trasporti, sistema dei Il complesso delle vie di comunicazione e dei mezzi con i quali si realizza il trasferimento di persone o di cose da un luogo a un altro.
Il codice civile (art. 1678) definisce il t. come un contratto con il quale il vettore si obbliga a trasferire persone o cose da un luogo a un altro. Il contratto ha dunque per oggetto il trasferimento di passeggeri o di merci e si distingue per l’ambiente (terrestre, acqueo o aereo), nel quale si svolge il trasporto. Rilevante per la disciplina del fenomeno è altresì il mezzo utilizzato dal vettore. Le disposizioni del codice civile si applicano ai t. ferroviari, stradali e terrestri in genere e ai t. per via d’acqua o aerei, se le leggi speciali o il codice della navigazione non dispongono diversamente. Ciascuna di queste modalità, pertanto, costituisce un sottotipo del contratto unitario di trasporto.
Leggi speciali disciplinano il t. ferroviario di persone e di cose, che è anche sottoposto alle regole contrattuali predisposte dai vettori. L’Unione Europea ha emanato, a tutela dei passeggeri, il reg. CE 1371/2007. Il t. internazionale per ferrovia di persone e cose è disciplinato dalla Convenzione di Berna del 9 maggio 1980 (COTIF), così come modificata dal Protocollo di Vilnius del 3 giugno 1999.
Il t. marittimo e per acque interne di persone e di cose è disciplinato dal codice della navigazione. Il trasporto marittimo internazionale di merci è regolato dalla Convenzione di Bruxelles del 25 agosto del 1924 e dai Protocolli di Bruxelles del 1968 e 1979. Nel settembre del 2009 è stata aperta alla firma la Convenzione delle Nazioni Unite dell’11 dicembre 2008, che innova il sistema precedente ed estende il suo ambito di applicazione anche a eventuali fasi di trasporto terrestre (t. door to door).
Il codice della navigazione dispone che il t. aereo di persone e di bagagli e il t. aereo di cose siano disciplinati dalle norme comunitarie e internazionali vigenti in Italia. Tutti i t. aerei nazionali, comunitari e internazionali di merci e di passeggeri sono pertanto attualmente sottoposti alla Convenzione di Montreal del 1999.
I servizi di t., usualmente classificati come terrestri, aerei, marittimi, si distinguono, in base alla natura dell’attività, in pubblici o privati. In particolare i servizi di t. di linea sono considerati servizi pubblici in quanto tendono ad assicurare la mobilità in maniera continua e regolare. In via generale l’intervento pubblico si è realizzato attraverso forme di gestione diretta, di concessione esclusiva a società per azioni con partecipazione pubblica e con consistenti forme di sovvenzionamento. Di fatto non si è realizzata la separazione tra soggetto regolatore e soggetto gestore, in particolare nel settore ferroviario e aereo. Anche questo settore è stato interessato dal processo di liberalizzazione dei mercati guidato dal diritto comunitario, che ha condotto il legislatore nazionale ad ammettere la libertà di accesso alla gestione di questi servizi, attraverso la previsione di autorizzazioni non discrezionali, la diminuzione degli obblighi non necessari per il perseguimento del pubblico interesse, la limitazione delle sovvenzioni e la separazione della gestione dalla regolazione. L’apertura alla concorrenza e alla privatizzazione dei soggetti formalmente pubblici è avvenuta con largo uso dello strumento concessorio: in questo quadro, la previsione di contratti di servizio e di obblighi di servizio costituisce lo strumento di garanzia delle prestazioni da fornire agli utenti. L’attuazione di questo processo prevede che i gestori abbiano una contabilità separata per le attività gravate da obblighi di servizio pubblico rispetto alle altre attività, anche in virtù della compensazione che è a essi fornita per le attività che svolgono nell’adempimento del servizio pubblico. Dal punto di vista delle competenze legislative, a seguito della riforma del 2001 del titolo V della parte II della Costituzione, è stata attribuita alla competenza legislativa concorrente dello Stato e delle regioni la materia delle «grandi reti di trasporto e di navigazione», mentre il t. pubblico locale risulta affidato alla competenze legislativa regionale residuale.
In particolare, nel settore ferroviario l’intervento del soggetto pubblico è sempre stato rilevante, in quanto teso a evitare, nel momento della realizzazione dell’infrastruttura, forme di duplicazione della stessa; successivamente ha mirato a garantire, nella fase di gestione dell’infrastruttura, che i collegamenti fossero diretti ed economici. Ciò non ha impedito di perseguire un regime concorrenziale nella fornitura del servizio, mediante la separazione tra la gestione della rete e la fornitura del servizio, con possibilità di accesso alla prima per i soggetti in possesso di licenza. La gestione dell’infrastruttura è stata affidata a RFI (Rete ferroviaria italiana), quella dei servizi di trasporto a Trenitalia, entrambe società di Ferrovie dello Stato, società di proprietà statale, per cui in realtà il regolatore è ancora il ministero. L’uso dell’infrastruttura prevede il pagamento di un canone.
Nel settore del t. aereo si è avuto un forte intervento del diritto comunitario e delle convenzioni internazionali: il diritto comunitario richiede infatti che ci sia libertà di accesso alle rotte comunitarie per i vettori dotati di licenze, le quali devono essere rilasciate sulla base di requisiti oggettivi, con libera determinazione delle tariffe, mirando in particolare a evitare la ‘saturazione del cielo’ e a conseguire l’ottimizzazione delle capacita aeroportuali.
Anche nel servizio di t. pubblico locale resta forte il legame tra t. e servizio pubblico locale, con la disciplina improntata a una separazione tra proprietà e controllo della rete, da un lato, e gestione della stessa, in favore della concorrenza.
Il trasferimento nello spazio di beni e persone è strettamente legato alla struttura della produzione nel suo complesso in quanto comporta un costo. Perché si affronti lo sforzo inerente al t., l’utilità che si otterrà o si presume di ottenere dal t. (utilità che dipende dall’avere beni e persone in posti diversi dalla loro originale localizzazione) deve appunto compensare tale costo.
Le prime teorie economiche sui t. furono formulate nel corso del 19° sec., a seguito dello sviluppo delle ferrovie. Particolare rilievo fu dato allora non solo al costo dei t. inteso come fattore vincolante del commercio, ma anche e soprattutto ai criteri secondo i quali doveva essere regolamentato un servizio di rilevanza pubblica. La pratica della discriminazione monopolistica (sollecitata da A. Marshall, F. Taussig, F.Y. Edgeworth, A. Pigou, G. Ramsey) trovò quindi giustificazione, permettendo di adottare tariffe differenti in funzione dell’utilità recata dal servizio di trasporto. A partire dagli anni 1950, l’interesse degli economisti si rivolse allo studio dell’offerta e della domanda dei t.: da una parte furono determinate diverse forme delle funzioni di produzione e dei costi (M. Wohl, C. Hendrickson) per l’individuazione tra l’altro dell’insediamento ottimale di un’impresa nello spazio, introdotti criteri di valutazione della qualità del servizio (A. Walters), considerate le economie di scala a sostegno della produzione e le esternalità di carattere sociale e ambientale dei t.; dall’altra furono svolte ricerche statistiche ed elaborati modelli, più o meno complessi, in grado di rilevare l’utilità recata dal t. al singolo individuo (C. Winston). Grazie a questi studi, furono individuati i criteri, tuttora adottati, non solo per la determinazione delle tariffe dei t., ma anche per la valutazione della redditività di vecchie e nuove infrastrutture.
Il comparto dei t. riveste un ruolo fondamentale nell’attività economica dei paesi evoluti: sia l’apporto al PIL sia la quota di occupazione si aggirano sul 5% (dati 2008). Sul versante del t. merci, l’industria moderna richiede che siano garantite consegne rapide, attraverso frequenti e stringenti programmazioni, su reti di distribuzione sempre più ampie. La crescita di valore per unità di massa delle merci trasportate, la diffusione di modalità di produzione just in time (➔ JIT), il miglioramento dell’efficienza logistica come leva competitiva sono tendenze strutturali che evidenziano l’attenzione per il rapporto qualità/prezzo del trasporto. Sul versante del t. passeggeri, gli effetti cumulati di variabili economiche, demografiche, socio-comportamentali e urbanistico-territoriali spingono nella direzione di una crescita del peso relativo sia della mobilità non sistematica, che richiede flessibilità e affidabilità del sistema dei t., sia della mobilità per affari, dove la monetizzazione del tempo di viaggio incide fortemente sulla scelta di modalità a elevato livello di velocità e comfort.
A partire dagli anni 1990, nelle politiche per i t. della UE è iniziato un nuovo ciclo di sviluppo, teso a rafforzare la coesione economica tra gli Stati membri, promuovendo un mercato dei t. basato su un assetto di rete e un’organizzazione dei servizi che superino ogni artificiale segmentazione modale e territoriale. Gli obiettivi principali della politica dei t. della UE sono fondamentalmente: migliorare l’integrazione dei paesi membri, in particolare delle aree periferiche; migliorare e potenziare i collegamenti con gli altri paesi europei, in particolare con quelli dell’Est; realizzare un sistema di t. rispondente alle esigenze di tutela dell’ambiente, con particolare attenzione alle forme di t. con minore impatto ambientale e a più basso consumo energetico. In questo quadro viene perseguita una politica attiva della concorrenza, come strumento per favorire il continuo adeguamento della domanda e dell’offerta allo sviluppo tecnologico.
Il settore italiano dei t. partecipa alla formazione del valore aggiunto nazionale per una quota che nel 2006 era pari al 5,5%; la percentuale dei t. terrestri è all’incirca pari al 3,6%, la restante quota dell’1,9% spetta ai t. marittimi e aerei. Tra il 1992 e il 2008 gli occupati totali in Italia sono cresciuti in media dello 0,4% all’anno, l’occupazione nei t. è cresciuta a un tasso medio annuo dell’1,3%. Questo dato aggregato, peraltro, è il risultato di dinamiche sensibilmente diverse nei t. terrestri (+0,8%) e in quelli marittimi e aerei (+2,8%). La frammentazione delle competenze e delle responsabilità della pubblica amministrazione nel settore è ancora uno dei fattori di debolezza del sistema dei trasporti. L’eccesso di regolamentazione economica dei mercati ha prodotto un sostanziale effetto di distorsione della concorrenza e di blocco delle potenzialità di sviluppo delle imprese che competono sui mercati internazionali. Perché il rapporto fra produzione dei servizi di t. e produzione totale resti sostanzialmente stabile, è necessario che la domanda di t. sia capace di adeguarsi ai cambiamenti del mercato attuando una nuova definizione delle localizzazioni produttive e la partecipazione ai processi di globalizzazione dei mercati di approvvigionamento e di distribuzione delle merci, nonché le ristrutturazioni di processo legate allo sviluppo della logistica integrata, quali fattori di competitività strategica delle aziende manifatturiere e di distribuzione.
La configurazione geografica dell’attuale sistema dei t. è il risultato di un processo avviato con la prima rivoluzione industriale e passato attraverso fasi di cambiamento profondo della società e dell’economia. Sotto questo punto di vista, dal momento in cui si ebbero in Gran Bretagna i primi segnali di tale rivoluzione, si possono individuare tre stadi: a) lo stadio paleoindustriale, la cui fase di decollo si protrasse fino all’alba del 19° sec., seguita da una fase di maturazione che durò fino agli anni 1880; b) lo stadio neoindustriale, il cui decollo si protrasse dal 1880 agli anni 1920, seguito da una fase matura durata fino all’inizio degli anni 1970; c) lo stadio postindustriale, il cui decollo si è dispiegato negli anni 1970-80 e la cui maturazione è insorta nell’ultimo scorcio del secolo.
I primi effetti sui t. causati dalla rivoluzione industriale si avvertirono negli anni 1830, con la comparsa della ferrovia. Fino a quel momento la rete dei t. era stata costituita da vie terrestri percorse da vettori mossi da energia idraulica (fiumi e canali navigabili) e da energia animale (strade), mentre la navigazione marittima era stata fondamentalmente affidata all’energia eolica. La ferrovia introdusse tecnologie di trasformazione di una fonte energetica primaria (calore) in energia cinetica. La trazione meccanica, così realizzata, si trasferì subito alla navigazione interna e, con un certo ritardo, a quella marittima: per vedere navi in ferro e mosse solo da apparati motori bisognò attendere il 1838, con la traversata atlantica della Great Western e della Sirius. La rete dei t. paleoindustriali terrestri interessò soltanto una parte del mondo abitato: fu più articolata nell’emisfero settentrionale che in quello meridionale; divenne relativamente fitta in Europa e nell’America Settentrionale; si mantenne rada in Russia e nell’Asia sud-orientale e orientale; soltanto in pochi paesi in condizione coloniale (India) ebbe una funzione trainante per le economie. I t. marittimi si estesero nelle fasce tropicali e temperate e, con le stazioni di rifornimento di carbone disseminate lungo le coste dei continenti e nelle isole oceaniche, formarono una rete all’interno della quale si muovevano i flussi di materie prime dalle colonie verso le potenze del tempo (soprattutto Gran Bretagna e altri paesi dell’Europa occidentale) e dei manufatti che i paesi più avanzati collocavano sul mercato internazionale. Il t. oceanico di persone, affidato a leggendari piroscafi, divenne un’espressione significativa della nuova organizzazione economica e un segno di potenza della borghesia.
Al suo avvento concorsero tre fattori primari: energia, tecnologie della comunicazione e nuovi tipi di vettore. Nella produzione di energia, ai combustibili solidi si affiancarono quelli liquidi, da cui l’impiego del motore diesel. La scoperta dell’elettricità rese possibile la conversione di un vasto spettro di fonti primarie (combustibili, energia idraulica, eolica, geotermica) in una fonte secondaria (energia elettrica), pulita e capace di essere trasportata ovunque. Le tecnologie della comunicazione (telegrafo e telefono) attivarono una rete di informazioni che rendeva possibile il governo di tutti i vettori e delle vie di comunicazione. All’inizio del 20° sec. inoltre debuttarono i vettori stradali, sottomarini e aerei; nella fase matura (anni 1960) i vettori spaziali. Di conseguenza, lo stadio neoindustriale segnò l’avvento di un’organizzazione dei t. che non soltanto coinvolse l’intero ecosistema terrestre, ma pose anche le basi per andare nello spazio esterno. L’ecumene terrestre fu coperta da vari tipi di rete di t., che assunsero differente configurazione geografica a seconda dei continenti e delle latitudini. Nel continente africano, così come alle latitudini equatoriali e subequatoriali dell’America Latina e dell’Asia, le ferrovie si limitarono a poche linee, per lo più costituite da aste di penetrazione dalla costa verso l’interno. La rete ferroviaria non divenne articolata nel mondo in via di sviluppo, ma si fece fitta nei paesi sviluppati, dove disegnò le nervature dell’organizzazione del territorio. Il t. aereo fu organizzato in reti imperniate su un sistema di nodi, al cui vertice si disposero gli aeroporti di Londra, New York, Chicago, Honolulu, Tokyo e Singapore. Il t. marittimo si estese anche alle latitudini polari e fu caratterizzato dall’introduzione di rotte circumplanetarie.
Proprio nel t. marittimo si verificò, durante gli anni 1950, un profondo cambiamento, che produsse ininterrotti effetti per tutta la seconda metà del secolo in ogni settore del trasporto. L’innesco fu costituito dal container, che indusse ad adottare tecnologie di standardizzazione dei carichi. Con l’impiego di questi moduli, i vettori (navi, treni, automezzi, aerei cargo) si ristrutturavano per adeguarsi a carichi standardizzati; da queste trasformazioni derivò la possibilità di integrare le varie forme di t. (intermodalità). Alla fine degli anni 1960, quando l’economia neoindustriale si approssimava al declino, il t. delle cosiddette merci varie (semilavorati, manufatti, prodotti agricoli, prodotti deperibili) era per oltre il 90% affidato ai container ed effettuato ricorrendo a metodologie intermodali. Ferrovie transcontinentali, come quelle di attraversamento degli USA e la Transiberiana, funzionavano da landbridge («ponte terrestre»), perché trasportavano container tra porti situati su versanti opposti di un continente, integrandosi così con le linee di navigazione.
Nel frattempo, a partire dagli anni 1950, si era sviluppato il t. di rinfuse liquide e solide mediante condotta: una fitta rete di oleodotti e metanodotti copriva Europa, Giappone e USA. Erano state messe a punto anche tecnologie per trasportare in condotta rinfuse solide immerse in fluidi, come carbone mescolato a olio combustibile o ad acqua (tecnologia dello slurry). Alla fine degli anni 1960, era evidente il drastico divario tra mondo in via di sviluppo (reti di t. rade, addirittura assenti in vasti territori) e mondo sviluppato (con t. ben organizzati e trainanti per la crescita economica), il divario tra le fasce temperate (reti molto fitte) e le altre fasce climatiche e, infine, la migliore organizzazione dell’emisfero settentrionale rispetto a quello meridionale. L’aspetto più marcato, tuttavia, consisteva nell’esistenza di grandi nodi e di strozzature. Ai nodi della rete aerea, cui si è appena fatto cenno, si aggiunsero quelli del t. marittimo: Singapore, Hongkong, New York, Rotterdam, Kōbe e Yokohama divennero i nodi capaci di attrarre quasi tutto il t. marittimo mondiale di container che costituisce la parte più ricca dell’interscambio commerciale. Strozzature primarie, ampiamente influenti sulle strategie del t. marittimo, si confermarono i canali di Suez e Panama; a queste si aggiunsero strozzature secondarie, come gli stretti di Malacca e Lombok, nell’Asia sud-orientale, che condizionano il t. di petrolio dal Golfo Persico all’Estremo Oriente.
A segnare il passaggio a questo stadio furono ancora una volta le fonti di energia, alle quali negli anni 1960 si erano già aggiunti i combustibili nucleari, con impiego in alcuni tipi di vettore marittimo. La svolta, tuttavia, fu provocata dall’aumento del prezzo degli idrocarburi, decretato dai paesi arabi durante la guerra arabo-israeliana del 1973, il quale produsse una profonda crisi nell’interscambio commerciale mondiale e indusse a rivedere le tecnologie del trasporto. A quel punto emersero due tendenze. La prima fu caratterizzata dalla produzione di apparati motori e sistemi di manutenzione e controllo che, nel loro insieme, fossero idonei ad aumentare la produttività del t. in relazione al consumo di fonti energetiche: per es., nel t. marittimo si diffuse il diesel lento, anche a costo di ridurre da quasi 30 nodi a poco più di 20 nodi la velocità di esercizio dei vettori oceanici. La seconda tendenza fu costituita dalla ricerca di tecnologie per l’impiego di fonti energetiche rinnovabili (soprattutto energia solare ed eolica) nel t.: il successo fu scarso. Nel frattempo, con la Conferenza delle Nazioni Unite sull’ambiente umano (Stoccolma 1972), insorse la questione ambientale, con evidenti ripercussioni anche nel campo dei t., considerati a ragione una delle fonti maggiormente responsabili della crescente concentrazione dei gas inquinanti e della conseguente accelerazione dell’aumento della temperatura atmosferica. La ricerca tecnologica fu incoraggiata a produrre apparati di propulsione meno inquinanti. Nonostante gli sforzi, il ventennio del decollo postindustriale (anni 1970-80) fu contraddistinto da tre problemi che, con l’andar del tempo, divennero sempre più rilevanti: l’inquinamento atmosferico urbano, provocato in notevole misura dal t.; l’inquinamento marino, dovuto a sversamenti di combustibile e a perdite di petrolio durante il t.; i disastri naturali provocati da collisioni e naufragi di petroliere. Per opporsi a comportamenti degradativi nel t. marittimo intervennero la Convenzione per la prevenzione dell’inquinamento da navi (Convenzione Marpol, 1973-78) e, più tardi, le misure per imporre il doppio scafo alle petroliere.
Nonostante l’aumento del prezzo delle materie prime e le ripercussioni sul commercio marittimo, il ventennio del decollo postindustriale è stato uno dei più importanti per lo sviluppo dei trasporti. Oltre al t. automobilistico, si è avuta un’eccezionale espansione del t. aereo, facilitata dal crollo delle tariffe consentito anche dall’aumento della produttività dei vettori. In concomitanza, il t. marittimo crocieristico si è sviluppato al di là delle più ottimistiche previsioni, soprattutto nelle aree caribica, mediterranea e dell’Asia orientale. La fase matura dell’economia postindustriale si è profilata alla fine degli anni 1980, quando le tecnologie dell’informazione e della comunicazione, ambedue in fortissimo progresso, sono state applicate in modo integrato, generando reti sempre più fitte di dati sull’intero pianeta, governate da satelliti geostazionari. Da questa disponibilità di strumenti per coordinare, integrare e organizzare è derivato il fenomeno della globalizzazione dei mercati, la cui ripercussione nei t. fu costituita dall’avvento della logistica, imperniata su reti planetarie di flussi di semilavorati e manufatti, assemblati, controllati e preparati per la distribuzione e il consumo in piattaforme logistiche, le più importanti delle quali sono insediate presso i maggiori porti del mondo e nei grandi nodi interni di trasporto. Di conseguenza, dagli anni 1990, l’integrazione avviata con il container e con le tecnologie intermodali si è inoltrata in una nuova fase, caratterizzata dall’associazione di reti mondiali di t. con reti di informazioni. Questa fase ha fruito anche di progressi notevoli nel campo della gestione, del controllo e della protezione della vita nei vettori aerei e marittimi, grazie al progresso dei satelliti specializzati. Nello stesso tempo si è fatta strada la propensione all’alta velocità. I treni passeggeri ad alta velocità debuttarono negli anni 1970, ma dalla fine degli anni 1980 il processo ha subito una brusca accelerazione, sia a causa dell’avvento di nuove generazioni di treni passeggeri (400 km/h e oltre), sia per la tendenza a introdurre l’alta velocità nel t. ferroviario per merci e in quello marittimo per persone (40 nodi/h).
Dagli anni 1990, una delle caratteristiche dell’approccio ai sistemi di t. è consistita nel partire dalla domanda di t. e nel considerare i possibili modi attraverso cui essa può essere soddisfatta, utilizzando in forma integrata tutti i diversi tipi di t. disponibili. Ciò caratterizza il t. intermodale, che rappresenta in molti casi la soluzione più idonea ad assicurare la mobilità di persone e merci, ed è caratterizzato da una considerevole quantità di spostamenti, ampiamente diversificati sia per la lunghezza sia per i punti di origine e destinazione dei percorsi. Per gli spostamenti su distanze medio-lunghe non esistono alternative all’intermodalità, in quanto la necessità di utilizzare mezzi veloci (aereo, treni ad alta velocità), ai quali si può accedere attraverso un numero necessariamente limitato di infrastrutture (aeroporti, stazioni ferroviarie) distribuite sul territorio, impone il ricorso anche ad altri mezzi di t., tipicamente per le tratte iniziali e finali degli spostamenti. Lo sviluppo dell’intermodalità consente, per una vasta gamma di spostamenti, di scegliere, oltre al modo di t. prevalente (aereo, ferroviario, stradale, marittimo), anche l’insieme modale che meglio soddisfa le esigenze dell’utente. I t. intermodali sono basati su differenti combinazioni: strada e ferrovia, t. marittimo o aereo e ferrovia e/o strada, navigazione interna e ferrovia e/o strada e così via. Tali t. presentano numerosi vantaggi: a) crescita dell’efficienza complessiva del sistema e riduzione dei costi attraverso collegamenti che sfruttano al meglio le proprietà dei singoli modi; b) riduzione o anche eliminazione della congestione derivante dall’uso eccessivo di un singolo modo di t.; c) riduzione dei danni ambientali attraverso la diffusione di modi poco inquinanti (ferrovia, navigazione fluviale ecc.); d) riduzione degli investimenti in nuove infrastrutture.
I t. danno un significativo contributo all'inquinamento atmosferico e ai conseguenti cambiamenti climatici e hanno un elevato impatto sul territorio in termini di occupazione dello stesso (nelle sole aree urbane, strade e parcheggi occupano dal 10 al 15% della superficie), con effetti negativi sul paesaggio e alterazioni degli ecosistemi; tutto ciò ha condotto a una radicale revisione delle politiche di settore, con incentivazione del t. collettivo (in partic. per l'ambito urbano), promozione del t. intermodale e del t. delle merci su lunghe distanze con modi diversi da quello stradale, sviluppo di tecnologie più efficienti dal punto di vista energetico (idrogeno, metano, GPL ecc.), sviluppo dei modelli matematici sulla struttura del traffico.