sequenze specifiche di DNA chiamate SAR (scaffold associated regions).
Teoria della m. di diffusione (o m. S, dove S deriva da Streu in tedesco e Scattering in inglese, parole che indicano la diffusione di una particella che ne urta un’altra). Particolare approccio allo studio teorico dell’interazione tra particelle elementari, introdotto indipendentemente da W. Heisenberg e da J.A. Wheeler nel 1943. L’idea basilare consiste nel cercare di far intervenire nella teoria solo grandezze osservabili. Nello studio dell’interazione tra due particelle, lo stato finale è correlato con quello iniziale riducendo al minimo l’impiego di una descrizione dettagliata di ciò che accade durante l’interazione vera e propria; la teoria tratta infatti direttamente l’ampiezza di probabilità che descrive il processo (ampiezza di reazione) stabilendo le restrizioni che sono a essa imposte da alcune leggi generali.
Tabella di simboli rappresentativi di enti, detti elementi della m., disposti per righe e colonne.
Gli elementi di una m. sono, nei casi più comuni, numeri reali, razionali o complessi, e si denotano con una lettera corredata di due indici detti indice di riga e indice di colonna: l’elemento che sta nella riga h-esima e nella colonna k-esima si indica cioè con ahk, dove h = 1, 2, ..., m; k = 1, 2, ..., n, essendo m, n i numeri delle righe e delle colonne; la m. si scrive quindi nella forma
,
oppure
per brevità la si indica spesso con (ahk). Una m. cosiffatta si dice del tipo (m, n), cioè a m righe e a n colonne; se m=n, si dice quadrata di ordine m, se m≠n, rettangolare. Un vettore x di componenti x1, x2, ..., xm può, in particolare, essere rappresentato mediante una m. a m righe e una colonna. Si dicono linee di una m. le sue righe e le sue colonne. A una m. quadrata è associato, mediante una data legge, un valore numerico, che si chiama il suo determinante: se questo è nullo la m. si dice singolare (o degenere).
Diagonale principale di una m. quadrata di ordine m è la diagonale formata dagli elementi a11, a22, ..., amm; diagonale secondaria è quella formata dagli elementi am1, am–1,2, ..., a1m; traccia della m. A è la somma degli elementi sulla diagonale principale, indicata con trA.
Il concetto di m. è utilizzato in molti rami della matematica, in quanto fornisce un mezzo potente per esprimere in forma compatta alcune proprietà o per eseguire certi tipi di calcoli, che in altre forme riuscirebbero particolarmente gravosi. Esso trova applicazione nella teoria delle equazioni lineari in un numero qualunque di incognite e nelle teorie da essa derivanti; nella teoria degli spazi vettoriali di dimensione finita, dove una m. rappresenta nel modo più idoneo un cambiamento della base ovvero una trasformazione lineare dello spazio vettoriale stesso (➔ spazio) ecc.
Nella matematica moderna si prendono in esame varie generalizzazioni del concetto di m., che si svolgono in due sensi principali: anziché numeri razionali, o reali, o complessi, gli elementi della m. possono essere elementi di un opportuno insieme algebrico, per es. di un corpo o, più in generale, di un anello; anziché essere disposti in un piano, secondo righe e colonne, gli elementi possono pensarsi disposti in un parallelepipedo secondo strati paralleli alle facce del parallelepipedo; ognuno di tali strati è una m. nel senso primitivo; gli elementi della m. vengono a essere così dotati di tre indici: ahkl.
Più in generale, si può considerare una m. i cui elementi posseggano un numero qualunque di indici: ah1h2…hr e si possono disporre secondo strati in un parallelotopo nello spazio a r dimensioni. Quanto poi ad alcune generalizzazioni concettualmente più rilevanti, ricordiamo: la considerazione, dovuta a D. Hilbert, di m. di ordine infinito, la cui teoria è in stretta connessione con la teoria delle equazioni integrali; la considerazione di m. i cui elementi sono, anziché numeri, funzioni, e la conseguente analisi delle matrici.
Indipendentemente da queste e altre generalizzazioni, la teoria delle m. ha un ruolo molto importante in tutta la matematica moderna per due ragioni: una di ordine teorico, in quanto ha permesso la costruzione di un ampio capitolo dell’algebra moderna, e una di ordine pratico, in quanto offre uno strumento quanto mai idoneo per lo studio di tutti quei fenomeni che si rappresentano con tabelle a doppia entrata.
Con riferimento alla prima definizione qui data, a una m. sono associati taluni elementi, come: a) le m. minori della m. data, cioè le m. costituite dagli elementi secondo i quali si incrociano m′ prefissate righe e n′ prefissate colonne di essa (0 < m′ ≤ m; 0 < n′ ≤ n); in particolare, per m′=n′ si hanno i determinanti minori, anche detti semplicemente i minori, della m.; b) il rango, o caratteristica della m., cioè l’ordine massimo dei minori non nulli estraibili dalla m.; si ha al proposito il seguente teorema di Kronecker: condizione necessaria e sufficiente perché una m. abbia caratteristica p è che: esista in essa un minore D, di ordine p, che non sia nullo; siano nulli (oppure non esistano) tutti i minori di ordine p+1 i quali contengono elementi di D.
M. aggiunta di una m. quadrata non singolare è una m. che ha per elementi i complementi algebrici Ahk della m. data, divisi per il determinante a=|A|: l’aggiunta di (ahk) è (Ahk/a); talvolta si intende per aggiunta anche la m. (Ahk).
M. quadrata in cui sono nulli tutti gli elementi con indici diversi: ars=0 per r≠s (cioè gli elementi non giacenti sulla diagonale principale).
M. quadrata in cui valgono le relazioni ahk=−akh, cioè tale che elementi di posto simmetrico abbiano valori opposti; una m. emisimmetrica di ordine dispari ha determinante nullo.
M. quadrata in cui valgono le relazioni ahk=ākh, cioè tale che elementi che occupano posti simmetrici siano numeri complessi coniugati; il determinante di una m. hermitiana è reale.
M. quadrata avente nulli tutti gli elementi, eccetto quelli della diagonale principale, che valgono 1; è detta perciò anche m. diagonale unitaria; la si può rappresentare con (δhk), essendo δhk il simbolo di Kronecker.
M. inversa di una m. non singolare data M. trasposta dell’aggiunta; l’inversa di (ahk) è (Akh/a); la relazione è reciproca, cioè l’inversa dell’inversa è la m. stessa; il prodotto righe per colonne di una m. per la sua inversa è la m. identica. Se M è la m. data, la sua inversa si indica con M–1. I metodi di calcolo della M–1 sono di due tipi: il metodo diretto, che consiste nel calcolo della m. aggiunta, e i metodi iterativi (➔ numerico, calcolo), la cui scelta dipende dal tipo di m. e dalla dimensione del mezzo di calcolo. La m. jacobiana (o funzionale) delle funzioni f1, f2, ..., fn rispetto alle loro variabili x1, x2, ..., xm è la m. costituita dalle derivate parziali delle fk rispetto alle xh (➔ Jacobi, Karl Gustav Jacob).
M. con elementi tutti nulli, ahk=0; spesso, però, si chiama m. nulla ogni m. che abbia uguali a zero tutti i minori di ordine massimo.
Tipo di m. che interviene nelle trasformazioni di coordinate cartesiane ortogonali, per il quale si ha A* A=I, dove I è la m. identica e A* la m. trasposta di A; e quindi per il quale anche A*=A–1.
M. quadrata nella quale ahk=−akh per h≠k.
M. quadrata di ordine n, per la quale è possibile individuare due serie di indici iα con α=1, 2, ..., μ e kβ con β=1, 2 ..., ν, (ν+μ=n), tale che gli elementi aiα, kβ sono tutti nulli.
M. quadrata in cui valgono le relazioni ahk=akh, cioè tale che elementi di posto simmetrico, rispetto alla diagonale principale, siano uguali.
M. quadrata con determinante nullo.
M. trasposta di una m. data M. che si ottiene da quella scambiando le righe con le colonne; per es., (ahk) e (akh) sono m. trasposte. Se M è la m. data, la sua trasposta si indica con M*.
M. quadrata di ordine n in cui sono nulli o tutti gli elementi che giacciono al di sopra della diagonale principale, o tutti gli elementi che sono al di sotto di tale diagonale; nel primo caso è detta m. triangolare inferiore, nel secondo, invece, m. triangolare superiore.
M. quadrata, a elementi interi, il cui determinante vale ±1.
M. quadrata A a elementi complessi (o reali), tale che AĀ–1 sia la m. identica (Ā–1 indica la trasposta della complessa coniugata di A).
Data una m. quadrata A d’ordine n, si dicono autovalori di A le radici dell’equazione caratteristica; se x1 è un autovalore, esiste un vettore v (v1, ..., vn) tale che A v=x1v: esso si dice autovettore relativo all’autovalore x1. La ricerca degli autovettori e degli autovalori di una m. è indispensabile in molti problemi come l’esame e la classificazione di un’applicazione lineare tra spazi vettoriali e la risoluzione di un sistema di equazioni differenziali lineari. Sono perciò importanti i metodi che consentono di determinare rapidamente gli autovalori e gli autovettori (➔ numerico, calcolo).
Per una m. A quadrata di ordine n, è l’equazione algebrica di grado n in x, ottenuta uguagliando a zero il determinante della m. A−xΔ (Δ essendo la m. identica), cioè la equazione |A−xΔ|=0. Le radici dell’equazione si dicono radici caratteristiche o autovalori di A; il primo membro dell’equazione si dice polinomio caratteristico di A ed è invariante per contragredienza, vale a dire è lo stesso per A oppure per BAB–1, essendo B una qualunque m. non singolare. Ogni m. soddisfa alla propria equazione caratteristica (teorema di Cayley-Hamilton).
Limitiamoci ad alcuni casi tipici: a) una m. A a elementi interi di ordine n e rango r (≤ n) si può ridurre a forma diagonale moltiplicandola a sinistra e a destra per opportune m. unimodulari B, C di ordine n
dove d1, d2, ..., dr, detti divisori elementari di A, sono degli interi tali che d1 divide d2,..., dr–1 divide dr (teorema di Frobenius). b) una m. A a elementi reali, di ordine m e non singolare, è ridotta alla cosiddetta forma canonica di Jordan J, moltiplicandola a destra per la m.
T = (V1, V2,..., V m),
costruita a partire dagli autovettori Vi di A e a sinistra per la m. inversa di T
dove p è pari al numero di autovalori reali e distinti di A, e ciascun termine Li (λi), detto blocco di Jordan, è una m. triangolare superiore di dimensione pari alla molteplicità dell’autovalore λi
Nel caso in cui gli autovalori di A sono tutti distinti, la m. di Jordan si riduce a una m. diagonale di soli autovalori, e T è una m. ortogonale.
È lo studio sistematico delle operazioni che si possono eseguire sulle m. e delle proprietà di tali operazioni. Esso si propone tra l’altro di estendere alle m. le operazioni che usualmente si eseguono sui numeri o sulle funzioni, e di definire eventuali altre operazioni, che per gli enti precedenti non hanno senso oppure sono banali; la generalità e l’astrattezza del calcolo matriciale permettono di applicarlo a qualsiasi caso concreto nel quale gli enti considerati si possono rappresentare mediante m., di modo che le sue applicazioni sono ricchissime e vanno dalle teorie matematiche più astratte alle più concrete applicazioni, per es. nella tecnica.
Uguaglianza di due m.: le m. A e B, si dicono uguali quando sono dello stesso tipo (cioè quando hanno lo stesso numero di righe e di colonne) e inoltre gli elementi che occupano posti corrispondenti risultano uguali; in formule: se A=(ars) e B=(brs) (r=1, 2, ..., m; s=1, 2, ..., n), si ha A=B se e solo se ars=brs.
Somma di due m. dello stesso tipo: la m. che ha per elementi le somme degli elementi di posti corrispondenti delle due m. date, cioè A+B=(ars+brs).
Prodotto di due m.: due date m., A e B, la prima a m righe e n colonne, la seconda a m′ righe e n′ colonne, ammettono diversi tipi di prodotti; quello più comunemente utilizzato, a cui ci riferiremo nel seguito, è il prodotto righe per colonne, che ha senso per n=m′
ed è dato da
Esso gode della proprietà associativa, nel senso che, se per le tre m. A, B, C ha senso il prodotto (AB)C, ha senso anche il prodotto A(BC) ed essi risultano uguali.
Le due operazioni di somma e di prodotto godono di alcune proprietà fondamentali delle analoghe operazioni tra numeri interi; cioè: proprietà commutativa e associativa della somma, proprietà associativa del prodotto, proprietà distributiva del prodotto rispetto alla somma, esistenza di un elemento indifferente alla somma (la m. nulla) e di un elemento indifferente al prodotto (la m. identica).
Quando si tratti di m. quadrate a determinante non nullo, si definisce l’inversa di una m. A la m., che si indica con A–1 e che risulta sempre esistente e unica, tale che AA–1 (e di conseguenza A–1A) coincida con la m. identica (dello stesso ordine). Le m. quadrate non singolari di un dato ordine n costituiscono un gruppo rispetto all’operazione di moltiplicazione prima definita. Il gruppo non è commutativo (poiché, in generale, AB≠BA) e l’elemento neutro è la m. unità. Esso ha il nome di gruppo lineare di ordine n e si indica con GL (n, R) o con GL (n, C) o con GL (n, R) a seconda che gli elementi delle m. siano rispettivamente numeri reali, numeri complessi oppure appartengano a un anello qualsiasi R. Tutte le m. quadrate, singolari e non singolari, di ordine n costituiscono invece un anello rispetto alle operazioni di somma e di prodotto. Si tratta di un anello non commutativo e dotato di divisori dello zero (dato che la m. A B può essere la m. nulla anche senza che lo siano A o B).
Le m. quadrate n×n (ossia a n righe e n colonne) con elementi in un corpo qualsiasi Γ costituiscono, come è stato detto, un anello rispetto alle operazioni di somma e di prodotto. Si può inoltre definire il prodotto di una m. per un elemento qualsiasi x di Γ, intendendo tale prodotto uguale alla m. ottenuta moltiplicando per x ogni elemento della m. data. Tutte le m. n×n vengono così a costituire un’algebra Mn(Γ) detta appunto algebra di matrici. Si tratta di un’algebra a base finita; si può, infatti, assumere come base di Mn(Γ) l’insieme delle n2 m. Mij ciascuna delle quali ha tutti gli elementi nulli salvo quello di riga i e di colonna j che è uguale a [1]) e inoltre associativa. L’interesse della nozione di algebra di m. sta nel fatto fondamentale che ogni algebra associativa avente una base costituita da n elementi è isomorfa a una conveniente sottoalgebra di un’algebra di m. n×n.
In base alle operazioni precedenti si possono poi definire le potenze a esponente intero relativo di una m. quadrata (che si richiede abbia determinante non nullo per le potenze con esponente negativo): An è il prodotto A A ... A di n fattori uguali ad A, se n ≥ 2; An coincide con A o con la m. identica o con l’inversa di A se n=1, 0,−1; An = (A–1)–n se n ≥ −2; valgono le usuali proprietà delle potenze, espresse dalle formule AmAn=Am+n, (Am)n=Amn. Data la m. A e le m. C0, C1, ..., Cn, tutte quadrate dello stesso ordine, acquista allora un significato ben preciso il ‘polinomio’ C0+C1A+C2A2+...+CnAn (nonché il quoziente di polinomi, quando il denominatore abbia determinante non nullo), e, quando si definisca, come è spontaneo: lim (ars) = (lim ars), acquista significato la ‘serie di potenze’:
P=C0+C1A+C2A2+...+CnAn+...,
nell’ipotesi che le n2 serie di potenze ordinarie che rappresentano gli elementi della m. P siano convergenti. Si possono così definire, come somme di serie di potenze, talune funzioni analitiche di una m.; per es., in analogia con le formule che danno gli sviluppi in serie delle funzioni ex, cosx, senx, si pone:
eA =Δ + A + A2/2! + A3/3! + …
[1] cosA = Δ − A2/2! + A4/4! − …
senA = A − A3/3! + A5/5! − … .
Nelle [1] il simbolo Δ indica la m. unità, ed è inteso che le divisioni per 2!, 3! ecc., vanno eseguite sui singoli elementi delle matrici.
Se gli elementi di una m. A sono funzioni derivabili di una variabile t, si definisce l’operazione di derivazione della m. A, chiamando derivata di A la m. dA/dt i cui elementi sono le derivate, rispetto a t, dei corrispondenti elementi di A. Valgono le relazioni:
d(A + B)/dt = dA/dt + dB/dt;
d(A B)/dt = (dA/dt) B + A (dB/dt);
dA−1/dt = − A−1 (dA/dt)A−1.
Il calcolo matriciale permette, tra l’altro, di esprimere, in modo rapido ed elegante, la soluzione dei sistemi di equazioni lineari. Infatti il sistema:
as1x1+as2x2+...+asnxn=bs (s=1, 2,..., n)
di n equazioni lineari in n incognite, si può scrivere nel seguente modo:
[2] AX=B,
quando si sia posto A=(ars) (m. del sistema), e X, B siano le m. a una colonna, costituite rispettivamente dalle incognite e dai termini noti. Moltiplicando a sinistra i due membri della [2] per la m. A–1 inversa di A (supposta non singolare) si ottiene direttamente
[3] X=A−1 B.
La soluzione del sistema [2] è così espressa in una forma compatta che riassume le ben note formule di Cramer e, d’altra parte, si richiama strettamente alla formula x=a–1b che dà la soluzione dell’equazione a x=b alla quale il sistema in esame si riduce nel caso n=1.
Il calcolo matriciale permette inoltre la risoluzione di un sistema di equazioni differenziali ordinarie nella variabile t del tipo
[4] x(t) =A x(t) + B u(t)
con x(t) ‘vettore’ delle n funzioni incognite, e u(t) ‘vettore’ delle n funzioni di ingresso. La soluzione della [4] può essere scritta nel modo seguente
[5] x(t)=Φ(t, t0) x(t0) + ʃtt0 Φ(t, τ) B u(τ)dτ
con τ variabili di integrazione e Φ(t, t0), m. di transizione, uguale a eA(t,t0). Quest’ultima può essere calcolata in diversi modi, per es.:
a) con uno sviluppo in serie,
b) facendo uso degli auto-valori, eAt=T eJt T–1 dove J è la m. di Jordan e T la m. degli autovettori di A. La risoluzione del sistema di equazioni integrali espressa dalla [5], si riduce, per n=1, alla ricerca dell’integrale generale della equazione differenziale omogenea e dell’integrale particolare della equazione differenziale non omogenea.
Nelle arti grafiche, elemento che serve per passare dall’originale alla forma da stampa; può essere metallico, nella composizione a caldo con forme a base di leghe di piombo, oppure essere un prodotto fotografico, in negativo o in positivo, in film o in stampato. Per la composizione a caldo si utilizzano come m. le conchiglie di fusione recanti in incavo l’impronta rovescia dei segni, onde ottenere i caratteri mobili per comporre la forma da stampa tipografica. Le m. ricavate da prodotti fotografici caratterizzano tutti i processi fotomeccanici per la produzione di forme da stampa (fotolitografia, fotorotocalco, fotocalcografia ecc.). Particolari tipi di m. sono le immagini latenti ricavate per effetto della luce in un campo di elettricità statico utilizzato nella xerografia (fotocopie).
Nella tecnologia meccanica, elemento, generalmente fisso, di metallo che, nelle operazioni di imbutitura, trafilatura, estrusione ecc., porta la forma da dare al materiale in lavorazione. La m., variamente sagomata a seconda del pezzo che si vuole ottenere, può essere aperta o chiusa, semplice o multipla. Le m. assumono spesso denominazioni diverse a seconda delle lavorazioni cui sono destinate: conio, stampo, trafila ecc. A causa delle elevate sollecitazioni termiche e meccaniche cui vengono sottoposte nelle diverse lavorazioni, le m. sono costruite con acciai speciali ad alta resistenza: acciai legati al cromo, al cromo-manganese, al cromo-molibdeno; al tungsteno.